Itinerario sentimentale alla scoperta dell'età aurea del calcio austriaco.
Di solito il turista stereotipico, che qualcuno potrebbe definire “normale”, gironzola per le strade di Vienna alla ricerca della grandeur imperiale di fine Ottocento. Allora osserva le imponenti architetture delle residenze asburgiche, ascolta le note di Mozart, gusta l’opulenta Sachertorte e fantastica su un passato popolato da generali baffuti, principesse e carrozze. Invece, appena fuori dalla Ringstrasse che delimita il centro, addentrandosi in zone d’impronta industriale dominate da passanti ferroviari, precari chioschi di wurstel e casermoni popolari, il turista sui generis, “strano” per la comune vulgata, può riscoprire l’eco di un’altra ed inaspettata gloria del passato viennese: quella calcistica.
Già, perché se oggi l’Austria calcistica è conosciuta meramente per pochi calciatori degni, uber alles Alaba e la meteora interista Arnautovic, oltre alla locale versione delle “lattine” marcate Red Bull, c’è stato un tempo in cui l’ex capitale asburgica era il centro di un impero del pallone. Erano gli anni Trenta, quelli della Mitropa Cup, dell’emerita scuola danubiana e delle prodezze di Matthias “Cartavelina” Sindelar. Potremmo rievocare il tutto con una sola parola: Wunderteam, la squadra delle meraviglie. Per scovare queste vestigia bisogna aggirare gli store di Rapid e Austria Vienna, così come il celebre Ernst Happel Stadion al secolo Prater, andando a scovare luoghi della memoria, che appaiono fuori dal nostro tempo.
Per una curiosa coincidenza di eventi, il calcio austriaco lega la sua nascita ed il tramonto del suo periodo di massimo splendore alla storia dell’ebraismo europeo. Il primo club di football in terra d’Austria è infatti il First Vienna Football Club, fondato nel 1894 dai giardinieri al servizio del Barone Nathaniel Anselm von Rotschild. Per proteggere il prato e soprattutto i suoi amati fiori, l’aristocratico dona alla squadra un campo dove sfogare l’incontenibile passione ed una prima fornitura di divise giallo-blu.
Il 15 novembre, nel primo incontro ufficiale il First Vienna affronta il Vienna Cricket and Football Club, secondogenito d’Austria, fondato appena un giorno dopo, secondo la tradizione. I Cricketers si prendono però la rivincita sulla cronologia, vincendo questo primo incontro per quattro a zero ed inaugurando così una lunga rivalità sportiva.
L’ipotetico turista “atipico” che passasse oggi nel quartiere del XIX distretto si imbatterebbe nel meraviglioso stadio Hohe Warte, raro esempio di conservazione storico-architettonica, in barba alle terribili esigenze di modernisti e sponsorizzazioni.
Dopo questo pionieristico inizio, il First conosce il suo momento di massima gloria conquistando la Coppa Mitropa nel 1931. Addirittura in quell’edizione, i viennesi riescono a vincere tutte e sei le partite disputate, stabilendo un record ineguagliato per la competizione. In seguito l‘Anschluss alla Germania nazista del 1938 non decreta immediatamente il declino del First, capace ancora di sollevare la Dfb pokal cinque anni più tardi. È invece alla fine degli anni Sessanta che inizia l’inesorabile declino, da cui il club non si è ripreso tutt’ora. Infatti, attualmente la squadra milita nella Wiener Stadtliga, infima divisione austriaca, ma senza per questo aver perso il suo orgoglio.
L’ipotetico turista “atipico” che passasse oggi nel quartiere del XIX distretto si imbatterebbe nel meraviglioso stadio Hohe Warte, raro esempio di conservazione storico-architettonica, in barba alle terribili esigenze di modernisti e sponsorizzazioni. L’Hohe Warte, uno spettacolare anfiteatro naturale inaugurato nel 1921, è stato palcoscenico delle partite della nazionale austriaca, passata agli onori quale Die Wunderteam (La squadra delle meraviglie) fino alla costruzione del mitologico Prater nel 1931. In un match contro l’Italia del 1923 viene raggiunta la capienza record di80.000 persone, assiepate non tanto sulle striminzite tribune quanto piuttosto sul prato circostante.
Nel 2006, il consiglio comunale di Vienna deve decidere in merito alla sua ristrutturazione e la decisione è oculata, per una volta. La capienza dell’Hohe Warte viene ridotta agli odierni 4500 posti ufficiali, cosicché gli eventuali spettatori in più si potranno accomodare sul prato, come vuole la tradizione. Certo, si dà così per scontato che il First non raggiungerà mai più la finale di una coppa europea, ma è proprio su questo prato, davanti alla fragile tribuna verniciata con i colori sociali giallo e blu, che anche il calcio moderno appare un po’ più a misura d’uomo.
Proprio un altro stadio guida il nostro turista “atipico”, ormai spudoratamente calciofilo, alla scoperta di un’altra realtà viennese fuori dai grandi circuiti internazionali, ma non per questo meno affascinante. Nel distretto di Dornbach sorge infatti il Wiener Sportklub Stadion, inaugurato nel 1904 e di conseguenza conosciuto come lo stadio più antico ancora in funzione in Austria.
La struttura si presenta come un vero e proprio santuario laico, per una caratteristica assolutamente inedita: la tribuna principale appoggia direttamente al muro del limitrofocimitero, che prende il nome dal sobborgo. Così, con le spalle rivolte ai defunti, i tifosi assistono alle ormai poco entusiasmanti prestazioni della loro compagine.
La “tribuna sul cimitero” è diventata ritrovo di appassionati, che si oppongono alla modernizzazione ed industrializzazione del calcio facendo risuonare una marcia funebre all’inizio di ogni match.
Anche il Wiener, infatti, è decaduto in Regionaliga, pur vantando un passato illustre: tre campionati e soprattutto una memorabile partecipazione alla Coppa dei Campioni del 1958/9, dove rifila un perentorio sette a zero alla Juventus nel primo turno. Tramontati i fasti sul campo, i tifosi del Wiener continuano però a tenere alta la bandiera del tifo autentico.
La “tribuna sul cimitero” è diventata ritrovo di appassionati, che si oppongono alla modernizzazione ed industrializzazione del calcio facendo risuonare una marcia funebre all’inizio di ogni match. In questo modo celebrano la lenta dipartita del gioco che un tempo fu il più bello del mondo. Sì, perché nonostante rimangano a Vienna squadre come il Rapid ed Austria Vienna che ancora giocano ad alti livelli, in cuor loro gli Austriaci sanno che la loro grandeur calcistica, così come quella imperiale, è ormai tramontata.
Caso più unico che raro nella storia, gli almanacchi indicano la data esatta del delittuoso epilogo del Wunderteam: è il 3 aprile 1938, giorno del celeberrimo Anschlussspiel tra Austria e Germania nazista. L’amichevole avrebbe dovuto sancire la fusione tra le due nazionali, ponendo così fine all’impressionante ruolino di marcia degli austriaci allenati da Hugo Meisl, vincitori della Coppa Internazionale nel 1932 e medaglia di bronzo al Mondiale italiano del ’34.
Il Wiener fa a pezzi la Vecchia Signora col punteggio finale di 7-0
Secondo il copione la partita si sarebbe dovuta concludere con un salomonico zero a zero, ma i gerarchi nazisti non avevano fatto i conti con l’orgoglio di Matthias Sindelar e dei suoi compagni. Il fuoriclasse viennese, divenuto martire nell’immaginario dei suoi tifosi, è stato uno dei massimi interpreti del calcio europeo, impareggiabile testimonianza dell’eccellenza della scuola danubiana.
Oggi riposa in una tomba del cimitero centrale della capitale, l’ultima tappa visitata dal nostro strano turista. Tornando a casa, in aeroporto egli potrà bere una Red Bull per tenersi sveglio in attesa del volo. Poi potrà schiacciarla e gettarla nel cestino, con la consapevolezza che anche le “lattine” passeranno di moda un giorno. Sic transit gloria mundi.