Una deriva che si sta diffondendo al di là delle categorie.
C’era una volta la tribuna centrale. Il settore d’élite per eccellenza. Quello in cui dirigenti, sponsor, famiglie dei calciatori – o banalmente tifosi con una certa disponibilità economica – si ritrovavano fianco a fianco a tifare la propria squadra. Una volta, appunto. Oggi tutto ciò appartiene ormai al passato. Anche questa barriera è stata superata perché nella dinamica del calcio-teatro la Tribuna Centrale non basta più. È necessario uno spazio delimitato, rappresentativo della propria superiorità e distinzione. A tratti della propria megalomania. In una sola parola: lo Sky Box.
Una Matrioska. Un settore nel settore. Ormai sdoganato nel salotto della Serie A, ma che pian piano sta invadendo anche la Serie B. E che problema c’è se buona parte degli impianti sono fermi agli anni di piombo. Qualche intervento qua e là, una mano di pittura e… lo Sky Box. Una dinamica che quest’estate ha interessato anche la piazza di Modena. La tribuna centrale dello Stadio Braglia è stata infatti impreziosita (si fa per dire, sembrano mini bungalow piazzati alla buona) da 12 Sky Box.
Dodici postazioni esclusive, fortemente volute dalla famiglia Rivetti, hanno preso il posto dei settori X, Y e Z. Ovvero della porzione di settore sprovvista di copertura.
L’obiettivo? Offrire un’esperienza totalmente nuova ed immersiva, vista la vicinanza col terreno di gioco. Ma soprattutto: generare una nuova entrata per le casse societarie. Nell’ambiente modenese, nonostante non vi sia ancora nessuna comunicazione ufficiale, si vocifera che i 12 settori più glamour del Braglia siano andati già sold out. Otto posti cadauno, per una prima fila composta principalmente da sponsor e partner che – stima Il Quotidiano Nazionale – dovrebbero sborsare 650mila euro circa (iva esclusa) per l’intera stagione. Dunque, 55mila euro circa a Sky Box.
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L’ennesima triste testimonianza di un calcio in cui “passione” fa solo rima con “introiti”. Sia chiaro: è comprensibile e fisiologico che le società di B, specie in questo momento storico di magra, puntino su strategie innovative per trovare nuove forme di guadagno. La domanda è sempre però: a che prezzo? La reazione dei tifosi sul tema è stata piuttosto eloquente. In occasione dell’amichevole contro il Forlì dello scorso 10 agosto, tanti supporters gialloblù hanno visto per la prima volta la nuova installazione. E chi ha vissuto il Braglia nei momenti più caldi della sua storia non è poi rimasto chissà quanto soddisfatto di questa novità.
I malumori e le critiche non sono mancati. Innanzitutto per il risvolto estetico: il settore sembra un’accozzaglia di parti buttate lì a caso. Come se non bastasse, c’è un legame simbolico-affettivo: la tribuna centrale è un settore storico del Braglia, vincolato, che non permette grossi margini di manovra in quanto a lavori di ammodernamento. Eppure è stato deturpato, nei limiti del possibile, al solo scopo di cedere alla logica della commercializzazione. C’è infine il tema della visibilità: resta da capire come si vedrà la partita nelle prime file della “vecchia” tribuna centrale.
Chiaramente c’è un risvolto positivo. Al di là dell’aspetto economico, l’ammodernamento del settore ha portato alla sostituzione delle vecchie vetrate che delimitavano il settore – ma questo, ovviamente, non era legato alla realizzazione degli Sky Box. Insomma, le incognite restano, e non sono neanche poche. Opere di questo tipo confermano l’indirizzo che il calcio ha ormai preso: egocentrico, esclusivista, privato. Costantemente alla ricerca di una novità, della mercificazione, del fare business a tutti i costi; della necessità di offrire un’experience.
Sul tema degli Sky Box che stanno piano piano erodendo le tribune ne abbiamo già parlato, per il caso San Siro – ma lì si trattava quasi dell’ultimo dei problemi.
E questo modello, se così si può definire, è metafora di un pallone che ha smarrito la propria essenza di fenomeno popolare si è trasformato in attività imprenditoriale tra le altre. Accettando queste premesse, si può tranquillamente intervenire brutalmente su uno stadio, trasformandolo in una sorta di Frankenstein architettonico sotto forma di impianto sportivo. Direbbe qualcuno: “Esisteva una volta il settore popolare e il settore nobile”. Oggi neppure più quello. Altro che noblesse oblige: i nuovi nobili, sono i più cafoni di tutti.
foto di Sandro Montefusco