Tifo reportage da un derby caldissimo, in Promozione solo a livello di campo.
20 ottobre 2024, Casale Monferrato: una data e un luogo appuntati sulla mia agenda da metà agosto, periodo in cui escono i calendari delle categorie minori di tutto lo Stivale. Dando una sbirciata al girone D della Promozione piemontese, campionato in cui gioca un mio amico, mi accorgo di “un’anomalia” a cui non ero pronto; il mio volto ha un’espressione strana quando legge che Casale ed Alessandria, 11 anni dopo, si ricongiungono nello stesso campionato, per un derby nella sesta serie italiana.
Il motivo di come ci siano finite è presto detto ed è prevedibile, è quello che unisce una triste trafila di “nobili decadute” del nostro calcio nell’abisso del fallimento societario e la ripartenza dalle categorie inferiori. In questo caso molto più inferiori, con rispetto alle pagine scritte da queste due istituzioni della tradizione calcistica piemontese.
La prima, oggi sotto la denominazione ASD Città di Casale, è il prodotto della fusione post-fallimento di tre società di Casale Monferrato e dintorni avvenuta nel 2023 ed ha ereditato lo scettro calcistico dello storico Football Club Casale, Campione d’Italia nel 1914 in una finalissima dove annientò la Lazio con un 7-1 casalingo e uno 0-2 a Roma. Dopo un’alba gloriosa i nerostellati giocarono stabilmente in Serie A sino ad inizio anni ‘30 per poi conoscere la Serie B e fluttuare per decenni tra le varie denominazioni della Terza Divisione (Serie C, C1, C2, Lega Pro). Negli ultimi anni la Serie D era diventata la categoria ricorrente dopo due fallimenti datato 1993 e 2013, infine quello già citato che le fa oggi conoscere una categoria mai frequentata in 125 anni di storia.
La seconda ha un trascorso recente leggermente diverso ma con delle similitudini rispetto ai conterranei: quest’estate l’US Alessandria Calcio 1911, già retrocessa in Serie D, fallisce e non s’iscrive al campionato. L’Asca Calcio, altra squadra cittadina, ne raccoglie le redini e i colori sociali cambiando nome in Forza e Coraggio Alessandria, uno dei primi nomi di inizio ‘900 della storica società. In attesa del riappropriamento del vecchio stemma e del nome, la tifoseria grigionera ha deciso di appoggiare il club, non facendo mancare il sostegno neppure in Promozione.
Dal punto di vista storico il campanilismo tra le due città distanti una trentina di chilometri risale addirittura al 1215, con la distruzione di Casale ad opera di un esercito composto da alessandrini ed altri alleati della Lega Lombarda, che portarono via le spoglie di tre santi e due drappi. Due secoli più tardi un condottiero casalese servì il conto ai rivali saccheggiando Alessandria e riportando indietro le sante reliquie.
L’astio sul rettangolo verde nasce invece negli anni ‘10 dello scorso secolo, quando il calcio piemontese costituiva l’élite del panorama nazionale, tanto che nel 1914 la Gazzetta dello Sport parlava di “quadrilatero delle università del foot-ball”, composto da Pro Vercelli, Novara e Casale ed Alessandria, appunto.
Nel 1928 la temperatura del derby si alzò, forse senza possibilità di ritorno: l’Alessandria più forte della storia a cinque partite dal termine è all’inseguimento del Torino ed affronta il fanalino di coda nerostellato. Quella che dovrebbe essere una vittoria già scritta si trasforma però in un incubo, poiché il risultato finale recita Casale 5 Alessandria 0, con una prestazione del portiere alessandrino molto sospetta (su cui però non si aprì nessun caso) che contribuì a far naufragare i sogni di gloria e consegnò di fatto lo scudetto al Toro.
Dopo le sfide di Prima Divisione della prima metà del secolo, le due squadre non si incontrarono per 23 anni (dal ‘52 al ‘75) per poi fronteggiarsi con buona continuità a cavallo di tutti gli anni ‘80. Durante questo decennio negli scontri diretti le squadre “giocavano a non farsi male” per fare entrambi punti al fine di raggiungere i propri obiettivi categoria, dando vita ad un’incredibile trafila di 0-0 in 8 incontri su 9 disputati dall’87 al 92’. Di quel periodo, dove il fervore montò notevolmente, i casalesi ricordano con emozione un 1-2 in trasferta nel 1990, nei gironi di Coppa Italia Serie C. Seguono quattordici anni di magra sino al 2006, poi l’ultimo derby disputato nel 2013 in C2.
Quello di quest’anno ha però qualcosa di diverso nella sua genesi: intanto è il primo disputato con le attuali denominazioni delle due squadre, è il primo (e speriamo l’ultimo) disputato in Promozione e in campo la quasi totalità dei giocatori che si affrontano sono figli delle due città e dei racconti dei derby sentiti e vissuti sugli spalti.
Insomma 11 casalesi contro 11 alessandrini.
Arrivato in mattinata nella città di 34 mila anime, la più grande della provincia alessandrina dopo l’omonimo capoluogo, mi dirigo alla Krumineria Corino, la quale ospita il Museo Nerostellato. Dopo una piacevole visita, uno dei titolari viene a spegnere le luci e serrare le stanze per timore che qualche tifoso alessandrino voglia irrompervi.
Mi incammino in zona stadio, venendo attratto da botti uditi da buona distanza: davanti all’abituale bar di ritrovo, gli ultras del Casale si danno appuntamento già due ore prima dell’incontro, scaldando la voce con qualche birra bevuta tra un coro e l’altro; l’outfit nero, di tendenza nel panorama ultras di oggi, qui è più che giustificato dai colori sociali. Si incamminano poi in corteo verso lo stadio, con lo striscione Boys Casale sorretto in prima linea da un buon seguito di persone. Successori del Commando Ultras nato nel 1973, i Boys hanno preso le redini delle gradinate ad inizio anni ‘80, riuscendo a dare continuità di sostegno nonostante i fallimenti e le retrocessioni.
Entro allo stadio Natale Palli, impianto di 5 mila posti senza curve ma con due tribune una di fronte all’altra, dove la prima partita disputata fu, manco a farlo apposta, un Casale-Alessandria nel 1921. I Boys iniziano ad entrare alla spicciolata dopo aver presenziato gli ingressi, in attesa del blindatissimo arrivo degli alessandrini in zona stadio per scambiare i primi reciproci “saluti”. Proprio i Grigi avevano richiesto ben 1200 biglietti per questo match, la questura gliene ha concessi soltanto 400 per ovvi motivi d’ordine pubblico.
Relegati nel settore adibito, gli ultras alessandrini si posizionano dietro le varie pezze tra cui spiccano quella degli storici Ultras Grigi ‘74 e quella dei Mandrogni (termine che, a seconda delle declinazioni, indica in senso dispregiativo o stereotipato l’abitante di Alessandria). Nella gradinata di casa, tutti dietro allo striscione dei Boys Casale con varie sezioni (tra cui una di Mortara, provincia di Pavia), Vecchia Guardia, alcune pezze per ricordare vecchi ultras mancati ed un eloquente striscione “Gruppo Anti-Grigi”.
All’ingresso in campo la pentola a pressione scoppia: è spettacolo puro, è un tripudio di cori e fumogeni da ambo i lati, con i casalesi che srotolano un telo con una stella bianca su campo nero e cartoncini neri ai lati, ed una scritta piena d’amore che recita “Nel mio cuore ci sei solo tu, sei la stella che brilla di più”. Ultras grigi che prediligono invece una fumogenata mista arancio-grigio-nero, di bell’impatto e duratura.
Nei 90 minuti il tifo è un elettrocardiogramma con ritmo costante, chiaramente con qualche picco da ambo i lati, dove la continuità e il coinvolgimento la fanno da padrona, in una cornice di pubblico che alla fine conterà circa 2500 spettatori per una gara di Promozione. Tanti i cori di scherno e gli scambi di “complimenti” tra le due sponde, quelli che mi fanno più sorridere sono il “solo il tamburo, si sente solo il tamburo” rivolto agli alessandrini e viceversa dei simpatici appellativi d’altri tempi dedicati da qualche datato tifoso grigio ai casalesi, chiamati “sudditi” e “bagarozzi”.
Dopo torciate, petardi e voci congiunte, arrivano i cori in ricordo di Gaetano, Michele e Samuele, tre giovanissimi ultras foggiani tragicamente scomparsi nel weekend precedente, di ritorno dalla trasferta di Potenza. La spettacolare gara del tifo si può ridurre tutto a questo atto di rispetto, che fanno del mondo ultras un movimento che nelle disgrazie fa quadrato e diventa un’unica famiglia, accantonando le rivalità.
In campo invece il risultato, come il più classico dei derby casalesi-alessandrini, è un romantico 0-0.