Giacomo Manini
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Vi siete mai chiesti perché lo schieramento del calcio balilla è il 1-2-5-3? Immagino non sia una domanda che vi toglie il sonno, ma la risposta apre degli scenari davvero impensabili. Il metodo è la soluzione del quesito. Il metodo o WW, è un modulo di gioco che prevede lo schieramento di un 1-2-3-2-3. Negli anni dell’invenzione del biliardino (seconda metà degli anni ’30) la squadra più forte e vincente al mondo era l’Italia di Vittorio Pozzo. Indovinate un po’ quale sistema di gioco adottava?
Non c’è stato solo lo squadrone di Pozzo come precursore del gioco di posizione, ma anche l’Austria di Meisl e l’Aranycsapat, è stato poi successivamente razionalizzato dall’Ajax, l’Olanda e il Barcellona di Cruijff, dall’Ajax del 1995 di Van Gaal e dal Barcellona moderno di Guardiola e dei suoi predecessori. Squadre vincenti, piene di campioni e belle da vedere, tatticamente avanti, proprio perché la filosofia alla base del calcio posizionale è la superiorità. Il dominio delle partite è fondamentale per questo stile di gioco: se si vuole giocare così, non si può lasciare l’iniziativa agli avversari. Le squadre nominate, anche se in modi diversi, erano costantemente alla ricerca della superiorità in campo. Non tutti i calciatori sono compatibili con questa filosofia e non per questo non possono essere campioni. L’evoluzione non si deve fermare davanti a errori o sconfitte – tecniche o dirigenziali che siano – perché non è preventivabile quando arriveranno contemporaneamente i giocatori e gli allenatori in grado di migliorare ulteriormente questa filosofia di gioco, ma è certo che ci saranno. Il calcio posizionale non va solo attuato in modo meccanico, va capito, respirato, pensato e memorizzato.
Il gioco di posizione è in continuo cambiamento, ma la filosofia prevede dei principi base da seguire.
-Creare continue linee di passaggio libere attraverso la formazione di figure geometriche. Maggiormente triangoli sulle fasce e a centrocampo, quadrati e pentagoni quasi solo a centrocampo.
-Ci deve essere sempre un sostegno, uno/due appoggi centrali, due appoggi laterali e un vertice. Un discorso quasi rugbystico.
-Avere sempre due riferimenti larghi ed opposti alla zona di sviluppo. Per poter attaccare il lato debole.
-Continua mobilità ed interscambi posizionali tra i calciatori che partecipano al gioco di posizione. Senza ruoli da seguire in modo ortodosso.
-I giocatori devono essere disposti in differenti zone del campo, per facilitare la creazione di linee di passaggio.
-Il concetto del “servire l’uomo libero” è uno dei principi cardini, ma non gli si passa la palla tanto per passarla, anzi l’esatto contrario e se non si sa quando passarla e quando avanzare, il campo lo si vede poco. Con la conduzione di palla e l’impostazione del gioco dalla difesa, si porta la squadra rivale a salire per pressare e quindi sarà più facile servire giocatori liberi. Il possesso palla è funzionale per poter attaccare tra le linee difensive, gli half spaces.
-Nel gioco di posizione, il modo di attaccare condiziona il modo di difendere che a sua volta condiziona il modo di offendere degli avversari. Ad esempio, cercare di recuperare palla alta nelle squadre di Guardiola, ha una triplice (come minimo) funzione: 1) se si torna velocemente in possesso di palla si può attaccare una squadra più vulnerabile. 2) è molto più difficile subire contropiedi. 3) il tempo di recupero del pallone è inferiore usando una delle varie tipologie del gegenpressing.
-Nel calcio posizionale, il pallone, le posizioni, i giocatori e la squadra, viaggiano insieme.
Servono giocatori in grado di cambiare posizioni in campo senza problemi. Difensori che sanno giocare la palla e che riescono a passarla tra le linee (Otamendi/Boateng); esterni duttili, perché all’occorrenza devono saper puntare, correre senza palla e completare le azioni sul secondo palo (David Villa). Poi serve chi pensa calcio, possibilmente tutti, obbligatoriamente almeno 5-6. Il centrocampo spaziale del Barca di Pep, era la sublimazione di questo concetto. I vari Eto’o, Muller, De Bruyne, Henry, Iniesta, Robben, ecc. aiutano. Di Lionel preferisco non parlare, perché non ho studiato teologia. Come è facile intuire, questo tipo di giocatori non si ottiene soltanto mettendo sul piatto milioni su milioni, ma anche creando e migliorando in allenamento delle buone materie prime. Qualsiasi stile di gioco per essere attuato necessita di una certa tipologia di calciatori: questo forse ha bisogno di un bel numero di campioni, ma d’altronde come dice un mio amico: “Guardiola non allenerà mai lo Spezia” .
Guardiola odia la definizione che è stata attribuita al suo gioco, ma perché? Semplice, la filosofia del gioco di posizione come abbiamo visto prima, ha come obiettivo la superiorità, che deve essere raggiunta nel modo migliore possibile. Secondo l’allenatore del Manchester City il possesso palla prolungato è la soluzione, per altri allenatori del passato non lo era. Il Tiki Taka viene visto come “possesso palla fine ultimo del gioco”, ma il fine è sempre e solo uno: vincere le partite.
“Io cerco di capire i punti deboli della squadra avversaria e lì metto i miei giocatori più skillati” (Guardiola).
Partendo da questa citazione, come si può pensare che i ruoli abbiano ancora senso di esistere? Certo non tutti la pensano come Pep, però su questo concetto è difficile dargli torto. Esempio: se gioco contro due difensori centrali lenti e due terzini molto veloci, i miei giocatori d’attacco veloci e in grado di attaccare lo spazio, li voglio vicino ai terzini o ai difensori centrali?
In questa immagine si notano molte cose: la prima è che Ribery e Robben sono in mezzo al campo e non sulle fasce. Avendo questi due calciatori in quelle posizioni, Xabi Alonso prende giustamente posizione più defilata, per far salire Boateng e creare una coppia alle spalle di Frank e Arjen. Un altro motivo del movimento dello spagnolo è che in quella fase di gioco, Lewandoski non ha bisogno di creare situazioni di terzo uomo con Xabi (schema classico del Bayern di Pep), perché ha un quadrilatero che lo supporta: Gotze, Muller, Ribery e Robben. Un’altra particolarità che si vede è che gli esterni offensivi sono al centro del campo e quindi tocca a Bernat e Rafinha allargare il campo e dare ampiezza alla manovra. Tutto questo in una sola fotografia di una fase di gioco di una singola gara, peraltro non così importante.
Nella storia del fùtbol è pieno di giocatori duttili o senza un ruolo definito. Negli ultimi anni però non solo ne sta aumentando il numero, ma gli allenatori li richiedono alle società in ogni finestra di mercato. Non si tratta di avere un coltellino svizzero pronto all’uso, bensì di avere vere e proprie armi tattiche, perché non è importante l’etichetta di mediano, seconda punta o terzino, ma ciò che si fa in campo. Se un allenatore ha un Bonucci o un Piquè in difesa, sicuramente cercherà di coinvolgerlo anche nell’impostazione; come se ha Neymar o Pogba, cercherà di creare le situazioni per giocare degli 1 vs 1 e così via…
Gareth Bale è il prototipo del perfetto calciatore che verrà. Non saranno tutti come il gallese fra 30 anni, però ce ne saranno sempre di più come lui. Il paragone con LeBron James in questo aspetto, viene naturale se si conoscono entrambi. Un altro paragone tra calcio e basket per capire di cosa parliamo, è quello fatto da Federico Buffa tra falso nueve e strech four.
Le statistiche di Gareth nelle diverse annate, nelle quali ha cambiato posizioni e compiti in campo, sono cambiate. Giocando più alto e cercando di portarsi più al centro del campo, il gallese ha aumentato tiri e gol, ma è calato in takle e cross. Questo lo si deve anche alle differenze fra Premier League e LaLiga, dove i takle, ad esempio, sono usati in maniera opposta. Altri dati però sono rimasti simili, se non uguali per Bale, come key passes e dribbling, come mai? Semplice, il motivo è che Bale ha delle caratteristiche mutevoli, ma l’indole del giocatore non svanisce e quindi in certe situazioni di gioco, ovunque si troverà in campo, lui ripeterà sempre la stessa azione. Il calcio ha dimostrato, non solo nel suo caso, di essere materia plasmabile e non fissa, perché altrimenti l’attuale numero 11 del Real Madrid avrebbe fatto il terzino per vent’anni e non sarebbe mai diventato Mr. 100 milioni. Gareth Bale è solo uno dei possibili esempi, anche se uno dei pochi destinati a cambiare il gioco. Questo accadeva fin dai tempi della scuola, quando l’insegnante di educazione fisica gli vietava di toccare la palla col piede sinistro perchè era troppo più forte degli altri. “Ala, veniva schierato generalmente sulla destra, ma non era raro un suo impiego come centrocampista di destra. Schierato titolare come punta centrale in una finale di Champions League”. Non è importante il nome del giocatore, la sua breve descrizione lo è.
Il concetto della pausa. Spesso vediamo squadre super veloci che si affrontano con continui contropiedi, giocatori che corrono tanto, senza troppa qualità. Talvolta il restare fermi, rallentare il gioco e ripartire, piuttosto che correre senza cognizione di causa, può essere più efficace anche se meno spettacolare. E’ inutile proporre dieci azioni offensive in contropiede 2 vs 6 quando la percentuale di efficacia rasenta lo zero; è meglio fare tre azioni con più possibilità di realizzare una rete. C’è da dire però che nel calcio l’obiettivo non è solo il gol. Certo non valgono come una finalizzazione, ma anche un calcio di punizione conquistato o un cartellino ad un avversario, sono dinamiche che possono squilibrare i valori in campo. Un maestro nell’arte dell’attendere e posticipare l’azione offensiva è Don Andres Iniesta, che non è insolito vedere fermo immobile con il pallone tra i piedi, in attesa o del pressing avversario o del giusto posizionamento dei compagni. Il pressing è la principale tattica difensiva (o offensiva dipende dai punti di vista) che usa chi gioca il calcio posizionale. I primi a mostrare al mondo il counter pressing o gegenpressing sono stati gli olandesi dell’arancia meccanica.
Qui invece prendiamo le due squadre allenate da Guardiola. Il Barcellona prima, il Bayern Monaco poi
Angel Iturriaga parlando dell’impostazione dal basso ha detto: “Guardiola ha portato alla sublimazione il gioco di posizione. Ha introdotto varianti nell’uscita dalla difesa che La Volpe non avrebbe mai nemmeno immaginato.” La salida LaVolpiana infatti si è evoluta col tempo, arrivando ad essere camaleontica: la si gioca in campionati molto differenti tra loro. I trascorsi messicani di Guardiola sono stati fondamentali per apprendere questa chiave tattica. I falsi terzini, l’uso del portiere come vertice arretrato, l’intercabialità tra difensori e centrocampista (vista ad esempio nel primo United-City della stagione). Non sono situazioni inventate interamente da Pep, ma lui le ha migliorate e applicate.
Il vertice alto può cambiare
El loco Bielsa, in “salir jugando”
Partire a impostare l’azione dal basso non ha solo dei vantaggi. Innanzitutto provarci senza avere i difensori adatti è un totale suicidio; secondo poi, in caso di palla persa all’inizio dell’azione, si creano uno contro uno che possono risultare esiziali. Per evitarli servirebbe mettere un giocatore in più a centrocampo/difesa per dare copertura, ma così facendo si ingolferebbero le linee di passaggio e trovare un uomo libero (magari tra le linee) sarebbe missione quasi impossibile. Guardiola opta per il rischio dell’uno contro uno la quasi totalità delle volte, Tuchel spesso è di altro avviso, ma dipende anche dai giocatori a disposizione.
Per padroneggiare il gioco di posizione, ci sono numerosi allenamenti specifici. Si fanno dei classici “torelli” a un tocco per migliorare la qualità e la velocità dei passaggi.
Un altro gioco che si vede spesso negli allenamenti delle squadre che propongono calcio posizionale è il seguente.
Di quest’ultimo allenamento, sono state inventate molte varianti, come il 3 vs 3 +2, oppure il giocare con delle sponde o con l’obiettivo della conquista territoriale. Se ne potrebbero citare altri centinaia di questi metodi d’allenamento, poiché Flavio Costa, Raul Caneda (talento sprecato IMHO), Louis Van Gaal, Juan Manuel Lillo, Johan Cruijff, Pep Guardiola e molti altri, si sono sbizzariti nel corso del tempo. Eseguendo correttamente e ripetutamente questi schemi, i risultati potrebbero essere questi:
Nei dati della prima tabella si fa riferimento all’anno prima di Guardiola e agli anni con lui. Da notare che l’anno prima dell’arrivo dello spagnolo ex blaugrana, il Bayern aveva fatto il triplete. Nella seconda tabella di dati, la colonna di destra fa riferimento all’anno del titolo e non a quello immediatamente precedente a Pep per vedere le differenze con un’annata vincente. Contrassegnato dalla stellina il dato migliore.
Il calcio posizionale ha cambiato e sta cambiando il gioco così come lo conosciamo. I ruoli fissi stanno scomparendo a favore di giocatori in grado di adattarsi a una filosofia prestabilita, questa sì fissa, ma che prevede più moduli di gioco e più schemi per ottenere la superiorità. Pep Guardiola è un innovatore, perché studia minuziosamente la storia del calcio. Non sempre ha ragione e non deve per forza piacere il suo gioco, ma la sua importanza all’interno della storia non gliela toglierà mai nessuno. Vi ricordate del modulo del calcio balilla? Guardate un po’ chi lo ha ri-usato a distanza di 90 anni?