Ultra
24 Settembre 2024

La Roma ha sbagliato (quasi) tutto

Nove mesi di gestione tecnica ed economica disastrosa.

Partiamo dall’inizio. Anzi, ad essere precisi, dall’inizio di questa stagione. L’AS Roma si presenta ai blocchi della Serie A 2024/25 con un allenatore da pochi mesi rinnovato (triennale fino al 2027, per un totale di circa 10 milioni netti, oltre 3 all’anno, quasi quanto Gasperini e Thiago Motta) e con un mercato imponente ed impegnativo: -65,6 milioni di euro fra entrate e uscite, fonte Transfermarkt, una cifra che per giunta non considera i 20 milioni per Koné, ad oggi ancora formalmente un prestito in attesa del riscatto obbligato. 95 milioni spesi e 27 incassati, passivo inferiore solo a quello del Napoli che, però, ha prelevato Antonio Conte con un progetto serio e un obiettivo chiaro, tornare a vincere il prima possibile.

Negli ultimi nove mesi, ovvero dall’ingaggio di Daniele De Rossi come allenatore, l’AS Roma ha garantito sul mercato quasi 130 milioni di euro (compresi i 10 milioni più bonus investiti per Baldanzi nel mercato invernale), ricavandone appunto neanche 30. E pensare che fino a quando sedeva Mourinho in panchina tutti scrivevano e spiegavano con dovizia di particolari, quotidiani, riviste di approfondimento, televisioni, radio, che il club non avrebbe potuto investire sul mercato a causa dei paletti del settlement agreement firmato con la UEFA, data di scadenza 2027, e che se non si fosse qualificato in Champions avrebbe subito un danno economico esiziale.

La proprietà allora, pur volendo, non poteva accontentare Mourinho e assecondare l’esigenza di una Roma competitiva: mancavano i mezzi, non la volontà.

Questo il ritornello ripetuto da giornalisti più o meno consapevoli, più o meno imbeccati dalla proprietà stessa, e da economisti prestati alla narrazione sportiva. Così la normalità era divenuta quella degli ultimi bilanci di mercato pre-De Rossi in panchina: 2022/23, 81 milioni incassati e 9,4 spesi, per un saldo attivo di + 71,5 mln; 2023/24, 83,15 milioni incassati e 19,9 investiti (di cui qui si considerano anche i 10 di Baldanzi), per un saldo attivo di +63,2. Sostanzialmente gli ultimi due anni di Mourinho la Roma aveva incassato 164 milioni spendendone 19, +145 milioni in barba alle richieste di rinforzi e di sostegno che arrivavano dalla panchina.

A questo punto qualcuno, per deontologia professionale, per dovere di informazione e necessità di ricostruzione, per semplice diritto di cronaca e trasparenza, avrebbe dovuto e dovrebbe ancora spiegare cosa è cambiato, cosa si è sbloccato dopo l’esonero del portoghese. Dovrebbe chiarire come la Roma ha potuto, negli ultimi nove mesi, accumulare un passivo monstre di 100 milioni costato anche una sanzione (2 milioni) da parte della UEFA. E dovrebbe farlo ancor prima di spiegare come si possa esonerare un allenatore dopo quattro partite a cui si è sottoscritto, tre mesi prima, un triennale da 10 milioni netti – ma su questo ci torneremo.

Perché la presa in giro, la malafede, l’incompetenza e il caos che lamentano oggi i tifosi, svegliatisi, siamo onesti, solo perché è stato toccato “uno di loro” (Daniele De Rossi), vanno avanti da mesi e mesi, come già avevamo scritto su queste colonne. Il problema allora è anche qui: quegli stessi tifosi, Curva Sud in primis, che oggi si lanciano in contestazioni scomposte e scioperi tardivi, hanno per mesi ignorato o addirittura avallato le politiche societarie proprio grazie allo specchietto per le allodole Daniele De Rossi, salvo poi ribellarsi violentemente quando l’idolo è stato sacrificato e la bandiera ammainata, o meglio strappata.

As roma
Tifosi che si sono accorti della gestione patronale, e fallimentare, dell’AS Roma con colpevole ritardo

Allora la domanda è la seguente: può una curva ricorrere a metodi estremi, tornare alle “vecchie maniere” come rivendicato da uno striscione nella Sud deserta (per la prima mezz’ora) domenica scorsa, solo quando viene toccato il simbolo? Può prestarsi e votarsi interamente all’operazione Daniele De Rossi in panchina, agnello sacrificale del romanismo, sedativo e anzi stupefacente dato in pasto alla piazza dopo l’esonero di Mourinho per non esacerbare gli animi – cosa verificatisi nell’ultima settimana – senza maturare la consapevolezza che, nel cambio Mourinho-De Rossi, era stata fatta un’operazione sportivamente suicida e umanamente squallida e paracula?

Può iniziare a contestare così violentemente la proprietà dopo un mercato per giunta imponente, rimproverandole ora tutta una serie di mancanze, di errori, di superficialità, di fallimenti che in precedenza, anzi, erano ben più evidenti? È possibile che solo ora il tifoso si accorga che a Roma i progetti vengono costruiti per poi essere demoliti, ora che è stato toccato un allenatore su cui anzi, ad essere onesti, costruire un progetto sportivo era a dir poco azzardato? Si è denunciata l’assenza di progettualità, l’incompetenza tecnica, il caos gestionale, come se fossero novità a Trigoria, come se non fossero state alla base dello stesso ingaggio di De Rossi e dell’allontanamento di un (top) allenatore che al romanismo si era convertito, anima e corpo, e che il romanismo l’aveva portato in trionfo difendendolo contro tutti, in Italia e in Europa. Si è sfoderata la retorica populista del rispetto, come se questa non valesse per altri, allenatori, dirigenti e giocatori, che alla Roma hanno dato tutto e che hanno ricevuto lo stesso trattamento di De Rossi . . .


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