Sabato 31 maggio 2025 non c’era solo la finale di Champions League. Quasi in contemporanea con la partita più importante dell’anno eravamo infatti in due parti diverse d’Italia, ugualmente identitarie: Arezzo e Padova. Con gratitudine, abbiamo risposto affermativamente alla chiamata di partecipazione attiva di due feste che ogni anno tirano le somme sulla stagione che è stata, guardando con la speranza che nei tifosi non muore mai all’anno che verrà: parliamo del Torneo del Pao, dove il nostro Michelangelo Freda, direttore responsabile di Rivista Contrasti, ha parlato insieme a Pippo Russo di squadre B, e dell’Appiani in Festa, dove il nostro direttore editoriale, Andrea Antonioli, ha discusso insieme ai tifosi del Padova (ma non solo) sulla magna quaestio “si può essere Ultras oggi?”.
La risposta a questa domanda è più ampia, sociologicamente e antropologicamente parlando, di quanto si possa pensare ad un primo e disincantato sguardo. Il tifo infatti non è un orpello dell’esistere quotidiano, ma una necessità dell’umano soprattutto in tempi come i nostri, poveri di contenuti e in astinenza d’aggregazione.
Ora, se il tifo è un’esigenza umana che attraversa le epoche storiche, in che epoca siamo? E come cambia il tifo, in questa epoca?
Il contesto sociale oggi è molto cambiato rispetto a quaranta, trenta ma anche rispetto a venti, dieci anni fa. Così è cambiato anche il ruolo dell’Ultras mentre, troppo spesso, il movimento non è stato in grado di leggere o di interpretare i mutamenti storici (ne avevamo parlato qui prendendo lo spunto dall’episodio del furto della pezza dei Fedayn e il tam-tam social sui numeri WhatsApp di mezza Italia).
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