Nuove frontiere del giornalismo in Gazzetta: l'intervistatore-sponsor.
Il prodotto tanto atteso è infine planato nelle edicole sabato 28 ottobre. Parlo di Sportweek, il magazine settimanale della Gazzetta dello Sport che veniva annunciato tutto nuovo nella veste grafica e nei contenuti. E per chi segue sin dal primo numero il supplemento sabatino della rosea le aspettative erano enormi, tutte legate a gravi interrogativi. Fra questi il principale era: riusciranno a strappare anche una sola pagina d’informazione a quella sarabanda di pubblicità e marchettoni? La risposta è stata chiara e immediata fin dalla copertina, che annunciava un’intervista a Gianluigi Donnarumma. Un bel contenuto giornalistico, avrà pensato chi soppesava fra le mani il fascicolo. Salvo poi scorrere le pagine e scoprire che a intervistare il portiere del Milan era non un giornalista, bensì Renzo Rosso. Che attraverso il marchio Diesel è sponsor del Milan. Sicché rassegnatevi: cambiano le grafiche e le stagioni, ma quel magazine rimane inesorabilmente Spot-Week. E a certificarlo era la didascalia che accompagnava la foto di Renzo Rosso, in cui si rintracciava l’informazione cruciale dell’intero servizio da 7 pagine: “Tutti i capi indossati da Donnarumma in questo servizio sono di Diesel”. Come potrete immaginare, ne è sortito un esemplare pezzo di giornalismo post-informativo, contrassegnato da una serie di passaggi memorabili. A cominciare dal seguente scambio:
Contro la Juve ritrovi il tuo modello e idolo Buffon. Perché è il più forte di tutti?
R. – Perché è la storia del calcio dentro e fuori dal campo.
Ok, ma perché è il più forte?
Questo scambio così surreale è stato soltanto l’inizio d’una chiacchierata ricca di passaggi del medesimo tenore. Molti dei quali vedevano l’intervistatore-sponsor impegnato a intervistare se stesso o a raccontarsi. Come quello in cui Donnarumma dice che una delle sue partite migliori è stata quella di un anno fa a Doha in Supercoppa Italiana contro la Juventus, e Rosso ribatte: “C’ero! Ero in mezzo agli emiri, tutti vestiti di bianco, ognuno seduto sulla sua poltrona“. E il siparietto dell’intervistore-sponsor che fa una domanda e si risponde usando l’intervistato come sponda va avanti a più riprese. Eccone un altro saggio:
Tu sei uno che racconta barzellette? Preferisci raccontarle o ascoltarle?
R. – Mi piace ascoltarle.
Non le racconti? Neanche io. Senti, secondo te un uomo può essere amico di una bella donna senza avere secondi fini?
R. – Direi di sì.
Secondo me è difficile (ride).
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E poi ancora:
Io penso di aver sbagliato tante cose nella vita, ma dagli errori si impara. Tu sei pentito di qualche scelta fatta?
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C’è anche spazio per un liscio clamoroso messo a segno dall’intervistatore:
A social come andiamo?
R. – A volte li uso tanto, a volte poco.
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A quel punto un giornalista minimamente informato avrebbe rammentato al portiere milanista la grottesca storia del suo account Instagram, e del presunto hackeraggio cui era stato attribuito un commento pro-Mino Raiola nei giorni del conflitto col Milan per il rinnovo contrattuale. Ma Renzo Rosso fa mica il giornalista? Nossignori, lui fa l’intervistatore-sponsor, e in questo ruolo piazza con somma modestia la sola domanda che contasse davvero lungo tutta la cosiddetta intervista:
Io invece sto cambiando il mondo della moda: va bene il classico, ma voglio modernizzare l’idea stessa di abbigliamento. E poi, Gigio, non dirmi che non indossi i jeans Diesel!
R. – (ride) Sicuramente!
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E fra una risata e l’altra, tali e quali a quelle registrate delle sitcom, possiamo passare a altro. Ma non prima di avervi inflitto una telepromozione di materassi a acqua.
Su Tuttosport del 30 ottobre, Marco Bonetto ha così iniziato il suo articolo sulla gara vinta 2-1 dal Torino contro il Cagliari:
“Panato, Mihajlovic: come una fettina solo da cuocere a un certo punto. Ma poi risorto, dopo essere passato per un tritacarne. Più che altro, dopo essere finito in Barella, visto chi aveva segnato per il Cagliari.”
Trascorso qualche istante per riaversi dalla tempesta neuronale, proviamo a ricapitolare per passaggi successivi il frammento di Bonetto: 1. Mihajlovic è una fettina panata che attende soltanto d’essere cotta; 2. Anzi no, Mihajlovic non è più una fettina panata perché è passato attraverso il tritacarne, e da lì è risorto, dal che si desume si sia ricompattato in corpo unitario rispetto alla condizione carne macinata; 3. Contrordine, Mihajovic era soltanto finito in barella, un infortunio di poco conto. Manca il passaggio numero 4: Mihajlovic che dà capocciate a raffica contro il muro perché non è stato esonerato dal Toro. Si sarebbe risparmiato i prossimi articoli di Bonetto, che in questa condizione sono per lui una tortura peggio della goccia cinese.
Abbiamo imparato a conoscere per nostra (s)fortuna Antonio Giordano. Oggi parliamo anche di estetica del contemporaneo, tra “presenze femminili su sgabello” e seduttori che non t'aspetti.