Ad Acireale è andato in scena un vero e proprio rito religioso.
Per Tommaso d’Aquino «sacramenta [sunt] propter homines»: i sacramenti sono per l’uomo, in vista dell’uomo, mirano quindi a creare un ponte di contatto tra l’alto (Dio) e il basso (l’uomo, appunto). Se Dio li ha voluti istituire, è solo perché è così che l’uomo apprende le cose naturali, e quindi eventualmente quelle spirituali. Come funziona questo ponte? Come può Dio comunicare con l’uomo attraverso i riti? La risposta sta nella domanda.
Il linguaggio simbolico-rituale infatti è quello che «dicendo ciò che vuol dire produce e comunica ciò che dice» (C. Rocchetta). Il linguaggio rituale (universale, come ha più volte sottolineato M. Eliade) non informa ma performa. E come i riti della chiesa hanno guidato l’Occidente per secoli, oggi avviene lo stesso in altri luoghi (dell’animo). Un esempio privilegiato è lo stadio di calcio.
In effetti, che il calcio sia l’unica religione che non ha atei (Galeano) o l’ultima rappresentazione del sacro (Pasolini), è cosa nota. Certo, che si arrivi a svolgere un vero proprio battesimo (del piccolo tifoso) all’interno della Curva, questa è solo l’estrema (e affascinante) conseguenza dell’eredità cultuale che il calcio ha fatto sua in Italia rispetto al contesto più strettamente religioso ed ecclesiale. È accaduto ad Acireale, Sicilia, dove il sacro tanto impregna le vite quotidiane da coinvolgere anche il rito domenicale della partita allo stadio.
Questa e le altre foto che trovate nel pezzo sono state prese dal profilo ufficiale della Curva Sud Jacopo Polimeni
Lo scorso fine settimana, in occasione della sfida contro la Sancataldese (terminata 0-0), la Curva Sud Jacopo Polimeni, una delle più belle e ricche di storia nel panorama della Serie D, ha invitato tutti i neo-papà e tutte le neo-mamme a “battezzare” i propri figli in Curva. Praticamente, l’incarnazione – o, la ritualizzazione – del concetto di padre in figlio . . .
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