L'intervista dell'ex ds della Salernitana al Corriere dello Sport è ossigeno puro.
Come un amore troppo a lungo assopito, quasi ci eravamo dimenticati del Napoli di Spalletti – e della Serie A in generale. In effetti se non fosse per la dialettica di Walter Sabatini a quest’ora di Napoli non parleremmo affatto. Non solo perché il campionato è fermo, ma per quella pigrizia esistenziale tipica del tramonto dell’anno – ecco un motivo in più per detestare gli inglesi: il boxing day è una roba barbara, contronatura.
Metteteci pure il mondiale, che ha stritolato e poi rimescolato i nostri gusti calcistici: davvero questa è l’unica competizione calcistica nella quale l’imprevedibile ti folgora come un incubo nella notte. Al mondiale contano (ancora) le Nazioni prima delle nazionali, l’atto sull’azione e l’istinto del gesto tecnico sul raziocinio della tattica. E quindi l’eros sopra ogni altra cosa. Eccolo il ponte col nostro calcio, per altri versi smunto e deprimente: il fenomeno erotico, indipendente se vogliamo dalla qualità dei singoli, intrinseco all’essenza del gioco. Eppure, mettere in atto questa essenza rimane la cosa più difficile.
Ecco perché Sabatini punta tutto su Lucianone e il Ciuccio: «Spalletti tutta la vita. Il Napoli gioca un calcio erotico, sensuale, appunto vicino all’erotismo. Gioca per il piacere di farlo». È una lettura brillante, inattesa per certi versi, anche per chi – come noi – conosce bene Walter Sabatini, intervistato ieri per il Corriere dello Sport da Franco Esposito. Sabatini, che si trovava a Salerno per ricevere il premio di miglior direttore sportivo italiano al Festival del calcio italiano, ha poi speso due parole condensate d’amore anche per Kvaratskhelia: «il georgiano è come la Locomotiva di Guccini, un giovane puledro che appena liberato il freno morde la rotaia con muscoli d’acciaio».
Sabatini è unico: la sua poetica novecentesca è messa al servizio del calcio, forse lo sport meno nobile che esista. E che pure riesce a regalarci l’evento, di volta in volta, sempre nuovo e imprevedibile. È proprio questa caratteristica a renderlo perlopiù uno sport estremamente noioso, lento, prevedibile, proprio come la Roma di Mourinho (dice Sabatini): «È una squadra noiosa, gioca un calcio sparagnino, che non mi piace. Poi può vincere, perché Mourinho è un maestro nel vincere. Basta ricordare come hanno vinto contro la Salernitana l’anno scorso: quel punto a Roma sarebbe stato per noi il punto della salvezza, poi ottenuta all’ultima giornata».
Citando proprio Mourinho, molto più di un banale allenatore, «chi sa solo di calcio non sa niente di calcio». E infatti Sabatini, che dal calcio si fa consumare, rivela all’intervistatore l’ultimo cruccio che lo lega a Salerno: «ancora oggi ho un desiderio da esaudire: mangiare un pescetto fritto a piedi nudi in riva al mare. Mi è rimasto qui». In attesa che torni il campionato, è bene ringraziare il calcio per averci regalato Walter Sabatini.