Cosa è accaduto a Lazio v Torino? Intervista a Marco Anselmi.
Marco Anselmi è uno dei migliori giornalisti e conduttori radiofonici nel mondo Lazio. Non ama definirsi giornalista – si è disiscritto dall’Ordine per il troppo rispetto verso la perduta grandezza della categoria – e forse proprio per questo lo è davvero, più di tanti altri. Preferisce essere dipinto come “conduttore radiofonico e tifoso della Lazio”, ma il motivo per cui l’abbiamo contattato va al di là di tutte queste etichette.
Nel corso dell’ultima gara casalinga dei biancocelesti contro il Torino, è accaduto qualcosa di davvero spiacevole, che lo ha coinvolto – e lo coinvolge – intimamente: una bandiera della Palestina è stata rimossa dalla Digos tra primo e secondo tempo. Sventolava nel settore opposto alla Curva Nord, nei distinti accanto a quella che i laziali amano chiamare Curva Maestrelli per non sovrapporsi alla dialettica dei cugini giallorossi.
Marco, partiamo dall’episodio: cosa è accaduto, di preciso, alla fine del primo tempo di Lazio v Torino?
I ragazzi di Roaring Twenties per sensibilizzare l’opinione pubblica in merito al genocidio in atto a Gaza e in West Bank e dissociarsi dall’accordo siglato da Lotito con Maccabi Israel hanno deciso di portare delle bandiere palestinesi allo stadio. Un gesto di solidarietà e di amore nei confronti di un popolo che sta vivendo in regime di apartheid da ormai tantissimi anni e non dal 7 ottobre 2023. Una dimostrazione che non ha nulla di politico perché in una situazione come questa, la politicizzazione e la strumentalizzazione politica è la morte del concetto di solidarietà.
A qualcuno questa cosa non deve essere andata giù e delle persone in borghese (immagino della DIGOS o del servizio di sicurezza dello stadio) dall’interno del campo hanno intimato in malo modo di “levare quella cazzo di bandiera”. Da lì è nata una discussione: i tifosi hanno chiesto per quale motivo non si potessero esporre i vessilli ma gli stessi non hanno dato una motivazione se non: “Sono disposizioni, bandiera Palestina e Ebrea non possono entrare”. Che poi, qual è la bandiera EBREA?
Successivamente anche gli stewards del settore hanno chiesto, questa volta gentilmente, di rimuovere le bandiere. A quel punto si è creato un po’ di dissenso nei confronti di questa imposizione che grazie all’intelligenza dei tifosi si è risolta.
Marco, tu hai una storia particolare e difficile. Le tue origini, libanesi, si legano all’episodio drammatico che ha travolto la tua famiglia nel 1982: i bombardamenti da parte di Israele. In un’intervista hai dichiarato di andare allo stadio con la bandiera palestinese o libanese da almeno 4 anni, e non per ragioni politiche ma di umanità, per la tua vicinanza ad un popolo martoriato da un conflitto che dura da almeno 75 anni. Puoi dirci di più su questo punto?
Purtroppo la mia non è una storia particolare, ma è la storia di un ragazzo come tanti che vivono in Libano, Palestina e Siria. Io paradossalmente posso definirmi “fortunato” perché sono vivo e sono grato per essere amato dalla mia famiglia adottiva, ho una moglie e una bambina meravigliosa con sangue libanese. Ma molti ragazzini come me non ce l’hanno fatta allora e nel tempo. Vedere ogni giorno immagini di bambini uccisi dalle bombe israeliane è massacrante per il mio cuore, stanno distruggendo un popolo perpetrando una pulizia etnica e vogliono una deportazione di massa . . .