Un inferno di fuochi, fumo e bandiere sventolate con rabbia. Da una parte i Torcida, in bianco, rosso e blu, dall’altra i Bad Blue Boys, che fanno tremare il cemento con cori assordanti e fumogeni azzurri. Insulti, coreografie provocatorie, striscioni politici, tafferugli con le forze dell’ordine che possono durare intere nottate e finire con decine di arresti. Più che una partita, un rito di guerra.
In Croazia lo chiamano Vječni Derbi, il Derby Eterno a scacchi bianchi e rossi, perché quella tra Hajduk Spalato e Dinamo Zagabria è una rivalità che non si consuma solo in campo, ma soprattutto nelle strade e nelle curve, ben prima del fischio d’inizio. O palla o gamba: la Dalmazia ribelle contro il potere centrale, due città divise da tutto ma unite da un’idiosincrasia sportiva che non conosce tregua.
Non è solo questione di punti in classifica o di trofei in bacheca. È un confronto che si porta dietro secoli di tensioni culturali, politiche e sociali, tra due identità inconciliabili. Zagabria è il cuore della Croazia: capitale, centro economico e politico, motore industriale attorno a cui ruota l’intero paese. Spalato, invece, è l’anima della Dalmazia, affacciata sull’Adriatico, aperta al turismo e profondamente legata alle proprie radici. Due città distanti per geografia, mentalità e vocazione, così come nel modo di vivere il calcio e il tifo.
Più di una semplice rivalità
L’Hajduk Spalato nasce il 3 febbraio 1911 nella birreria ‘U Fleku di Praga, quando un gruppo di studenti spalatini decide di fondare un club che rappresenti la loro identità. La Croazia fa ancora parte dell’Impero Austro-Ungarico e Spalato è un crocevia di influenze italiane e slave. Il nome “Hajduk” richiama i briganti ribelli che si oppongono al dominio ottomano e asburgico, simbolo di valori in cui ancora oggi i tifosi si identificano.
Fin dalla sua nascita, l’Hajduk diventa il club di riferimento della Dalmazia, soprattutto dopo la Prima guerra mondiale e la nascita del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (futura Jugoslavia). Eppure l’Hajduk è una squadra particolarissima: viene fondata a Praga, adotta i colori croati, assume un nome di origine turco-ungherese ed ognuno di questi pezzi testimonia un’identità unica nel suo genere. Ben distante dal centralismo nazionalista della Dinamo Zagabria.
Durante la seconda guerra mondiale l’Hajduk rifiuta di gareggiare in Serie A, e anzi squadra e staff supportano i partigiani diventando la squadra ufficiale dell’esercito jugoslavo di liberazione, e giocando come Hajduk-NOVJ. Dopo la Seconda guerra mondiale, però, il maresciallo Tito offre all’Hajduk la possibilità di diventare la squadra ufficiale dell’Esercito Popolare Jugoslavo (JNA), con sede a Belgrado. Accettare significherebbe accedere agli stessi privilegi economici e politici di Partizan e Stella Rossa.
Ma anche qui, l’Hajduk rifiuta senza esitazione: resta a Spalato, difende la propria indipendenza e rafforza il legame con la Dalmazia.
Nel frattempo, il 9 giugno 1945, nasce ufficialmente la Dinamo Zagabria, creata dal regime sulle ceneri del Građanski, storica polisportiva di Zagabria (fondata il 26 aprile 1911) di grande successo tra le due guerre mondiali con cinque campionati vinti; club poi sciolto – e i suoi archivi bruciati – perché legato alla Croazia indipendente filo-nazista. Tuttavia, come scritto sullo stesso sito della Dinamo alla voce ‘Storia’, “la Dinamo e il Gradjanski sono lo stesso club“, con la prima che mantiene l’impronta, i tifosi e gran parte dei calciatori e dello staff del secondo.
La Dinamo diventa subito la squadra delpotere centrale jugoslavo, e la rivalità con l’Hajduk, emblema di un popolo ribelle e orgoglioso, è inevitabile. Il primo confronto ufficiale tra le due squadre avviene nel 1946, nella stagione inaugurale della Prva Liga Jugoslava. È l’inizio di una rivalità destinata a intensificarsi, intrecciandosi con le tensioni politiche del Paese e trasformandosi, col tempo, in un duello tra opposte visioni del calcio e dell’identità nazionale.
Una cronistoria figurativa del logo della Dinamo Zagabria. Fino al 1945 quello del Građanski, sostanzialmente uguale allo stemma attuale se non per la proporzione degli scacchi. Evidente l’intervento socialista con la stella rossa nel ’45, poi i vari cambiamenti fino ad arrivare al 1988 e al logo ‘originario’. In seguito, gli esperimenti presto abortiti dell’HAŠK Gradjanski (’91-’93) e del ‘Croatia Zagabria’ (potete leggere sotto) che va avanti fino al 2000. Da lì, si ritorna alle origini del logo con piccolissime e a tratti impercettibili modifiche.
Nel 1950, l’Hajduk vince il campionato senza perdere una partita, ma rifiuta nuovamente di trasferirsi a Belgrado per diventare la squadra dell’esercito jugoslavo. Un gesto che ne rafforza l’immagine di club ribelle e alimenta ancora di più l’ostilità con la Dinamo, vista come il braccio calcistico del potere centrale. Ma il 1950 è anche l’anno di nascita di Torcida, l’anima ribelle della Dalmazia e il gruppo ultras più antico d’Europa. Il nome deriva dai tifosi brasiliani, la cui passionalità aveva affascinato gli studenti dalmati in Sud America durante i Mondiali.
Perché come ci avevano detto Jurica Gizdic e Duje Biuk, due autorità in materia, “non esiste Hajduk senza Torcida“.
Negli anni ’50 e ’60, l’Hajduk si afferma tra le migliori squadre jugoslave, accumulando successi e rafforzando il proprio legame con la Dalmazia, pur dovendo competere con il favore politico riservato a Stella Rossa e Partizan. Il 1979 segna una svolta storica: viene inaugurato lo stadio Poljud, ancora oggi la casa dell’Hajduk, in occasione dei Giochi del Mediterraneo. Il club continua a essere una delle grandi potenze del calcio jugoslavo, sempre in lotta per la gloria, ma costretto a sfidare un sistema che non lo ha mai davvero sostenuto.
La Torcida di Spalato, il più antico gruppo ultras d’Europa, mentre festeggia il suo 70esimo compleanno. Spettacolo assoluto.
Organizzati, violenti quando serve, e fieramente ostili alla dirigenza del club, nel 1986 emergono i Bad Blue Boys (BBB), il cuore pulsante della tifoseria della Dinamo Zagabria ed eterni rivali di Torcida. Il loro nome, ispirato al film Bad Boys con Sean Penn, riflette da subito un’identità aggressiva e intransigente.La loro fama si cementa il 13 maggio 1990, quando gli scontri tra ultras e polizia durante Dinamo-Stella Rossa al Maksimir diventano il simbolo dell’imminente guerra. Da allora, i BBB restano un gruppo con una forte impronta nazionalista e un legame indissolubile con Zagabria, difendendo l’identità della Dinamo contro qualsiasi interferenza esterna.
Gli anni ‘90, la guerra, gli ultras
Nel 1991, con la dissoluzione della Jugoslavia e la dichiarazione d’indipendenza della Croazia, il Derby Eterno diventa uno scontro simbolico tra due vessilli della resistenza croata contro la Serbia e il regime di Slobodan Milošević. Mentre il Paese precipita nella guerra d’indipendenza (1991-1995), gli ultras scendono in campo nel senso più letterale del termine. Torcida e Bad Blue Boys si arruolano in massa nell’esercito, e alcuni non torneranno mai più a casa, trasformandosi in martiri del nazionalismo croato.
Nel frattempo, gli stadi diventano improvvisati centri logistici di guerra: il Maksimir di Zagabria viene usato per l’addestramento militare, mentre il Poljud di Spalato subisce danni dai bombardamenti serbi. In questo scenario di conflitto e ricostruzione, l’Hajduk Spalato partecipa attivamente al supporto dei soldati croati e della popolazione colpita dalla guerra. Nel 1992, con la nascita della Prva HNL, il primo campionato croato indipendente, l’Hajduk conquista subito il titolo inaugurale e si conferma tra i club più prestigiosi del Paese, aggiungendo altri due scudetti nel 1994 e 1995.
A Spalato, la storia dell’Hajduk si intreccia con l’orgoglio dalmata, mentre a Zagabria la Dinamo vive un periodo di profonde tensioni politiche e identitarie.
Nel 1993 il presidente croato Franjo Tuđman, deciso a trasformare il club in un simbolo della nuova Croazia, impone il cambio di nome in Croatia Zagabria. L’intento è chiaro: farne la squadra di riferimento dello Stato, proprio come la Stella Rossa per la Serbia. I Bad Blue Boys non la prendono affatto bene. Per loro, quel nome è un tradimento della storia del club, un’imposizione dall’alto che snatura l’identità della Dinamo. Scatenano anni di proteste, trasformando lo stadio Maksimir in un’arena di contestazione politica. E alla fine vincono loro: nel 2000 la Dinamo riottiene il suo nome storico e l’esperimento Croatia Zagabria finisce nel dimenticatoio.
I Bad Blue Boys in un derby di tre anni fa al Maksimir
Con la fine della guerra nel 1995, il calcio torna a essere (quasi) solo calcio. L’Hajduk mantiene il suo legame viscerale con la Dalmazia e la sua anima ribelle, mentre la Dinamo inizia a dominare il campionato, forte di risorse economiche superiori e di una gestione più solida. Ma se sul campo la Dinamo prende il sopravvento, fuori il derby rimane infuocato. Non è mai stata solo una partita, e dagli anni ’90 in poi diventa un vero e proprio rito identitario, che riporta a galla la guerra, la politica, la storia e le divisioni che segnano il Paese.
Basta ripercorrere brevemente i fatti dell’anno scorso, in occasione della sfida di Coppa nazionale tra le due squadre: invasione di campo, calciatori costretti a riparare negli spogliatoi, lancio di fumogeni e seggiolini, agenti feriti; poi, fuori dallo stadio e durante la notte, una città (Spalato) messa a ferro e fuoco tra cassonetti dati alle fiamme e auto della polizia distrutte. Un bilancio finale, con dispiegamenti di forze dell’ordine eccezionali che prevedono anche l’intervento di un elicottero, di 51 arresti tra gli ultras.
Il Derby Eterno oggi
Sono ben 29 i campionati vinti dalla Dinamo, contro i 15 conquistati dall’Hajduk. Oggi la Dinamo Zagabria è data favorita, complice la partita tra le mura amiche, malgrado il ritardo di sei punti in classifica rispetto all’Hajduk (secondo alle spalle del Rijeka). Il dominio della Dinamo negli ultimi anni è stato netto, ma il fascino del derby va ben oltre i numeri: ogni sfida è una battaglia, e spesso gli equilibri si ribaltano nel momento più inaspettato, con partite dentro le partite che si alimentano di episodi, momenti, esaltazioni.
L’Hajduk, in cerca di riscatto, si affida ora alla grinta di Gennaro Gattuso, subentrato in panchina con l’obiettivo di riportare il club al vertice. «Queste sono le partite che ti fanno battere il cuore, e chi non ha il fuoco dentro è meglio che resti a casa», ha commentato il tecnico calabrese alla vigilia del match. «Questo è il tipo di partite a cui tutti vogliono partecipare, compreso chi non gioca», gli ha fatto eco Fabio Cannavaro dalla panchina della Dinamo Zagabria. Ad aggiungere altra carne al fuoco è la classifica, che come detto vede la squadra della capitale al terzo posto, a sei punti dalla vetta, e i dalmati all’inseguimento. Anche dal punto di vista sportivo, sarà una partita a dir poco importante.
Per la prima volta il derby di Milano si disputerà all'ora di pranzo per venire incontro alle esigenze cinesi. Il rischio è che la dicotomia nostalgici-moderni perda di vista i veri problemi delle due milanesi e del calcio italiano in generale.
La rincorsa è breve, il tiro di piatto destro è ben angolato ma Goycochea parte prima, si distende alla sua sinistra e respinge a due mani: la Jugoslavia è eliminata dai Mondiali di calcio, per l’ultima volta.