Allo Juventus Stadium ieri sera si è consumato un delitto.
Il seguente annuncio è redatto dalla famiglia reale di Sua Maestà il Calcio. Ieri, alle ore 22.45, la regina delle nostre passioni si è spenta pacificamente nello Juventus Stadium di Torino. I funerali si svolgeranno ogni venerdì, sabato, domenica e lunedì per il resto dei vostri anni, con rito squisitamente laico, e il popolo tutto è chiamato a raccolta quantomeno per sborsare i trenta euro al mese di DAZN. Da questo momento in poi, ve lo assicuriamo, nulla sarà più come prima.
Erano anni che tentavano di distruggere una passione centenaria che allieta le vite di miliardi di persone, che le unisce negli stessi colori e nell’abbraccio collettivo di uno stadio, di una notte, di un coro intonato insieme con la sciarpa tesa fra le mani. Erano anni che tentavano di distruggere un gioco divenuto un po’ troppo seguito nel corso del tempo, un po’ troppo luminoso, e così strano: umile e insieme incantevole. Una perenne eccezione alla regola. Dove i favelados di Rio de Janeiro potevano ritrovarsi, magari un giorno, a fare il paso doble al Santiago Bernabeu. Dove gli imprenditori più ricchi del mondo venivano portati in trionfo, talvolta, perfino dai loro operai.
Dapprima provarono a distruggerlo con l’economia. A rimpinzarlo di soldi sperando che qualcuno, magari, si stufasse infine di tifare i viziatelli. Ma si resero conto, con loro grande sorpresa, che non attecchiva: contro ogni aspettativa e al di fuori di ogni logica Sua Maestà continuava semplicemente a splendere. Poi fu la volta del doping, degli scandali arbitrali, della caccia agli ultras. Della demonizzazione di qualsiasi forma di appartenenza e quindi anche della fede calcistica. Da noi i tempi delle curve infiltrate, altrove delle gabbie negli stadi. Le gabbie… Quasi si trattasse di curare una specie di morbo animale, una devianza ormai insostenibile per ogni forma progredita e razionale di civiltà.
Arrivarono così i divieti di tamburo, le poltroncine asettiche, la ridicola, imbarazzante, retorica del fair play. E poi le televisioni, il racconto frammentato, il porno a soppiantare l’epica, il campionato on demand. Le partite al lunedì per incentivare lo zapping, i mondiali a dicembre per incentivare le casse qatariote. La fine, in campo e fuori, di ogni concetto di bandiera e la morte di ogni forma di giornalismo sportivo.
Ma credeteci, fratelli, se vi diciamo che anche questi erano in fondo tutti tentativi destinati al fallimento. Credeteci quando vi giuriamo che in qualche modo il cuore di Sua Maestà avrebbe continuato lo stesso a battere, e con lui quello del suo popolo.
È successo però qualcosa di irrimediabile cinque anni fa, e solo oggi tutti inizieranno purtroppo a capirlo. La regina si ammalò gravemente, ma di una malattia subdola, silente e diabolica, una strana demenza capace di farsi scambiare per lucidità. Noi che conosciamo bene Sua Maestà e l’abbiamo servita per una vita intera, lo avevamo capito subito che non si trattava di un male come gli altri. Lo avevamo capito subito che quel morbo, che alcuni medici ci descrissero con l’acronimo “VAR”, sarebbe stato l’unico in grado di annientarla veramente.
Il suo funzionamento era oscuro, come quello di tutti i mali incurabili. Si direbbe si presentasse con la rigidità e la trasparenza di una miglioria tecnologica necessaria. In realtà prometteva di trasformare i boati dei tifosi in rancorosi mugugni, l’estasi sconvolgente del gol in una tensione da sala operatoria. Soppiantando infine addirittura Sua Maestà la Regina, luce dei nostri giorni e custode dei nostri cuori, con una sua riproduzione sbiadita. L’incontenibile amore dei suoi sudditi con un’inquietante e lucida follia.
I guardiani del football, con tutti i loro i difetti, però erano uomini. In carne ed ossa, non spirito tecnocratico che detta la propria (inconfutabile) legge ma spirito umano che in quanto mortale può cadere in errore. La figura dell’arbitro, che del gioco è parte fondamentale, è stata fatta a pezzi e sostituita da migliaia di pixel. L’uomo ha creduto di aver finalmente trovato il rimedio ad ogni ingiustizia: la VAR, divinità plotiniana, è stata accolta come Nuovo Re del Mondo.
Da quel momento in poi, cari sudditi, nulla è stato più come prima. Il regno di Sua Maestà si è fatto di colpo di cartapesta e senza che nessuno, badate bene, provasse a lanciare un solo urlo di dolore. E a chi solo oggi si risveglia dal torpore, scoprendo una strana malinconia albergare nel suo cuore, dobbiamo dire che purtroppo è già troppo tardi. Che siamo arrivati oramai all’epilogo, perché ieri sera, piegata dal suo male, la Regina Madre si è infine spenta per sempre. Di lei non resta che il ricordo, malinconico, di uno stadio ammutolito. E queste parole, pronunciate con un filo di voce a chi gli è stato vicino fino all’ultimo:
“Il mio segreto. il mio segreto. Il mio segreto.
Alla fine hanno scoperto il mio segreto più grande”.