Elogio di un uomo dal talento disumano.
Se è vera l’antica gelosia degli dèi greci per la caducità degli uomini, Mario Balotelli ha più di un nemico al di là del cielo. Caducità, infatti, non significa mortalità ma beatitudine nel desiderio, felicità nell’istante, pianto nella paura. Cosa significa, la vita, se non meraviglia di fronte a ciò che sfugge? E cosa significa l’immortalità degli dèi se non il terrore che la ripetizione dell’esistenza sia in sé una pericolosa contraddizione? Mario Balotelli è il Re della caducità. È alto, bello e intelligente. Ma è, al contempo, insicuro, ferito e vulnerabile.
Attaccarlo è stato, in questi lunghi quattordici anni – perché il mito di Mario Balotelli inizia nel 2009, l’anno preludio all’Inter del Triplete –, l’esercizio di stile preferito di una stampa moralista, borbottona e tutto meno che empatica. Non a caso, forse, il giornalista che ha avuto il coraggio di prenderne le difese è anche l’unico contemporaneo che può sedere al fianco dei maestri del passato, dei Brera e degli Arpino: Gianni Mura. «Tu non gli chiedere quello che non può dare, cantava Luigi Tenco in Ragazzo mio. Si riferiva all’amore, ma vale per chiunque, Balotelli compreso. Lo difendo, in questo caso, perché in una battaglia, di civiltà e culturale, si possono arruolare solo volontari consapevoli e motivati, altrimenti è un’operazione di facciata. Sarebbe utile Balotelli come testimonial? Sì, a patto che ne sia convinto», scriveva Mura su La Repubblica il 15 ottobre del 2013.
Nello specifico, la “battaglia” a cui si riferiva Mura era quella contro la Mafia. Balotelli, citato come simbolo anticamorra dalla Rosea per una partita che la nazionale avrebbe giocato nel comune di Quarto in un campo confiscato alla malavita organizzata, aveva risposto al giornale con toni sgrammaticati ma sinceri: «Questo lo dite voi! Io vengo perché il calcio è bello e tutti devono giocarlo dove vogliono e poi c’è la partita!», dimostrando di fregarsene altamente dell’immagine di giocatore/sportivo-impegnato. Questo per noi è un grande merito: ammiriamo infatti la franchezza di un ragazzo rimasto bambino mentre il mondo lo voleva adulto. Al contempo, quindi, detestiamo i ritratti del ‘Balotelli cresciuto, finalmente maturo’. Al diavolo, fandonie pericolose!
A 16 anni, quando […]