Cinque giorni dopo l’invio da parte di Adolf Hitler di 20.000 soldati in Renania (7 marzo 1936), mentre la storia del mondo si apprestava ad essere sconvolta, ebbero inizio i Campionati Mondiali di Ping-pong di Praga. Al tempo il regolamento era diverso da come lo è ora, non c’erano limiti di tempo e una partita, dunque, poteva trasformarsi in un logorante scambio di attacchi, difese e contrattacchi. Ma quel che accadde nel match tra il polacco Alex Ehrlich e il rumeno Paneth Farcas sfiora l’incredibile: il punto di apertura del loro incontro, il solo punto di apertura, durò ben 2 ore e 12 minuti.
Pazzesco? Pazzesco, ma tutto vero.
Anche se la storia, evidentemente posta sul crinale dell’inverosimile, si arricchì poi di dettagli meno credibili ma altrettanto sorprendenti, tra cui Ehrlich che inizia a giocare con la mano debole (la sinistra), l’arbitro che chiede di essere sostituito per un infortunio al collo, di nuovo Ehrlich che (per sfottere l’avversario? per noia?) inizia a dettare a un compagno le mosse da compiere sulla scacchiera posizionata per l’occasione di fianco al campo. Ad ogni modo, dopo circa 12 mila colpi condivisi, il punto viene finalmente assegnato. A chi dei due? Non importa. Quel che conta, almeno nel nostro caso, è mostrare come il ping-pong possa muoversi dall’estrema semplicità dei suoi fondamenti fino a una dimensione amplissima, olistica, gestaltica, capace di intercettare geopolitica e misticismo, filosofia e religione, di uscire dai confini del gioco e […]
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