Paolo Condò ci racconta i diciotto giorni di fuoco in cui Guardiola e Mourinho si affrontarono per ben quattro volte.
Lo sport è il campo di battaglia in cui è ancora possibile celebrare la diversità. In un mondo in cui l’omologazione è sempre più magmatica quel campo da calcio, da tennis, quella piscina, quella pista sono terreni fertili in cui piantare la propria concezione dell’esistenza. Perché se è vero che l’obiettivo è unico e comune a tutti gli sportivi – la vittoria finale – è altrettanto vero che spesso è nel “come” che si agitano peculiarità affatto diverse. Quel come è molto più di un percorso che esita in una vittoria; chi compete ad alti livelli vuole anche avere ragione, imponendo la propria Idea come Strada Maestra, come filosofia di vita. Come Verità. Ma ogni Idea per affermarsi necessita del suo esatto opposto; ha nella controspinta il suo principale fertilizzante. La storia dello sport è ricca di scontri del genere, di duelli tra personalità completamente differenti.
Come non pensare a Coppi e Bartali, Senna e Prost, Ali e Foreman, Federer e Nadal. Sfide all’ultima diversità che non hanno determinato solo vincitori e vinti, bensì dei veri e propri partiti che hanno offerto agli appassionati degli elementi identitari in cui riconoscersi per evadere dall’appiattimento del quotidiano. Sebbene sia uno sport di squadra, anche il calcio ha conosciuto un periodo particolarmente florido dal punto di vista “duellistico”. Tutto è avvenuto nell’aprile del 2011 in una concentrazione temporale di diciotto giorni, in cui Real Madrid e Barcellona tra Liga, Copa del Rey e Champions League si sono affrontati ben quattro volte. Ce ne parla Paolo Condò in Duellanti, libro uscito nell’estate del 2016. A catturare l’attenzione del giornalista triestino non è stata tanto la rivalità storica tra blancos e blaugrana, né l’eterna sfida tra Messi e Cristiano Ronaldo per il trono di miglior giocatore al mondo; i protagonisti assoluti delle 217 pagine sono Mourinho e Guardiola.
Testimone oculare degli avvenimenti che in quei diciotto giorni infiammarono il mondo del calcio e ispirato dal film I Duellanti (1977), opera prima di Ridley Scott con Harvey Keitel e Keith Carradine, Condò confeziona un capolavoro di letteratura sportiva da leggere tutto d’un fiato. Un vero e proprio viaggio nella psiche di due grandissimi personaggi che sono agli antipodi, e che proprio per questo hanno bisogno l’uno dell’altro per testare la validità della propria concezione: la ricerca dell’assoluto, in Guardiola; l’esaltazione del relativo, in Mourinho. La rivoluzione contro l’accettazione. Capitolo dopo capitolo ci si rende conto che lo scontro è totale e che gli avvenimenti di campo ne sono solo una parte, in quanto a sostanziare il duello contribuiscono anche le conferenze stampa che precedono e seguono le sfide, relegando il risultato finale quasi a un ruolo marginale.
Proprio come il film di Scott, Duellanti spicca per raffinatezza di stile, con la differenza che Condò non ha potuto avvalersi di un direttore della fotografia: aveva solo la penna a disposizione. E che penna! Un oggetto che in mano al giornalista diventa proteiforme. Passa dall’essere una revolverata, quando ci rappresenta i famosi “Porqué?” esplosi dal portoghese in conferenza stampa, all’essere remo, quando in una sorta di viaggio in mare aperto ci racconta il gioco sublime del Barcellona; passando anche per essere un gelato, vista la felicità quasi bambinesca che esprime quando ci parla del suo incontro con Guardiola. Ma la penna di Condò è anzitutto una spada che gli consente di vincere senza appello il suo personalissimo duello. Quello con il lettore.