Dopo l'Apoel, contro il regime greco.
Era il maggio del 1948 quando l’APOEL Nicosia inviò un telegramma alla SEGAS (Associazione di Atletica e Ginnastica della Grecia), affermando che il club storico della capitale, fondato nel 1926, avrebbe provveduto ad espellere gli atleti che si erano rifiutati di firmare una dichiarazione di stampo nazionalista e di aperta affiliazione verso il governo. Il calcio come strumento di soft (hard) power, vecchia storia. Non tutti erano però d’accordo con questa presa di posizione imposta dall’alto. I dissidenti andavano allontanati, nonostante nello statuto del Club fosse presente la “neutralità politica”.
Pochi giorni dopo, ad inizio giugno, i cinque calciatori espulsi dell’APOEL, trovandosi impossibilitati a giocare a causa del rifiuto politico, decisero di fondare una squadra in cui queste regole di appartenenza non fossero necessarie, e nella quale fosse consentito opporsi ai sempre più crescenti – e violenti – spiriti dell’estrema destra greca e cipriota. Nasceva l’Athletic Club Omonoia Nicosia, la squadra del popolo (letteralmente dell’“unione” dal greco Omonoia), fondata dall’azionariato dei tifosi che in assemblea votarono l’elezione del primo presidente. Ben presto il partito comunista si stabilì all’interno del consiglio direttivo, e gestì le sorti della squadra fino ai giorni nostri, o quasi.
Nel 1948 la federazione cipriota, in ottemperanza alle severe regole filogreche, non poteva però accettare la nuova squadra nella propria lega. La politica stava entrando nel mondo del pallone, e non se ne sarebbe più andata. L’Omonoia alla sua creazione era quindi vista come un manipolo di dissidenti per le autorità dell’epoca, ma vogliosi di giocare a calcio. Gli atleti con il supporto dei tifosi e dei partiti di sinistra diedero vita ad un campionato parallelo, fondando la Federazione dei Calciatori Amatori Ciprioti: nel dicembre del 1948 la scissione aveva portato alla creazione di un campionato non riconosciuto, composto da sei squadre, con tanto di coppa.