Il calcio vuole diventare protagonista, come il Paese.
Nel gennaio dello scorso anno Fernando Ruiz Hierro, attualmente uno dei Brand Ambassadors de La Liga, ad un incontro promozionale organizzato dalla Federazione nazionale spagnola aveva dichiarato, scatenando anche una certa ilarità dei presenti: «L’India ha un grande potenziale inespresso. La crescita del calcio in questo macro-continente riflette la crescita del paese a livello globale». Dall’aprile del 2015 in effetti la Selezione nazionale delle “Tigri Blu” è passata dalla 173° posizione nel ranking Fifa alla top 100 mondiale (attualmente la nazionale oscilla tra il 90° ed il 110° posto) grazie ad ingenti ed oculati investimenti, figli di una chiara strategia politica sportiva che, nel giro di qualche anno, potrebbe essere in grado di convincere anche i più scettici e pessimisti.
In un Paese dove il cricket rappresenta, indiscutibilmente, ancora lo sport nazionale (oltre 10 volte gli spettatori del calcio in Italia), la svolta da un punto di vista commerciale, per il calcio, è arrivata nel 2014 con la creazione dell’Indian Super League: per capirci, la Lega dove i vari Alessandro Del Piero, Gianluca Zambrotta, David Trezeguet, Nicolas Anelka, Robert Pirès, hanno chiuso, più o meno felicemente, le loro carriere prima del definitivo ritiro dall’agonismo.
L’India rappresenta ad oggi un curioso unicum a livello continentale: sono presenti, infatti, due prime divisioni nazionali che mirano a diventare i tornei più ricchi, competitivi e seguiti d’Asia (e non solo). Ma andiamo per gradi.
La I-League, quella che fu istituita come la prima lega indiana professionista, è stata fondata nel 2007 su iniziativa della AIFF, Federazione Calcistica dell’India (All India Football Federation) per sostituire la precedente National Football League, attiva dal 1996 e da tempo in declino. Nonostante le forti ambizioni, mai nascoste, la gestione del campionato arcaica e assolutamente non in linea con il contesto contemporaneo ha impedito, nel corso degli anni, alla I-League di rappresentare quella che sarebbe dovuta essere la nuova frontiera del calcio in Asia.
A questo punto la stessa All India Football Federation, nel 2013, ha preso la coraggiosa decisione di approvare la nascita di una nuova competizione nazionale che potesse, finalmente, porre le basi per un importante sviluppo del calcio nel Paese: a livello di club, di rappresentative nazionali e, soprattutto, di business. Viene così creata la sopracitata Indian Super League, con una struttura volutamente speculare a quella dell’Indian Premier League (IPL), ovvero la massima lega di cricket al mondo, una delle competizioni sportive più seguite dei 5 continenti. Il formato prevede un torneo basato su un sistema a franchigia, composto da 11 squadre, e giocato da ottobre a dicembre. Inoltre a differenza dell’I-League (strutturata in un girone unico da 11, con sfide di andata e ritorno, e disputata tra gennaio ad aprile) non è prevista alcuna retrocessione.
Grazie agli accordi commerciali stipulati con tre colossi industriali – la Reliance Industries Limited, la più grande compagnia privata indiana (già proprietaria di uno dei più titolati club di cricket dell’IPL: il Mumbai Indians), l’International Management Group (IMG), compagnia statunitense attiva in diversi settori (media, sport, moda) e la Star India, il più grande network televisivo indiano – l’Indian Super League si è trasformata, nel giro di pochissime stagioni, nel campionato nazionale in grado di sposare perfettamente le ambizioni di quella che è una delle fan base, potenzialmente numeri alla mano, più nutrita al mondo.
Dal 2019 inoltre, grazie all’approvazione da parte dell’Asian Football Confederation del piano di sviluppo del calcio indiano proposto dall’All India Football Federation, l’ISL è stata riconosciuta come la prima competizione calcistica nazionale. Permettendo dunque, dopo soli 6 anni dalla propria fondazione, alla prima classificata dell’Indian Super League di accedere direttamente alla fase a gironi dell’AFC Champions League (massima competizione continentale asiatica), lasciando alla detentrice del titolo della I-League un posto nella fase di qualificazione alla AFC Cup (competizione calcistica continentale riservata alle squadre asiatiche di 14 paesi che non partecipano alla AFC Champions League, detti Paesi in sviluppo).
Svolta dalla portata storica che ha spinto, ad esempio, il City Football Group (CFG) ad investire in India.
La holding a maggioranza emiratina – il 78% della quote societarie è detenuto dall’Abu Dhabi United Group del principe Mansur bin Zayd Al Nahyan, mentre tra i soci di minoranza figurano gli americani Silver Lake Partners e le cinesi Citic Capital e China Media Capital – ha infatti acquistato il 65% delle quote societarie del Mumbai City. Gli Islanders, anche grazie agli importanti investimenti realizzati dal CFG, dopo aver festeggiato la vittoria del titolo nazionale nella stagione 2020-2021 hanno scritto una pagina importante per la storia del calcio indiano ottenendo, lo scorso 11 aprile, la prima vittoria di sempre in Asian Champions League. Lo hanno fatto superando di misura nel gruppo B di misura gli iracheni dell’Al-Quwa Al-Jawiya, con una rete decisiva di Rahul Shankar Bheke, nato e cresciuto calcisticamente proprio a Mumbai.
Per quanto possa sembrare assurdo ai più è stato un italiano, più di tanti altri occidentali, ad aver contribuito in primissima persona alla crescita del movimento in India. Si chiama Vincenzo Alberto Annese: tecnico originario di Molfetta, arrivato in India nell’agosto del 2020, è diventato lo scorso mese alla guida del Gokulam Kerala FC (giovane società di Calicut) il primo allenatore di sempre a conquistare per due anni consecutivi il titolo di I-League. Dopo esperienze tra Estonia, Lettonia, Armenia, Ghana, Palestina, Indonesia, sembra aver trovato il suolocus amoenus in India, dove proponendo un gioco spiccatamente offensivo è riuscito ad imporsi ottenendo risultati unici.
«Il Commissario Tecnico della nazionale indiana Igor Štimac continua a non dare chance ai calciatori della I-League preferendogli i calciatori dell’Indian Super League. Sinceramente non credo ci sia differenze tra le due leghe», ha recentemente dichiarato Annese scatenando grandi discussioni ai vertici dell’AIFF.
Nella geo-filosofia dell’agonismo sportivo il ruolo dell’India, nella visione eurocentrica del mondo, viene considerato da sempre marginale. New Dehli, a livello sportivo, non ha mai realmente conosciuto una sua vera centralità globale, con la parziale eccezione dell’egemonia nel cricket e negli scacchi. Val la pena citare un articolo di Moris Gasparri, uscito sul Foglio Sportivo lo scorso 16 aprile 2022: «Il sintomo più evidente di questa perifericità è la sostanziale indifferenza con cui alle latitudini europee viene ancora oggi vissuta una manifestazione di fondamentale importanza nell’economia simbolica di un miliardo e oltre di abitanti del pianeta».
Ebbene l’Indian Super League, negli ultimi anni, sembra aver posto le basi per scardinare definitivamente questi equilibri.