Da Antonio Giordano a Mario Sconcerti, il giornalismo sportivo italiano sta in gran forma.
Un emozionantissimo duello per lo scudetto. A pochi giorni dalle magre (Juventus) e magrissime (Napoli) figure rimediate in Europa, i bianconeri battono col minimo scarto un Torino ardito come Fracchia quando entra nella stanza del Direttore, e gli azzurri fanno altrettanto per piegare in casa quell’Invincibile Armata di nome Spal. Stiamo assistendo a un campionato dominato da due squadre che, in questa fase della stagione, mostrano la verve di un film di Tarkovskji. Ma che nonostante ciò hanno fatto il vuoto dietro sé. Sarebbe una sentenza definitiva sul livello generale della Serie A, e tuttavia i media dipingono con toni epici questo duello in stile gotta vs artrosi. Su questo tema del confronto il Corriere dello Sport-Stadio ha costruito il primo sfoglio dell’edizione andata in edicola lunedì 18 febbraio. E lì campeggiava l’articolo su Napoli-Spal, firmato dal Vate del giornalismo sportivo italiano: Antonio Giordano. Così iniziava l’articolo:
“E alla fine, vissero (egualmente) tutti felici e contenti: perché ci sono partite sporche, apparentemente digeribili e invece perfide, in cui il rischio è inversamente proporzionale al coefficiente di difficoltà. Napoli 1, Spal 0: è ciò che resta di un’ora e mezza inconsueta, in cui la Grande Bellezza evapora e lascia che le emozioni galleggino a intermittenza”.
E se una partita è “sporca, apparentemente digeribile e invece perfida”, potete capire quanto sia necessaria una penna ispirata per raccontarla.
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Partire con un frammento di Antonio Giordano mi è parso indispensabile non soltanto perché è sempre cosa buona e giusta omaggiare il Vate, ma anche perché bisognava arrivaste con la mente fresca all’impatto col pensiero di Mario Sconcerti. Che è ormai massimo teoreta della Dialettica tra l’Io e il Me come dinamica per la realizzazione dello Spirito Assoluto. Una vera filosofia ségheliana. Ciò che ha scritto a proposito del Napoli, nell’edizione del Corriere della Sera di lunedì 18 febbraio, cambierà per sempre il nostro modo di leggere il calcio. Nel senso che da quel momento in poi possiamo tranquillamente darci all’autoerotismo tantrico in grotta appenninica. Ecco uno dei frammenti cruciali:
“Nel caso del Napoli non si può dire niente. È una squadra perfetta come un cubo, ma deve rimanere dentro il quadrato, non è altre cose”.
E invero questo passaggio dalla geometria piana alla geometria solida sarebbe un tradimento dell’idealismo in favore del materialismo. Una cornificazione filosofica della quale il dottor Séghel deve avere provato immediato pentimento. Tant’è che poche righe sotto ha dovuto piazzare una supposta di pensiero puro, d’astrazione massima, per ristabilire l’equilibrio fra Idea e Materia:
“La vastità è una quantità politica, non è misurabile ma è estremamente conseguente”.
Non posso interpretare ciò che dice uno dei massimi pensatori del nostro tempo. Non sono all’altezza di misurarmi col Pensiero che si fa Motore Primo. Però immagino il titolo del prolegomeno di filosofia ségheliana, un agile volume di 947 pagine prossimamente in libreria:
Ellissi sbiriguda come fosse Antani delle Trabalze
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Su Tuttosport del 19 febbraio, come era prevedibile, ampio spazio era dedicato al derby torinese. A pagina 2 è stato costruito un confronto a due voci fra un giornalista di parte juventina, Guido Vaciago, e un cronista di parte torinista, Andrea Pavan. Un paio di passaggi scritti da quest’ultimo valevano il prezzo del giornale. A cominciare dal seguente:
“Ieri, sul fronte granata, s’è visto soltanto inanismo e, volendo, si può comprare una vocale”.
Ecco il Pavan che brillava qualche anno fa. Se n’era persa traccia. E che non si tratti d’un passaggio episodico è confermato da un frammento successivo, in cui il corsivista parlava della superiore verve dei calciatori bianconeri:
(…) Bernardeschi che, con la sua capacità di riciclare ogni palla intercettata in una ripartenza filante col contagiri (…).
Riciclare ogni palla intercettata in una ripartenza filante col contagiri. Occhio Antonio Giordano, che qui qualcuno può insidiarti.