Il cavallo, più d’ogni altra parte in causa, è il protagonista assoluto del Palio. Appena dietro, nella difficile posizione di essere indispensabili e indesiderati al tempo stesso, ci sono inevitabilmente i fantini. Ma chi sono questi soggetti disposti a rinunciare alla comodità e agli agi di corse più classiche, come quelle in ippodromo, per rischiare salute e reputazione in una manifestazione controversa e rischiosa?
«Sono mercenari, con l’autorizzazione a vendersi e tradire (ma a rischio delle ossa), forestieri per lo più, giovani e duri, perché giovane dev’essere chi sappia metter sotto la Fortuna» scriveva Niccolò Machiavelli ne Il Principe, che nel capitolo XXV, dedicato a Il potere della fortuna nelle cose umane e il modo di resistere ad esso, aveva scelto di fare riferimento anche al gioco di Piazza del Campo.
L’autore, seppur fiorentino, ben conosceva le dinamiche con cui la sorte si intromette nella festa senese. Il sorteggio delle contrade, l’assegnazione casuale dei cavalli, l’estrazione dei posti di partenza al canape e gli imprevisti durante la gara sono alcuni degli elementi principali chiamati a sparigliare i tentativi dei capitani delle contrade di ordinare le variabili e stabilire strategie efficaci. Qui in mezzo, con le briglie dei cavalli e del destino tra le mani, i fantini. Per cui la descrizione fatta da Machiavelli, pur risalente all’inizio del Cinquecento, suona bene ancora oggi.
Un fotogramma dal Palio del 2011 (foto di Mirco Mugnai/Wikipedia)
Se nessuno li considera più veri e propri mercenari e «rischiare le ossa» è difficile, persiste invece una malcelata antipatia nei confronti di figure il cui interesse coincide con quello della contrada solo nel tempo di una o dell’altra carriera che li ha visti uniti. E a volte neppure per quella. In ogni caso, dal giorno successivo, si ritorna potenzialmente rivali.
Difatti, da secoli, il fantino è esterno alle contrade e offre i suoi servigi alla ricerca di un personale tornaconto.
Che può essere la vittoria o la fama, e ovviamente il soldo. Un ottimo cavalcatore, certo, ma che a volte galoppa dove tira il vento; oppure trama doppi giochi, intesse inganni e sotterfugi utili al suo disegno personale. Eppure, qualcuno a cavallo ci deve pur montare, e quel qualcuno possiede indiscutibilmente l’ultima parola sull’andamento della corsa . . .
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