La Leggenda di uno dei più forti numeri 10 della storia del calcio.
Perplessità di partenza: come si fa a parlare di calcio agli alti livelli senza avere mai visto all’opera uno come Zico? Il pensiero va alle giovani generazioni di giornalisti e narratori di sport nati negli anni ’90 o addirittura nel terzo millennio. Non è colpa loro essere di un’altra epoca, è chiaro, ma quando si affrontano certi personaggi il gap c’è e non si ripiana certo tramite Youtube. Bisognava esserci, aver vissuto quegli anni. Ciò che tanti campioni contemporanei stanno facendo adesso, il signor Arthur Antunes Coimbra, numero 10 del Flamengo e della Seleçao brasiliana, lo ha fatto prima. E quasi sempre, meglio. Guida breve per cavarsela da situazioni imbarazzanti quando si è al di sotto degli “enta” e si parla di uno dei più grandi geni del pallone mai esistiti.
Chiedi chi era Zico, quindi, ma fallo sempre con un tono sospeso. Come se in fondo fosse una consapevole e quasi ironica domanda retorica. L’aria di quello che la sa lunga ma che non ostenta troppo, ok? Non far capire che sei così giovane da non averlo mai visto in azione. Anzi, sai che ti dico, guarda i filmati d’epoca, prima di chiedere.
Altrimenti rischi di farti dire da qualche vecchio trombone che quando o galinho la metteva a giro lasciando di sale portiere e barriera, Baggio portava ancora i pantaloni corti. Naturalmente, quando parli di Zico lascia sempre scivolare la parola Flamengo nella stessa frase. Altrimenti è possibile che gli interlocutori ti chiedano la carta d’identità. E se scoprono la data di nascita son dolori. Passiamo alla fase successiva.
Ti puoi sempre salvare in corner dicendo che quando concedono a qualcuno la maglia rubro-negra (fa sempre un certo effetto, detta così) numero 10, quel qualcuno non può che essere un campione, altrimenti lo spogliatoio non lo accetta e gli spalti del Maracanà mugugnano. Ogni maglia da titolare va meritata, la numero 10 un po’ di più. Perderla, può essere questione di un attimo e se la perdi poi non la riprendi più. A quel punto si chiederanno quanti anni hai e se in effetti il lifting facciale può fare miracoli. Ma avrai perlomeno affermato un concetto talmente incontestabile che nessuno potrà contraddirti. Frase di circostanza consigliata:
“Zico aveva solo il destro ma se io avessi il suo sinistro già sarei un fenomeno”.
Risultato garantito, almeno nell’immediato.
Ricorda a tutti che non lo chiamavano galinho (pulcino) per caso. Da ragazzo Zico era piccolo di statura, ma soprattutto mingherlino e non reggeva i contrasti con avversari più duri. C’è voluta una gran forza di volontà e una costanza quasi fideistica per rafforzare il fisico e fare le giuste cure per la crescita in altezza. Al termine dello sviluppo non sarà diventato un gigante, ma quando il talento e la forza di volontà ci sono, il baricentro basso può aiutare parecchio. Maradona docet, Zico pure.
Ah, dimenticavo: se ti dicono che al numero 10 della Nazionale brasiliana mancava la personalità del leader, non lasciar passare liscia l’affermazione. Puoi sempre rispondere che essere senatore in una squadra che annoverava gente come Falcao, Socrates, Junior, Toninho Cerezo, implicava per forza di cose l’avere carattere e voce in capitolo nello spogliatoio. Era una squadra talmente ricca di talento da rendere tutti utilissimi ma in fondo, nessuno indispensabile.
Vuoi dare prova di preparazione calcistica? Qui possiamo andare sul sicuro. Devi solo ricordare a chi ti è di fronte che nel 1980 Zico vince il suo primo campionato brasiliano con il Flamengo e che l’anno dopo la Seleçao brasiliana si presenta a Wembley per affrontare l’Inghilterra. Il gol della vittoria giallo-oro è suo, il Brasile non batteva da tempo gli inglesi. Da quel momento Zico non è più o galinho, diventa il Pelé bianco, erede del giocatore più forte di tutti.
Se vedrai facce di anzianotti perplessi ma muti, significa che hai fatto centro. Ma se vuoi fare davvero il fenomeno, dì pure che nel 1981 la popolarità di Zico sale ai massimi storici e che nello stesso anno solare il suo Flamengo vince il campionato carioca, la Copa Libertadores e addirittura l’Intercontinentale, distruggendo il Liverpool campione d’Europa.
Con questa notazione, un po’ statistica ma non alla portata mnemonica di tutti, avrai zittito con garbo i dubbiosi, sterminando gli ultimi focolai di resistenza. Mi raccomando però: sempre con un’aria sottaciuta da “io c’ero”. È vero che in rete le notizie si trovano, ma poi bisogna saper mettere insieme i fatti. Li manderai in crisi spazio-temporale.
“Un direttore di partite. Gli hanno dato la maglia numero 10 di Pelè e se l’è infilata senza problemi: aveva un’autorità da grande. Un tipo sensazionale e un giocatore fantastico” (Diego Armando Maradona su Zico)
Ormai ci siamo e a questo punto non ti puoi tirare indietro sui Mondiali del 1982. Come ben sappiamo noi italiani, Zico e il Brasile non hanno vinto, ma non si può certo dire che il nostro eroe non sia stato protagonista. Anche perché ci voleva una squadra di marziani per battere Zico & co. Sembravano divertirsi, trasudare gioia.
Massacravano l’avversario con il minimo sindacale dello sforzo, non si mostravano neppure sudati. Andavano in gol con la naturalezza che serve ai comuni mortali per usare il Bancomat sottocasa. Un’arroganza calcistica mascherata dal sorriso e dalle giocate di genio del numero 10. Povero Arthur Antunes Coimbra, che delusione. Contro l’Italia sarebbe bastato anche un pareggio e invece…
Immagino che questo, tuo padre te l’abbia raccontato. Lui certamente c’era e anche se non lo conosco di persona, posso dirti con assoluta certezza dove fosse e che cosa stesse facendo il pomeriggio del 5 luglio 1982. A certi eventi non si sfugge. C’eravamo tutti, fa’ credere a chi hai di fronte che fossi presente anche tu. Tranquillo, se saprai bluffare ci crederanno.
La strada è spianata, sarà più facile far credere quanto sia nitido il tuo ricordo del biennio del brasiliano in Italia, all’Udinese. Che casino, quell’estate. Nel 1983 si materializzò l’impossibile. C’era gente che fino a quel momento non conoscenza nemmeno l’esistenza di Udine. Zico in Friuli, pazzesco, ma sorse presto un problema.
Devi sapere che l’allora patron Lamberto Mazza, presidente dell’Udinese ma anche della Zanussi, colosso italiano degli elettrodomestici, stava spingendo in cassa integrazione migliaia di operai. Operazione un po’ spregiudicata mandare a casa tanti lavoratori e nel contempo sborsare i 6 miliardi che il Flamengo pretendeva per lasciare andare un fuoriclasse di 30 anni. Non più giovanissimo ma pur sempre un fuoriclasse.
Ma il contratto che legava Zico all’Udinese (come quello che prevedeva il passaggio di Cerezo alla Roma) arrivò in ritardo presso le sedi opportune. In realtà si sospettava un problema di coperture economiche ma questa sarebbe quasi un’altra storia. Insomma, la Federcalcio invalidò tutto. Non ci crederai ma Udine insorse: migliaia di tifosi in Piazza al grido di “Ci vergogniamo di essere italiani”. Poi spuntò un cartello destinato a fare storia:
“Zico o Austria”.
Sulle ali del malcontento popolare, vinse la piazza: il CONI ribaltò la decisione della Federcalcio: va tutto bene, madama la marchesa. Toninho Cerezo alla Roma, Zico all’Udinese. Tu sorvola su certi aspetti, ma tienili presenti. Quel che conta è ricordare che nella stagione 1983-84 Zico segnerà 19 reti e che le sue punizioni a giro, non erano punizioni. Erano sentenze di cassazione. Peccato solo che qualche infortunio serio e un problema con il fisco italiano abbiano costretto Arthur Antunes Coimbra a tornare in patria nel 1985, dal suo Flamengo.
Potremmo andare avanti a lungo, scrivere interi poemi, ma non sarebbe il caso. Ti basti sapere – ma questo lo sai di sicuro – che ogni grande giocatore ha almeno un cruccio. Zico non deve averne molti, ma di sicuro uno ancora lo assilla. Non ha mai vinto il campionato mondiale. Una sorte che condivide con gente come Puskas, Cruijff, Platini, Van Basten e altri al suo livello. Dopo la delusione del 1982 Zico ci riprova, ma 33 anni cominciano a pesare e il Brasile del 1986 non è all’altezza di quello precedente.
Certe occasioni perse non si recuperano. E infatti la Seleçao è eliminata ai quarti di finale dalla Francia. Zico ai massimi livelli finisce praticamente qui. Arthur Antunes Coimbra è un uomo che trova una seconda gioventù dall’altra parte del mondo, in un campionato, quello giapponese, con tanti soldi e meno pretese. Il resto è beach soccer di caratura mondiale e una carriera di allenatore nel quadrante orientale del pianeta terra.
Ma se qualcuno dovesse chiederti “Senti, ma perché stiamo parlando proprio di Zico?” tu puoi tranquillamente rispondere “Perché oggi 3 marzo è il suo compleanno”. Un mito immortale raggiunge i 67 anni, in piena forma fisica e con tante idee ancora da sviluppare. E scusa, ma non è poco.