Quando la tradizione è anche spettacolo.
I tornei dello Slam ormai durano 15 giorni, non più due settimane. Si inizia a giocare la domenica, già da qualche anno all’Australian Open e al Roland Garros, nel 2025 si allineerà al passo anche lo US Open. I motivi? Ufficialmente la comodità di spalmare su tre giorni le 128 partite (64 per tabellone) di primo turno, e garantire un maggior numero di accessi e la possibilità di godersi lo spettacolo a più persone. Tradotto: più biglietti venduti, incasso maggiore, buone nuove per il torneo. Non è un caso che a resistere al cambiamento sia rimasto un solo baluardo: Wimbledon.
I Championships continuano a durare due settimane precise, dal primo lunedì alla seconda domenica. E già hanno fatto un cambiamento doloroso, ma dovuto per esigenze di vario genere, sacrificando il “Manic Monday” e allargando il gioco anche alla domenica di mezzo, tradizionalmente dedicata al riposo. Non hanno però sacrificato il primo giorno di torneo, che rimane uno dei più belli e affascinanti di tutta l’annata tennistica.
Senza voler scadere in retorica (che però banale non è) riguardo al prato immacolato e intatto del Center Court, battezzato in un rito ancora affascinante dal campione uscente, 64 partite di primo turno tutte in un giorno sono una manna per gli appassionati. E la giornata inaugurale della 138esima edizione, lunedì 30 giugno 2025, passerà alla storia contribuendo ad alimentare questa narrativa. Non solo per essere stato l’opening day più caldo, come temperature, della storia del torneo; ma anche perché è stato una dimostrazione concreta del valore che ha una giornata di questo tipo.
Una partita come Alcaraz-Fognini costituisce più un’eccezione che una regola, questo sia chiaro, ma intanto c’è stata. Ed è stata solo la copertina di un giorno ricchissimo, contraddistinto da tante cadute di nomi altisonanti. Tsitsipas, Berrettini (la storia tra tutte più triste), Ostapenko e soprattutto Medvedev, semifinalista nelle ultime due edizioni mai realmente entrato in campo contro Bonzi. Che ha però recitato la sua solita parte da campione in conferenza stampa, dichiarando che ha una leggera preferenza sul lunedì come giorno d’apertura e che
“l’inizio di domenica è solo un modo di guadagnare qualche soldo in più per gli Slam”.
Parole sante, senza peli sulla lingua, che sono in effetti abbastanza veritiere – Daniil, lo sai che qui ti abbiamo sempre amato. Le partite giocate di domenica sono solitamente una quarantina, e spalmano su tre giorni i 128 primi turni. Ciò rende in effetti, salvo eventi imprevedibili e abbastanza rari, le giornate d’apertura abbastanza soporifere. Niente a che vedere con il delirio che contraddistingue il primo giorno di Wimbledon, con gli appassionati che hanno solo l’imbarazzo della scelta, oltre alla certezza di poter vedere: il campione uscente, almeno 8 top 10, buona parte dei propri giocatori preferiti.
Con un giorno in più le possibilità si assottigliano, i motivi di interesse diminuiscono, e soprattutto si assiste a partite inaugurali del Campo Centrale assolutamente dimenticabili. Senza considerare che chi vince la domenica tornerà poi in campo il mercoledì – e non molti sono contenti di uno stop di due giorni tra un match e l’altro. Dunque, per quanto le controindicazioni maggiori riguardino appassionati e pubblico, sia in loco che televisivo, c’è un certo disagio anche per i giocatori. Perché, come ammesso da Tiafoe, un altro che raramente si pone filtri, se proprio si dovesse avere uno stop di due giorni sarebbe meglio averlo in una fase avanzata del torneo.
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C’è una nota positiva oltre il guadagno maggiore per i tornei? Se la si vuole andare a trovare indubbiamente avere un giorno in più, tra l’altro festivo come la domenica, permette a un maggior numero di persone di godersi l’esperienza in uno Slam. Togliendo però qualcosa allo spettacolo e un po’ anche al concetto stesso di primi turni Major, alleggerendo giornate tradizionalmente ricche.
La cosa positiva è che a Wimbledon non c’è neanche la lontana intenzione di cambiare la situazione attuale, anzi. Tim Henman prima, ex semifinalista e membro del boarder, la presidente dell’All England Club Debbie Jevans poi, hanno confermato come ci sia “zero appetito” da parte dei Championships verso un ulteriore giorno di gare. Anche perché vorrebbe dire rovinare ulteriormente l’erba dei campi, che dopo aver eliminato il riposo della domenica di mezzo dal 2022 in poi è messa ancor più a dura prova.
Siamo consapevoli che il Manic Monday, il secondo lunedì con tutti gli ottavi di tutti i tabelloni nella stessa giornata sia solo un dolce ricordo di un mondo che non c’è più.
E tale rimarrà. Ma al contempo è innegabile che questo “vice Manic Monday”, che rimane ormai un unicum nel mondo del tennis, sia un’ancora di salvezza di gran spessore; per addetti ai lavori, appassionati e giocatori. Una giornata inaugurale che ben sancisce la differenza tra Slam e altri tornei. E, ormai, anche la differenza tra Wimbledon e gli altri Major.
Chi critica la tradizione, insomma, cambi indirizzo. Perché essere troppo legati al passato a volte può essere controproducente, certo, e portare più problematiche che dividendi (l’obbligo del completino total white non è propriamente ben accolto dagli sponsor tecnici dei giocatori, ma peggio per loro). In questo caso però stiamo parlando dell’Evento, che grazie alla sua etica ed estetica continua ad alimentare la leggenda, mica di logiche di mercato. E allora, Dio salvi la Corona e, con essa, il lunedì di Wimbledon.
Immagine di copertina profilo X di Wimbledon