Il nuovo calcio è il nuovo mondo (di rincoglioniti e mitomani).
Signori cari buongiorno. C’è una cosa, ve lo dico, che ultimamente non mi fa dormire la notte. Non è l’insonnia che mi porto dietro da tempo immemore, e neanche la crisi climatica che, a sentire Fanpage e i report dell’ONU, non è neutra rispetto al genere, colpisce più le donne che gli uomini – pure il clima patriarcale roba da matti come la guerra, il lavoro, lo sport, la vita.
Non è il Priot, una componente all’interno del Pride che si autodefinisce “CUCCIOLATA TRANSFEMMINISTA QUEER – in solidarietà con la resistenza palestinese”, e neppure Bibi che consegna a Donald la candidatura al Nobel per la Pace mentre l’esercito israeliano ammazza i bambini in fila per pane e acqua (hanno detto che è stato un incidente però, allora ok), non è il documentario autoprodotto dal Marsiglia in cui De Zerbi pare un incrocio tra Steve Jobs e Guardiola e neppure la canzone della youtuber Rita De Crescenzo, ormai pronta a diventare Ministro del Turismo in quota 5 Stelle.
Diciamo che è un po’ tutto insieme, la volgarità del nostro mondo moderno che mi schiaccia, angoscia, non mi lascia respirare, ma a cui se dovessi dare un volto beh, non avrei dubbi, soprattutto in questo periodo: il turista.
Sì perché siamo nel momento in cui il già di per sé squallido cittadino occidentale, nel resto dell’anno impegnato in tante cose e cause, si trasforma nella forma definitiva, più arrogante e perfetta di imbecille, quel turista che pensa di conoscere il mondo solo perché prende uno zaino, un aereo e va in Messico o in Thailandia negli stessi locali in cui andrebbe a Milano a fare le medesime cose che farebbe a Milano, cambia giusto l’ambientazione un po’ più wild – ma pure quella nei nuovi locali fusion meneghini è tutto un proliferare di giungle, vegetazioni e lucette caruccette.
Come dice il mitico Dario Fabbri parliamo di un cretino totale che replica i propri schemi ovunque vada, gira la superficie di un mondo plasmato a sua immagine e somiglianza, non sa niente di niente dei posti in cui va né della gente che incontra, parla inglese credendo che chiunque lo faccia e torna dal “viaggio” identico a come è partito, con una sequela di foto/storie Instagram e magari di experience accumulate . . .