Lo scorso 27 gennaio, Xavi ha voluto “annunciare che dal 30 giugno non sarò più l’allenatore del Barcellona. Credo che, vista la situazione, il club abbia bisogno di un cambio di rotta. Come culé (tifoso del Barça, ndr) non posso permettermi di vedere questa situazione”.
Così Xavi Hernandez, triste solitario y final, ha dato le dimissioni dal Barcellona a piena stagione in corso. Una dichiarazione – e forse una decisione – maturata all’indomani del clamoroso 3 a 5 casalingo contro il Villarreal nella 22esima giornata di Liga. Mentre leggete questo articolo, il Barcellona di giornate ne ha disputate 25, e si trova al momento terzo (54 punti) a -8 dal Real Madrid di Carletto Ancelotti.
Niente di disastroso, tutto sommato, soprattutto considerando che stasera i blaugrana si giocano contro il Napoli (anch’esso campione in carica del campionato) la possibilità di giungere ai quarti di finale di Champions League, una competizione che il Barça buca da troppi anni. Questo, comunque difficilissimo da raggiungere, rimane però l’ultimo obiettivo disponibile per una squadra che ha perso 4-1 la Supercoppa di Spagna ed è uscita agli ottavi di Copa del Rey contro l’Athletic Bilbao (4-2). Ma nelle parole dell’allenatore blaugrana c’è qualcosa di più profondo. Non sono (solo) i risultati ad aver spinto Xavi ad una decisione solenne e dolorosa, piuttosto è il contorno ad apparire desolante – tra problemi societari di lunga data (ancora irrisolti) e mancanza di progettualità. In questo articolo cercheremo di capire cosa ha portato l’allenatore catalano ad una scelta tanto radicale (e apparentemente improvvisa).
I. I problemi della squadra
In un pezzo pubblicato quasi un anno fa, avevamo elogiato lo stesso Barcellona di Xavi (che a fine stagione avrebbe fatto sua con pieno merito la Liga), soprattutto per un inedito spirito pragmatico mostrato dalla sua squadra (molte furono le partite vinte senza sul filo del cortomuso), con una grande valorizzazione della fase difensiva che era stata la vera chiave del successo blaugrana. I vari Araujo, Koundè, Christensen e ter Stegen (quest’ultimo premiato come miglior giocatore del campionato) avevano contribuito con il loro eccelso rendimento a rendere la difesa del Barcellona quasi imperforabile, con appena 20 reti subite in 38 partite di Liga.
Ecco tutto questo è ormai solo un lontano ricordo: se il reparto difensivo dei catalani lo scorso anno si poteva considerare uno dei migliori al mondo, quest’anno è uno dei più disfunzionali e involuti in assoluto, e anche qui i numeri non ammettono repliche, visto che in 25 partite di campionato i gol subiti sono già 34. Il grosso del problema è ovviamente rappresentato dal netto calo di rendimento dei suoi interpreti: passi ter Stegen che ha avuto un serio infortunio ed è stato sostituito dal suo vice Inaki Pena negli ultimi due mesi, ma i tre centrali sopramenzionati sembrano davvero essere la copia sbiadita dei giocatori affidabili visti la scorsa annata.
Il reparto avanzato, al contrario, presentava già degli evidenti limiti, nascosti appunto da una importante solidità difensiva: ora però se ne sono accorti un po’ tutti che il Barça, salvo qualche partita estemporanea (come il 5 a 0 contro il Betis) fa un’enorme fatica a segnare, e i problemi fisici e l’avanzare dell’età del suo bomber di riferimento Lewandowski (lo scorso anno capocannoniere della Liga) non hanno certo giovato. Il Barcellona insomma dietro è peggiorata parecchio e davanti non ha fatto molti progressi, al contrario.
II. I dolori del giovane Xavi
Se la fase offensiva fa ancora fatica dopo un anno e quella difensiva è largamente peggiorata, è legittimo portare sul banco degli imputati mister Xavi, che se non altro ha avuto come ultimo (ma forse sarebbe meglio dire unico) sussulto d’orgoglio quello di dimettersi. Per la verità, stando a quanto rivelato dal Mundo Deportivo (giornale vicino all’ambiente catalano), Xavi aveva presentato le sue dimissioni già all’indomani della sconfitta in Supercoppa contro il Real.
Xavi si era rivelato efficace nel trovare nuove soluzione tattiche ad una squadra la cui “filosofia” è storicamente fondata sul mantra del dominio del gioco attraverso il possesso palla, riuscendo lo stesso a vincere e convincere, mostrando anche qualcosa di “diverso” dal solito. Quest’anno però, forse forte del titolo vinto, Xavi pare essere ritornato su quei dogmi sempre pronti a risbucare fuori ad ogni piè (retorico) sospinto. E in questo senso la stessa stampa spagnola ha le sue colpe, avendo chiesto all’allenatore catalano qualcosa in più dei ‘semplici’ risultati.
Nel 4-1 rimediato dal Real, le prime due reti dei blancos (nei primi 10′ di gioco) sono arrivate da due contropiedi, con la difesa blaugrana posizionata talmente in avanti da farsi fregare come una formazione di dilettanti. Lo stesso discorso si può fare per il primo, il terzo e il quarto gol del Girona nella partita di campionato (finita 2-4 a Barcellona), tutte situazioni di contropiede in cui la difesa blaugrana era ancora una volta posizionata malissimo. Per battere il Barcellona è bastato semplicemente lasciare loro il palleggio, stare un minimo attenti a chiudere gli spazi in difesa e ripartire in contropiede per far male: Ancelotti e Michel hanno fatto questo ed hanno vinto nella maniera più facile possibile. Pragmatismo batte dogmatismo, sempre.
Un altro problema (altrettanto grave) della squadra blaugrana, imputabile a Xavi, è la scarsa condizione fisica dei suoi giocatori: oltre alla tenuta difensiva, anche il pressing alto e asfissiante per andare a riconquistare immediatamente il pallone era stata una costante dello scorso anno, ma in questa stagione si è visto ben poco. La maggior parte dei calciatori blaugrana nel corso delle partite finiscono troppo presto le energie, mostrando carenze atletiche evidenti, cosa che chiaramente inficia sulle prestazioni e sul gioco offensivo della squadra.
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La prova di tutto questo sono i tanti infortuni muscolari avuti dai calciatori catalani nel corso della stagione: in totale, se si escludono i problemi fisici avuti dagli atleti del club in Nazionale, il Barcellona ha registrato in questi 6 mesi ben 15 infortuni muscolari di seria entità, di cui 12 giocatori costretti a stare fuori dalle tre settimane in su. Gli infortuni sono un alibi? Sicuramente, ma va detto che se pochi infortuni rappresentano una sfortuna, tanti infortuni di tanti giocatori diversi non possono essere considerati una coincidenza, ma c’è un evidente problema di preparazione atletica e fisica.
In un retroscena pubblicato su El Paìssembrerebbe che il presidente Laporta se la sia presa per i troppi giorni liberi concessi dall’allenatore ai suoi giocatori, che ha accusato di “lavorare troppo poco”: addirittura alla vigilia del match contro il Girona (che è finito come sappiamo) Xavi avrebbe concesso ai suoi atleti di trascorrere mezza giornata a correre sui kart (!). Si spiega forse così l’abbondanza di infortuni? Difficile provarlo, ma sicuramente qualcosa che non va dal punto di vista fisico nei blaugrana è evidente a chiunque ormai.
III. Excusatio non petita…
Esistono due categorie di tecnici: quelli che si assumono le proprie responsabilità quando le cose vanno male, minimizzando le giustificazioni esterne alla prestazione in campo (l’arbitraggio principalmente, ma non solo), e quelli che invece fanno degli alibi il proprio mantra: Xavi allenatore, da buon guardiolista, appartiene senz’altro alla seconda categoria.
Ritorniamo alla disfatta contro il Girona in casa: a fine partita, dopo un risultato così umiliante, Xavi ha pronunciato queste dichiarazioni: “La partita contro il Girona è stata equilibrata, è stata decisa dai dettagli. Abbiamo creato molte più occasioni rispetto ai nostri avversari, se avessimo vinto sarebbe stato un risultato giusto”. Insomma invece di tentare di dare una spiegazione alla penuria offensiva e alle difficoltà difensive della sua squadra, Xavi ha minimizzato totalmente la forza dell’avversario facendo addirittura credere di aver perso ingiustamente e di avere dominato il match (!): la reazione di Michel alle parole del collega nel post-partita dicono tutto.
Se si vanno poi a recuperare le dichiarazioni dello staff blaugrana (come quella del direttore sportivo Deco, che si è spesso lamentato col tecnico per le deludenti prestazioni), dei calciatori (Frenkie de Jong che a differenza del suo allenatore si è assunto le sue responsabilità, parlando di “mancanza di lucidità”), e anche le reazioni dei tifosi dopo la sconfitta (i fischi sonori a squadra e tecnico, oltre che l’abbandono dello stadio molto prima della fine della partita), si capisce che il pensiero di Xavi non trova alcun sostegno, ma è stata quasi una fonte d’imbarazzo per l’ambiente Culè.
Come ha scritto The Athletic, la sconfitta col Girona “è stata probabilmente la più umiliante in questa stagione. Xavi ha dichiarato che la sua squadra ha giocato bene e che a lungo sono stati migliori degli avversari. Peccato che la dirigenza blaugrana non la pensi affatto così”. Sempre The Athletic una fonte anonima del club ha dichiarato che “la sconfitta è stata particolarmente difficile da digerire perché ci hanno battuto giocando a calcio, giocando il tipo di calcio che a Barcellona abbiamo sempre difeso. Sarebbe difficile immaginare Xavi rimanere al club la prossima estate se non riuscisse a vincere la Liga o la Champions.” Frase invecchiata molto bene.
Xavi sempre al termine di quel match ha affermato che la squadra “è ancora in costruzione e serve pazienza”. Come fa una squadra in costruzione ad aver vinto due titoli la scorsa annata ed essere peggiorata a tal punto nell’annata successiva? E cosa dovrebbe dire lo stesso Michel, che allena il Girona giusto da 6 mesi, mentre Xavi allena i blaugrana da ormai due anni e mezzo? Il quotidiano AS se l’è presa proprio con il tecnico dei cules per queste sue dichiarazioni, che hanno finito per “irritare chi sta intorno al Barça, visto che appunto questa è la sua terza stagione col club e parlare di costruzione ha ben poco senso”.
Dicevamo che Xavi si crea anche dei nemici immaginari per giustificare le proprie disfatte? Ebbene per il tecnico blaugrana uno dei “nemici” da combattere è proprio la stampa, colpevole a suo dire di aver “criticato così tanto i suoi giocatori che ora non riescono più a concentrarsi in campo” (sic!). Ovviamente tra i nemici c’è anche il tanto odiato Real Madrid, per cui Xavi ha già messo le mani avanti subito dopo il caso VAR scoppiato nella partita dei blancos contro l’Almeria (il gol convalidato a Vinicius Jr in cui pare evidente un suo occo col braccio), affermando che “sarà difficile vincere la Liga anche per episodi come questo”. Lo stesso Ancelotti ha poi ricordato al tecnico catalano che se c’è un club indagato per corruzione arbitrale quello è proprio il Barça.
IV. I guai del Barcellona al di qua di Xavi
Ciò a cui si riferisce l’allenatore del Real Madrid nello specifico è il “caso Negreira”, uno scandalo di presunta corruzione avvenuta in un periodo di quasi 20 anni, tra il 2000 e il 2018, il cui la dirigenza blaugrana avrebbe pagato più di 7 milioni di euro all’ex arbitro e vice-presidente del Comitato Tecnico Arbitrale (CTA) José Negreira (nativo di Barcellona tra l’altro…), formalmente per delle “consulenze esterne relative allo sviluppo della professione arbitrale”, stando al comunicato del club catalano, e confermate dallo stesso Negreira.
Le giustificazioni (parecchio forzate) non hanno convinto nessuno però, né la Uefa (che si dice pronta ad escludere il Barça dalle coppe qualora fosse provato colpevole), e neppure gli stessi club della Liga, che in dei comunicati congiunti hanno espresso le loro “estreme preoccupazioni” per la faccenda, arrivando addirittura, come nel caso del Siviglia, ad interrompere totalmente le relazioni diplomatiche con i cules. La magistratura spagnola ha ufficialmente accusato di corruzione i tre presidenti del club in carica all’epoca dei fatti (Sandro Rosell, Josep Bartomeu e lo stesso Laporta), oltre a Negreira e il figlio: se le accuse fossero realmente confermate il club catalano rischierebbe anche la retrocessione nella serie cadetta.
Insomma la reputazione del Barça è ormai pesantemente minata, e se a queste vicende si aggiunge l’enorme debito finanziario che grava alle spalle della società da anni (si parla di più di 2 miliardi di euro di rosso), con tutte le difficoltà varie nel riuscire a fare mercato, si comprende facilmente come la situazione sia tragica, e insieme poco seria (anche perché Laporta non fa che sminuire la portata della crisi). La maggior parte dei nuovi giocatori o sono acquistati in prestito (vedi i due portoghesi Joao Cancelo e Joao Felix) o sono parametri zero (vedi Gundogan), e il club ha fatto un’enorme fatica a registrarli.
Tentando in ogni modo di trovare nuovi soldi per coprire i debiti, il club è ricorso a manovre che definire disperate è dire poco, come la chiusura della tv ufficiale del club o la vendita dei diritti di denominazione del Camp Nou a Spotify, sino ad arrivare alla più umiliante di tutte, un’amichevole giocata negli Stati Uniti contro i messicani del Club America il 21 dicembre, disputata appena 24 ore dopo il match contro l’Almeria in Liga. Il tutto per incassare 5 milioni di euro, e dopo aver riconosciuto ai propri giocatori 100mila euro a testa per l’impegno contrattuale non previsto. Come diceva Gramsci “una crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere”: ecco il vecchio Barcellona è ormai morto da tempo, e di quello nuovo non si vedono le tracce all’orizzonte.