La poetica del fanciullino Zigoni.
«Ero un bambino dell’oratorio. Mi hanno costretto a fare il calciatore, sono diventato calciatore a malincuore. Ero prigioniero senza saperlo. Non colpevole, mi sentivo in gabbia. Da qui la mia ribellione. Ero quasi sempre squalificato. Non avevo voglia. Io amavo i miei amici, i miei compagni di scuola, andavamo nei campi a sentire gli uccellini».
«Diventare calciatore è stata una forzatura, continua Zigoni. Io amavo la campagna e odiavo gli allenamenti. Volevo solo giocare la domenica. Ma spesso mi annoiavo anche a giocare, ed ero contento quanto venivo squalificato. Il mio amico Vendrame, che era molto simile a me, sentiva molto la partita, era un emotivo. Io non sentivo la partita».
Non ho mai avuto paura degli avversari. E perché mai dovrei avere paura? Forse ho paura se mi affronta un leone o una tigre, non un uomo. Forse Dio mi fa paura. Più che paura, visto che ci credo, timore». Un inaspettato Gianfranco Zigoni, vecchia rockstar del calcio, si confessa apertamente ai microfoni de La Voce del Paròn, il podcast settimanale di Contrasti. Dall’oratorio agli amici, dalla stima per Best e Skoglund all’amicizia con Vendrame e De André. Una miniera d’oro di contenuti, dal calcio alla vita, dall’arte alla religione. Semplicemente Gianfranco Zigoni.