Altri Sport
22 Ottobre 2023

Johann Zarco, andar lenti nella velocità

Dopo sei anni e sette mesi, il pilota francese vince la sua prima gara in MotoGP.

Sei anni e sette mesi. Centotrentasette gare disputate, passando per Yamaha, KTM, Honda e Ducati. Diciannove podi. Questi i numeri, questo il tempo impiegato da Johann Zarco per trovare la prima affermazione nella classe regina, sulla biscia fluida e velocissima di Philipp Island.

Non può non riaffacciarsi alla memoria il 26 marzo del 2017, quando al suo debutto in MotoGP si stese sotto i riflettori dispiegati lungo il tracciato il Losail, lasciando nella sabbia la scia di una ruzzolata, come quella che segue le meteore nei cieli estivi prima di scomparire lungo il buio della notte. Una prima apparizione fulminante, sulla Yamaha nera, gialla e verde del team Tech3. Inattesa. Chiunque, quella sera, fu attraversato dall’idea che quel francese con lo sguardo rapito da una malinconia dolce ci avrebbe messo il tempo di una sigaretta per imporsi la prima volta, dopo i due mondiali consecutivi conquistati in Moto2. Nessuno avrebbe invece pensato che quella sigaretta si sarebbe espansa nel tempo, finendo per durare sei anni e sette mesi.

Antropologicamente inadeguato all’immediatezza contemporanea, si è rivelato un fuori-tempo Johann Zarco, grande qualità in tempi di generale decadenza. Ai talenti devianti rispetto i sentieri più ortodossi (se mai ve ne sono per davvero) si aprono solitamente due porte: l’esplosione precoce o il tardo sbocciare. Rotte cui si accompagnano conseguenti rischi: l’ardore che incenerisce o la lentezza che offusca.

È apparso come un navigante della prima rotta Zarco, virando poi verso la seconda. Entrambe, ad ogni modo, stringono il talento nella morsa dell’incompiutezza, e forse proprio per questo certe fragili figure affascinano più di altri. Per il loro riuscire a portare a galla forme oramai impossibili da incontrare nei ritmi scanditi dalla vita moderna, dove la sfida per la sopravvivenza nel meccanismo ci costringe ad appianarci senza esitazioni sui calchi più sicuri e banali.

Uno chansonnier prestato alle due ruote o il pianista su asfalto di una voluttuosa serata Belle Époque. Inquieto negli occhi, con le parole sempre pronunciate sul tappeto di una tonalità violacea/ombrosa, a disagio nella bolla perfezionista della performance robotica. Come se in lui il guizzo potesse trarre origine solo dall’ispirazione, mai dalla costruzione pianificata. Poeta versus ingegnere.

Ci ha messo tanto Johann a sbocciare dopo quella ballata interrotta, il lampo d’esordio di uno scrittore, ed ha scelto di farlo lontano. Lontana è l’Australia, forse è addirittura il lontano pensata da qui. Perché a nessuno per collocarla verrebbe da dire ‘ah sì l’Australia, quella vicino a…’. No, è lontana e basta. Sia geograficamente che negli spazi dell’immaginario. Ha scelto di farlo poi all’alba di una mattina d’autunno. Quando la natura destina ai marciapiedi delle città i figli ingialliti della bella stagione. Passata è la primavera, ed anche quelle di Zarco non sono più poche per un pilota: 33. Come si invecchia presto mentre si ama. Ed allora, l’amore del nostro chansonnier per le corse di moto è stato forse parzialmente ricambiato al sorgere del tramonto, il quale speriamo possa essere lontano come il luogo della sua gioia, ma soprattutto lento come il suo rapporto con la vittoria.

La lentezza in un microverso in costante accelerazione, forse questo il senso che ci riconduce alle radici del paradosso Zarco: andar lenti per coltivare la velocità.

“Bisogna esser lenti, guardare il cammino fatto, sentire la stanchezza conquistare come una malinconia le membra […] Andare lenti è conoscere le mille differenze della propria forma di vita, i nomi degli amici, i colori e le piogge, i giochi e le veglie, le confidenze e le maldicenze.”

Franco Cassano, Il pensiero meridiano

La lentezza, dunque, per maturare godendo del paesaggio, per crescere senza prendersi a strattoni e perder per strada i pezzi, dimensione per la conoscenza di un animo salvo. Non è un caso, forse, che la prima vittoria in classe regina di Johann Zarco gli sia stata consegnata proprio all’ultimo giro, arrivando, appunto, lenta, dopo aver visto consumarsi la sfuriata del suo compagno di squadra Jorge Martin, su gomme morbide dilaniate dalla troppa sicurezza di sé. Ha atteso invece Zarco, in un’occasione in cui per arrivar primo serviva arrivar dopo, in testa. Lentezza che ora illumina, non offusca. La pista australiana adatta più di ogni altra, per quella natura sinuosa, ad intonarsi in accordo con le melodie antropologiche del futuro pilota Honda.

In cima al podio ha suonato, come da prassi, l’inno del vincitore, la Marsigliese, eppure, siamo convinti ci fosse un altro canto nell’animo di Johann Zarco, l’inno ad un desiderio contro-culturale: “E per un istante ritorna la voglia di vivere / A un’altra velocità / Passano ancora lenti i treni per Tozeur” (F. Battiato, I treni di Tozeur). Correre, sì, ma a passo d’uomo. Formula ancora vincente del pilota francese.

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