Papelitos
02 Ottobre 2022

Questione di testa

Dal Milan alla Roma, dal Napoli all'Atalanta: il calcio frenetico lo vince chi sa rimanere in partita.

Nell’intervista rilasciata a Mario Sconcerti sul CorSera Allegri aveva detto: «questa è una Juventus virtuale. Provate a togliere cinque titolari a Inter o Milan e vediamo se non soffrono». Dietro le sue parole, lo avevamo detto, qualcosa non tornava. Il Max Allegri pragmatico e geniale, abile camaleonte ed eccellente gestore, aveva lasciato il posto ad un sedevacantista intrappolato nella propria guerra ideologica. Qualcosa non ci tornava, e la partita di ieri dimostra che quelle parole erano più di circostanza – quasi un disperato grido d’aiuto – che di riflessione.

Per carità, non siamo così bipolari da parlare di fine crisi Juve, anche perché non vincere contro questo Bologna era quasi impossibile. Eppure, la Juventus degli ultimi tempi faceva fatica anche solo a tirare verso la porta avversaria – che fosse il Monza o il Benfica, per una questione certo tattica ma anche mentale e fisica. Ieri sera invece la squadra di Allegri – fischiata alla lettura delle formazioni da uno Stadium mezzo vuoto nonostante l’esibizione di Salmo (sic) – ha dimostrato carattere, grinta e voglia di riprendere il cammino (o forse di iniziarlo).

Qui non c’entra nulla il gioco, la tattica, i moduli e gli xGoal: è la testa che fa la differenza. Dopo l’1-0 di Kostic la Juventus è parsa finalmente una squadra libera, addirittura piacevole da vedere in alcune trame, solidissima dietro e cinica davanti (prima Vlahovic poi Milik per il 2 e il 3-0). Quanti giocatori sono cambiati rispetto all’ultimo terribile mese e mezzo? Quasi nessuno (i più simpatici diranno: Rabiot). Chissà che Allegri non abbia tratto una lezione dalle sue stesse parole. Parlava di titolari, ma a giocare sono stati quelli di sempre, in attesa di Chiesa e Pogba. Questione di testa, appunto.

Come ventiquattro ore prima aveva dimostrato il Milan di Pioli, la favorita per lo scudetto a giudizio di chi scrive. Fanno quasi impressione le parole di Max se pensiamo a quanto accaduto ad Empoli. Il Milan in settimana aveva perso due super titolari (Maignan-Theo), durante la partita ne ha persi addirittura altri tre, tutti per infortunio (Calabria, Saelemaekers, Kjaer): in una tempesta di avversità subisce il gol dell’Empoli a 2’ dalla fine su punizione, dopo aver dominato l’incontro. Mica crolla, il Milan. Ne fa altri due, come se dalla sofferenza e dal dolore questa squadra riuscisse a tirar fuori il meglio di sé. Questione di gruppo, di idee e di testa: Pioli ha dato a questa squadra una mentalità non solo vincente, ma quasi feroce.

L’esatto contrario di quanto sempre a Milano, sponda Inter, ci stiamo abituando a considerare come normalità (il che dovrebbe preoccupare i tifosi nerazzurri). L’Inter ha perso 4 delle prime 8 giornate di campionato. Come le ha perse? Di testa, ancora una volta. Addirittura in tre casi su quattro (ad eccezione della sconfitta all’Olimpico contro la Lazio) andando in vantaggio: sintomo (inquietante) di una squadra che ha conosciuto gli allori (con Conte) e non sa più gestirne gli eccessi. Se poi ci mettiamo le dichiarazioni del suo allenatore, che due giorni prima della partita ha deciso di autoincensarsi in mondovisione, ecco qui che i conti – e i punti – iniziano a (non) tornare.

Dall’altra parte c’era una Roma affamata e mai doma, bravissima nel non dare mai per finita una partita che sembrava aver preso la solita piega. Non a caso Mancini ha detto: “Ci sentivamo più forti”, soprattutto dopo l’1-0 nerazzurro. Questione di testa, come per Napoli e Atalanta, squadre accomunate (e aiutate, se vogliamo) dai fari spenti di inizio stagione. Gasperini vi parlerà di salvezza, Spalletti non parlerà affatto. Entrambi hanno capito che tanto, dalla corsa Champions a quella Scudetto, passa dalla testa. L’Atalanta non è più la squadra spettacolare ma vulnerabile delle scorse stagioni: segna e difende in undici il vantaggio. Il Napoli è una squadra bella e altrettanto forte, ma è soprattutto una squadra solida (l’ultima vittoria a San Siro ne è la prova più lampante). Entrambe, come la Lazio di Sarri (terza in classifica nonché seconda difesa del campionato), hanno appreso la virtù dell’equilibrio (mentale, quindi anche tattico). In un campionato preda della frenesia, dei punteggi pirotecnici e degli strappi cronici, mantenere la lucidità è e sarà il vero valore aggiunto.

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