Estero
12 Dicembre 2024

Ecco Guardiola, quello vero

Il tecnico catalano ha perso il controllo di sé, mostrandoci suo malgrado un volto sincero.

Ce l’abbiamo fatta, abbiamo visto rosicare Pep Guardiola. Rosicare è un eufemismo, Pep ha proprio perso il controllo. Da più di un decennio in testa al mondo del calcio, siamo stati costretti a sorbirci la sua divinizzazione da Barcellona a Manchester (un po’ meno a Monaco di Baviera), a sentirlo chiacchierare come un filosofo imprescindibile, quindi a vederlo come mentore scimmiottato più o meno bene dai suoi allievi. Ma in queste settimane abbiamo scoperto una nuova immagine di Guardiola. Più realistica, più umana, più sincera. A tutti gli effetti una rottura con il suo passato, dovuta principalmente alla crisi sportiva del suo Manchester City.

Sei partite perse in un mese: lo abbiamo visto tutti, è stato un autunno terribile per Pep. Parliamo di un’emorragia che non si arresterà presto, realisticamente. Troppo pesante l’assenza di Rodri, fresco vincitore del Pallone d’Oro, troppo gravi gli errori compiuti dalla dirigenza del City nell’ultimo biennio. Così, dopo sei campionati vinti in otto stagioni, la tirannia di Guardiola sulla Premier League pare esser messa finalmente in discussione. Un declino che potrebbe giovare al Liverpool di Slot o al Chelsea di Maresca, due esordienti assoluti sulla panchina del campionato inglese. Per scorno di Klopp, allenatore meraviglioso che in nove anni ha raccolto soltanto una Premier League.

Tuttavia, in un contesto così rovente, sarebbe ingiusto concedersi a un’analisi prettamente sportiva. Allora, una premessa. La gioia profusa per questo Guardiola in balìa della tempesta non è da confondere con la commozione tipica di chi assiste alla caduta del titano. Concretamente, perché non è (ancora) tempo di celebrare riti funebri al Manchester City: nonostante le difficoltà recenti, parliamo di un club-impero destinato a dominare questo sport per chissà quanto tempo. Arbitrariamente, perché l’oggetto più attraente di tutta questa situazione è proprio il nuovo volto di Guardiola, il volto di un uomo in totale difficoltà, come mai si era visto prima, agitato e fuori controllo come mai era accaduto nella sua carriera. Utilizzeremo lo sport come mezzo per comprendere l’uomo, o meglio, un uomo.



Le immagini in cui abbiamo visto Guardiola reagire in modo smisurato, perdendo spesso il controllo, sono più impattanti di qualsiasi analisi tattica. Esse ci restituiscono una leggera emotività a questo sport così corrotto dal piattume tipico di un esasperato media training, ma soprattutto perché costituiscono un’effettiva rottura comunicativa con chi, più di ogni altro, ci aveva deliziato con una personalità così misurata quanto fittizia, apparente. Vedere Guardiola scadere in reazioni così umane ci permette, forse, di riaffacciarci più genuinamente al calcio. Che a farlo sia – seppur indirettamente – l’allenatore che ha fatto del controllo disumano, ipertattico e geometrico il suo indelebile marchio di forza, è uno strano scherzo di Eupalla.

Sono due gli episodi specifici che ci hanno restituito questo nuovo (sempre antico) Guardiola. Il primo: il volto tagliato e graffiato dopo il pareggio contro il Feyenoord in Champions League. Il secondo, le sei dita alzate contro i tifosi del Liverpool negli ultimi minuti del match di Anfield in Premier League. Entrambi i gesti possiedono un’intensità teatrale e di significato poco comune in questo calcio. Sono gesti prima di tutto liberi di ogni tipo di ragionamento, misura, sobrietà da riflettori.

Guardiola distrutto
Un uomo distrutto (foto Amazon)

Su The Athletic, Tom Harris ha giustamente fatto notare che «quando un giornalista gli ha chiesto se stava “perdendo la calma” dopo aver alzato sei dita in aria ad Anfield lo scorso weekend (per segnalare i suoi sei titoli di Premier League), Guardiola ha sostenuto che non è mai stato calmo in primo luogo. Stava solo vincendo le partite».

Nello stesso articolo, l’autore ha consultato Leif Gunnar Smerud, psicologo norvegese a stretto contatto col calcio professionistico, il quale ha aggiunto: “Le pressioni esterne sono più visibili, ma è questa tensione interna che definisce il modo in cui affrontano le sfide“. Tradotto: i problemi di Guardiola riguardano i suoi demoni, e la mancanza di risultati non fa che aggravare questa situazione . . .

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