La storia di Daniele Massaro. Giocatore tuttofare, uomo della provvidenza.
“Provvidenza” è il termine che teologicamente indica la sovrintendenza di Dio, che porta a compimento il destino degli uomini. “Provvidenza” è anche l’appellativo dato dai tifosi milanisti a Daniele Massaro all’inizio degli anni novanta, e non è difficile capirne il perché. Come la forza divina percorre vie umili e insospettabili, quasi invisibili, prima di palesarsi all’ultimo per indirizzare situazioni difficili, al limite dell’impossibile, anche lui ha sempre tenuto un profilo basso, operaio, da giocatore tuttofare, salvo poi scoprirsi decisivo nei momenti più caldi.
Massaro nasce a Monza nel 1961, vicinissimo al luogo in cui diventerà Provvidenza, ma lontano da quello in cui si farà uomo. In Brianza arrivano i primi calci al pallone e le giovanili nella squadra della sua città, con cui, appena diciottenne, esordisce in Serie B. Due anni dopo, nell’estate del 1981, passa dal Monza alla Fiorentina in Serie A, dove impiega poco tempo a ritagliarsi un posto titolare in una squadra sorprendente, che arriva fino al secondo posto in campionato.
È a Firenze che inizia a farsi apprezzare ad alti livelli, tanto da meritarsi persino la Nazionale di Bearzot in sei occasioni, fra il 1982 e il 1986. Gioca prevalentemente come mediano di spinta, ma in un campionato di rose corte e numeri variabili come quello dell’epoca riesce a mettersi in luce nei ruoli più svariati, a seconda di assenze e necessità. In poco tempo, Massaro diventa un jolly preziosissimo, un tuttofare che fa della duttilità e della velocità la sua arma migliore.
Così, quando nell’estate del 1986 lo cerca il Milan, lui è già un giocatore affermato. Non è, però, un fuoriclasse, uno da copertina; soprattutto, non è ancora provvidenziale. Ovvio quindi che quando Berlusconi lo acquisti, sborsando l’allora cifra record di quasi 7 miliardi di lire, i pareri siano controversi. In superficie, c’è chi dice che Massaro non valga la cifra spesa, in quanto si tratta soltanto di un ottimo mestierante; in fondo, c’è chi vede nel suo esoso acquisto l’emblema di come stia cambiando il calcio, dedito a spese folli anche per acquisti minori.
In ogni caso, la prima stagione al Milan, quella 1986-1987, conferma quanto di buono visto alla Fiorentina, tanto che, finito nel frattempo sulla fascia sinistra, Massaro si mostra subito decisivo. A maggio, dopo la sostituzione in corsa di Liedholm con un giovanissimo Fabio Capello, il Milan si gioca lo spareggio per la Coppa Uefa, contro la Sampdoria di Boskov. Un obiettivo, la presenza in Europa, che per Berlusconi è fondamentale. Ci pensa Massaro, con un colpo di testa ai supplementari, a sbloccare un match tesissimo. 1-0, Milan in Europa e Provvidenza che batte il suo primo colpo. L’operaio duttile, il corridore di fascia, per quel pomeriggio, è un eroe.
Massaro bussa una prima volta
Potrebbe essere l’inizio di una favola, ma non sarà così. L’estate del 1987 è, infatti, quella in cui cambia tutto: arriva Sacchi, e con Massaro i rapporti non saranno idilliaci. Il monzese finisce fra le riserve, per tornare in campo solo in caso di assenza di qualche titolare. Fra il 1987 e il 1991 gioca da centravanti e da ala, da titolare e da subentrante, rispondendo ad ogni chiamata. Gioca spesso, ma lo fa sempre da alternativa, solo quando mancano i vari Donadoni, Evani, Gullit e Van Basten e viene persino rinnegato, finendo un anno in “esilio” alla Roma (1988-1989).
Poi però la ruota gira: nel 1991 al Milan torna Capello, con cui Massaro cinque anni prima aveva condiviso il trionfo dello spareggio Uefa e che nutre per lui grande stima. La fama è ancora quella di duttile sacrificatore, di tappabuchi di lusso, ma la fiducia che Don Fabio nutre per lui si rivelerà decisiva. È il 18 aprile 1992 e a Milano si gioca un derby decisivo per la fuga verso lo scudetto. Quando tutto sembra spegnersi, all’89esimo arriva Massaro, decisivo: ancora di testa, ancora 1-0, stavolta sull’Inter. Stavolta, per i milanisti, la gioia è doppia: oltre al derby vinto, c’è anche la fuga scudetto decisiva.
Il colpo di testa che decide il derby del 18 aprile 1992
Dopo aver percorso un giro lunghissimo, fatto di sacrifici e di stagioni rinnegate, la provvidenza alla fine è arrivata, ha battuto il suo colpo decisivo, instradando il Milan verso il tricolore. Ma è solo l’inizio di una serie di rivincite personali, che porteranno i rossoneri ad altri grandissimi trionfi. Nelle stagioni successive, nonostante una rosa con vari campioni là davanti (Papin, Savicevic e lo stesso Gullit), quando Van Basten si eclissa a causa dei problemi fisici, per Capello il centravanti titolare diventa Massaro, il cui trascorso a tuttocampo sembra un lontano ricordo ora che gioca stabilmente sotto porta. Per i tifosi diventa ufficialmente Provvidenza; lui li ripaga a suon di gol insperati, in momenti che sembrano stregati, che valgono altri due scudetti.
A 32 anni vive una seconda giovinezza, la prima da centravanti puro, tanto che nel 1993-1994 si laurea addirittura capocannoniere dei rossoneri, con 16 gol stagionali. Quasi tutti nella seconda parte di stagione, quasi tutti quando nessuno se l’aspettava più. In assoluto, le due reti più importanti – della stagione e della sua carriera – arrivano la sera del 18 maggio 1994. Si gioca Milan – Barcellona ed è la finale di Champions League sulla carta più difficile per i rossoneri, falcidiati da infortuni e squalifiche. Gli spagnoli ci credono, ma non hanno fatto i conti con Massaro: doppietta, 4-0 finale e trionfo milanista.
Provvidenza ha trascinato ancora i rossoneri, stavolta nella loro partita più importante. A fine partita i riflettori sono tutti per lui, per questo centravanti prossimo ai trentatré, che era partito come tappabuchi di qualità, era stato rinnegato e ora vive da protagonista una delle più grandi imprese europee di una squadra italiana.
La favola di Massaro potrebbe anche concludersi qui, ma c’è ancora un’ultima rivincita da prendersi, l’ultimo cerchio da chiudere. Perché la provvidenza parte da lontano, si muove sottotraccia, a volte sembra perdersi, ma arriva sempre a destinazione. Si gioca Usa 94 e Sacchi stavolta non può fare a meno di convocarlo, in veste di centravanti. Dopo anni è di nuovo Nazionale, è di nuovo Sacchi.
Con l’Italia, il monzese ripete la parabola già intrapresa nei club: inizia come riserva dei più scintillanti Signori e Casiraghi, ma diventa ben presto titolare, segnando anche il gol decisivo per il passaggio agli ottavi contro il Messico, a due minuti dal suo ingresso in campo. Gioca insieme a Roberto Baggio, che è la vera star del mondiale, fino alla finale sciagurata di Pasadena, dove sarà anche uno dei rigoristi della lotteria finale. Sbaglierà – insieme a Baresi e allo stesso Divin Codino – e alla fine sarà un amaro secondo posto, anticamera di un’ultima stagione al Milan e della tranquilla pensione nipponica, allo Shimizu S-Pulse. Per lui, per il momento, può andar bene così.
Negli anni, Massaro è sempre rimasto in orbita Milan, lavorando a lungo nel settore delle pubbliche relazioni rossonere. Chissà che prima o poi non possa ancora trascinare il Milan al successo. Del resto, si sa, la provvidenza batte sempre strade silenziose e insospettabili.