Oltre la spettacolarizzazione mediatica ultras-mafia-estrema destra.
Chi ci legge o segue da tempo lo sa: siamo stati fra i primi, quando ancora le inchieste non ne avevano scosso il mondo e le procure messo alla sbarra i rappresentanti, ad avanzare forti perplessità sul nuovo corso delle curve di Milano. Un tifo sotto forma di applicazione, come quella della “Curva Sud Milano-Banditi” scaricabile su iOS e Google Play, o di marchio depositato per l’#ultraswayoflife – Curva Nord Milano ®️, Secondo Anello Verde ®️ e CN69 ®️, tutti registrati dalla controparte nerazzurra. Gli ultras come membri di quella “società dello spettacolo” (e del profitto) che sembra via via aver inglobato ogni aspetto del reale e del simbolico.
Già qui una deriva che a noi, appassionati dell’ultimo grande movimento contro e sottoculturale rimasto, faceva un po’ storcere il naso, nel timore che rappresentasse il definitivo approdo commerciale di un mondo che a certe logiche aveva sempre resistito – e che, sdoganandole, rischiava di finire vittima dei suoi stessi interessi. Ma il peggio, all’epoca, doveva ancora venire. E qui dobbiamo fare una precisazione fondamentale.
Perché nel tritacarne mediatico e nell’approssimazione social-televisiva dell’inchiesta “Doppia Curva” tutto si confonde, e non si riesce più a distinguere tra #ultras e ultras, tra curva e singoli gruppi, tra la Sud e la Nord, tra vicende personali ed esperienze collettive, responsabilità individuali e reati associativi. Non si riesce ad esempio, per quanto riguarda i rapporti con le organizzazioni criminali, a tematizzare una differenza cruciale: sempre, soprattutto nella storia del tifo delle grandi piazze, alcuni ultras (anche di peso) hanno avuto legami, pure stretti, con esponenti della malavita. Una prassi inevitabile, per una lunga serie di ragioni.
Il problema, senza improvvisarci anime belle e moralisti utopisti, si concretizza quando quei legami determinano la gestione della curva. E qui passa tutta la differenza del mondo.
Per questo c’è da fare un po’ di chiarezza, partendo dalle carte e da quell’aggravante mafiosa che ad oggi è stata attribuita, ma solo ad una delle due curve: quella interista. Questo perché, al di là delle vicende personali, al di là della stessa associazione a delinquere (riconosciuta ad entrambe, ma vedremo come per la Sud quest’accusa sia discutibile), nel caso della Curva Nord è stata ravvisata una compromissione con la ‘ndrangheta strutturale, tale da giustificare quell’agevolazione mafiosa che, badate bene, non è un’aggravante come un’altra. Un sistema che si era strutturato grazie all’inserimento – ad opera di Ferdico e Beretta – dell’asso della ‘ndrangheta Bellocco, esponente di una famiglia a dir poco pesante in Calabria, nonché storico tifoso della Juventus (sic!) e della Reggina.
La Curva Nord, gli Irriducibili, il binomio (mediatico) mafia&neofascismo
Anche qui, rimanendo sulle carte, le testimonianze, le intercettazioni, si capisce come ad avere rapporti strutturali con la criminalità organizzata, ad aver fatto entrare la ‘ndrangheta a San Siro e nei gangli del business dello stadio (parcheggi, biglietti, merchandising, chioschi) sia stato un gruppo, siano state delle persone, non tutta la curva interista; persone che anzi hanno condannato la Nord a un’onta difficilmente cancellabile – nonché ad un destino, oggi, più incerto che mai. Per questo, sul punto, occorre mettere ordine . . .
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