“Noi resistiamo” è il messaggio che meglio esprime la reazione delle tifoserie italiane di fronte all’avanzare del cosiddetto Calcio Moderno, etichetta con cui negli ultimi vent’anni si è fatto riferimento ad un pallone che ha voltato le spalle alla sua stessa essenza ed ai suoi appassionati adepti, per correre sulla via della commercializzazione e della finanza. Appunto #We stand si intitola il volume fotografico curato da Andrea Rigano, un album che racconta questa resistenza riportandoci sulle gradinate negli anni tra il 2003 ed il 2010, periodo in cui il modus tifandi negli stadi nostrani sarebbe cambiato irrimediabilmente.
Forte dell’esperienza maturata come militante del movimento e fotografo, l’autore ritrae la realtà dei gruppi ultras di tutta la Penisola, attingendo dal suo archivio personale, ripudiando così interpretazioni da talk show e ricostruzioni di stampo sociologico. Un racconto per immagini, tra bandiere e fumogeni, luci blu e scontri, sfottò e contestazioni, nato dall’idea che nulla potrebbe raccontare il movimento del tifo italiano meglio dei suoi stessi protagonisti.
Qual è stato il percorso professionale che ti ha portato a raccontare il panorama ultras italiano? Perchè hai scelto proprio il periodo dal 2003 al 2010?
Premetto che “non ho raccontato il panorama ultras italiano”, ma solamente una piccola parte inerente ad eventi cui sono stato testimone. Il percorso è stato da ex militante nel movimento e assiduo collezionista di materiale e memorabilia, a eterno appassionato della cosiddetta terrace culture in quasi tutti i suoi aspetti. Ho scelto questo arco temporale principalmente per comodità, in quanto il mio archivio digitale più o meno è ancora in essere, mentre ho venduto definitivamente anni fa tutto quello in pellicola; in secondo luogo per cercar di salvaguardare da potenziali “questioni legali” i diretti interessati.
Le fotografie non sono accompagnate da nessun commento, nè interpretazione, lasciando al lettore la possibilità di trarre le proprie considerazioni; una scelta che ricorda la filosofia alla base del documentario “Ragazzi di Stadio” di Daniele Segre. Ritieni che evitare filtri sia l’unico modo per ritrarre efficacemente una controcultura tanto complessa e variegata come quella del tifo organizzato?
Guarda, essendo un fotografo volevo fare un libro esclusivamente di foto, diverso dalla gran parte dei libri usciti in materia; è un viaggio personale, di quello che ho visto da fotoreporter secondo la mia esperienza vissuta sia in curva sia nel mondo del collezionismo. Niente di più, niente di meno. Totalmente differente dal classico librone dello specifico gruppo, che ne narra la storia attraverso la cronaca delle gesta, volumi che però ogni appassionato dovrebbe leggere.
I filtri che dici in realtà li ho trovati in quella bibliografia sterminata che vuol cercare di spiegare, a tutti i costi sociologicamente, cosa spinge il movimento ad essere tale, quelli che senti nei talkshow o nei vari programmi sportivi di rimando, riconducibili la maggior parte delle volte ad autori ed interlocutori che non sono mai stati sulle gradinate. E guarda caso sempre e comunque a margine di fatti di cronaca… quindi non penso possano trovare interesse nel mondo ultrà, casomai il contrario. Più che in Ragazzi di Stadio dunque, identificherei #WeStand in “Farebbero Tutti Silenzio”, docufilm epocale su gli Ultras dell’Atalanta.
Il libro si presenta diviso in due sezioni: sul “dritto” è proposta l’iconografia delle curve, già decadenti ma ancora ricche di bandiere e striscioni di gruppi storici, torce e fumogeni, coreografie e settori pieni; sul “rovescio” invece, si introduce il tema della conflittualità nei confronti degli avversari, della celere e delle istituzioni. Ci puoi spiegare questa scelta nella costruzione del volume?
Bella domanda, diciamo che una narrazione per come me l’avevano proposta non mi convinceva per nulla: troppo classica, già vista e sinceramente poco stimolante per il tipo di foto incluse; sicchè ragionandoci sopra e studiando un bel po’ di magazine extrasettore, con layout e interpretazioni grafiche “alternative”, ho voluto sperimentare un differente modo di affrontare l’argomento.
Collaboro da anni con un grafico molto creativo, quasi sempre disponibile ad assecondare le mie spesso balorde trovate, che mi ha tenuto testa ancora una volta; poi la fiducia me l’ha data l’editore, cui è parsa interessante e abbastanza originale fin da subito la proposta. Essendo appassionato anche di musica, ho preso spunto proprio dai vinili, che hanno un lato A, di solito con i classici, e un lato B, con le rarità… il risultato è stato così una sorta di “dark side of the moon”, intrigante e parecchio affascinante.
“No al sabato”, gli striscioni contro il caroprezzi, la repressione ed il calcio-business, infine le richieste di giustizia sugli omicidi di Aldrovandi e Gabriele Sandri, e per i numeri sulle divise delle forze dell’ordine: questi sono alcuni dei temi più ricorrenti nelle contestazioni da parte delle curve, ieri come oggi. Credi che a dieci anni di distanza abbia ancora senso perpetrare queste battaglie, oppure ritieni che esse siano diventate vuoti slogan, che impongono al tifo organizzato una riflessione autocritica?
Finché i giornalisti e l’opinione pubblica in generale non ne parlano è giusto che lo facciano gli ultras, come si dovrebbero difendere se non attaccando? Quelle che chiami battaglie saranno sempre attuali, finché le istituzioni metteranno in atto dure repressioni spesso prive di una logica davvero funzionale; l’autocritica invece ci può pure stare, soprattutto per continuare ad esistere, lottare e portare avanti quei valori che hanno fatto si che il movimento nascesse e si sviluppasse, anche se a dirla tutta oggi è sempre più difficile.
Di fronte ai paesaggi lunari visti sulle gradinate negli ultimi mesi, giocatori ed allenatori, addetti ai lavori e dirigenti hanno rimarcato che “non c’è calcio senza tifo”. Pensi che possa nascere davvero una nuova considerazione dell’imprescindibile ruolo del tifoso, oppure il Sistema Calcio freme semplicemente all’idea di riacquisire la componente scenografica più spendibile in tv?
Ho scattato durante tutta la ripresa del campionato post lockdown. Credo di non aver mai assistito a spettacoli più tristi, grotteschi e imbarazzanti, ma davvero in tv non te ne rendi conto, devi viverla allo stadio: giuro di un’inutilità senza uguali. Vi rimando alle parole di Gennaro Gattuso allenatore del Napoli: «Quello che stiamo giocando ora è un altro sport», e nemmeno i 1000 spettatori di Parma gli han fatto cambiare idea. Senza tifo non funziona il calcio, senza curva non funziona il tifo che, bello o brutto che sia, è quello che non ti lascia mai solo e che, alla fine della fiera, amiamo più di tutto. Lunga vita dunque agli Ultras!
Per l’intervista, si ringraziano sentitamente Andrea Rigano, autore di “#WeStand” (Agenzia Alcatraz, luglio 2020), e Alex Pietrogiacomi di Agenzia Alcatraz.