Ritratti
25 Gennaio 2025

Evonne Goolagong, la rivincita degli ultimi

La tennista aborigena che ha cambiato l'Australia.

Quella della tennista australiana aborigena è una storia che contiene in sé tanti aspetti, non solo sportivi. Parla di successo, di riscatto, di inferiorità imposta a minoranze etniche per legge e per uso quotidiano. In un Paese che si definisce civile e all’avanguardia, nel XX secolo la linea guida della politica è rendere l’Australia un Paese white. Sottomettere o eliminare il resto. Anche nello sport vige la stessa regola. Se si gioca a tennis una persona “nativa” può fare da raccattapalle. Una ragazzina di etnia Wiradyuri cambierà per sempre le regole del gioco. Con forza e determinazione, senza rancori o senso di rivalsa. Si chiama Evonne Goolagong (1951) e questa è la sua storia.


Normalizzare gli aborigeni (oppure farli fuori)


Inizi del ‘900. Le politiche adottate dai vari governi hanno limitato i flussi migratori. Lo scopo è il controllo del mercato del lavoro interno. Soltanto dopo la fine della Seconda guerra mondiale l’Australia apre le frontiere ai lavoratori – bianchi – provenienti dal resto d’Europa. Sono gli anni della White Australia policy. Nessuno si scandalizza quando viene deciso di sottrarre i bambini alle tribù aborigene per costringerli a vivere in orfanotrofi o presso famiglie bianche per “riprogrammarli”. Anzi, sembra quasi filantropia. La realtà è che i nativi vivono in riserve prive di servizi sanitari.

Nella metà del ventesimo secolo qualcuno di loro sarà riuscito a inserirsi nel tessuto lavorativo, ma a caro prezzo e al margine di qualsiasi opportunità concreta. È il caso di Ken e Melinda Goolagong, che nel 1958 risiedono nel villaggio di Barellan, Nuovo Galles del Sud. I coniugi appartengono alla tribù dei Wiradyuri. Ken è un tosatore di pecore, bravo anche a fare riparazioni nelle fattorie. Melinda bada agli otto bambini. Vivono in una baracca di legno senza pavimento, senza frigo e senza telefono. Ogni tanto arriva a Barellan un imponente macchina a quattro porte, con dentro tipi in giacca e cravatta dall’aria severa e tanto WASP.

E quando arriva quella gente a Melinda si ferma il cuore, magari sono quelli della previdenza sociale venuti a portarle via i figli.

La terzogenita si chiama Evonne. Passa interi pomeriggi a giocare a battimuro con una racchetta di compensato, ricavata dalle cassette della frutta. A volte raggiunge il Barellan War Memorial Tennis Club. C’è qualcosa in quel mondo patinato e soave, dove tutti sono bianchi e vestono di bianco, che la affascina. Tutti sembrano rilassati e cortesi. Perfino con lei. Un giorno qualcuno le presta una racchetta vera. Così, non appena si libera un campo la ragazzina prova qualche nuovo colpo. Il fondatore del club, Bill Kurtzman, l’ha notata e le chiede addirittura se per caso vuol prendere parte a un torneo con altri coetanei.


Niente male, la ragazzina


1961. Evonne è diventata la vera attrazione del Barellan War Memorial Tennis Club. Vince i tornei con i pari età ma batte anche i più grandi. È talmente brava che sembra giocare senza pressione addosso. Il che non sempre è un bene, un po’ di tensione ci vuole. Arrivano a Barellan Colin Swan e Faith Martin, due istruttori dalla Tennis Academy VAETS diretta da Vic Edwards.

I due sono senza parole: Evonne è il prospetto più interessante. Ma c’è un problema: non è bianca. I due prendono il telefono e invitano Edwards a Barellan per dare un’occhiata di persona. Edwards arriva e rimane a bocca aperta quanto i due emissari. Tempismo, determinazione e coordinazione. Il problema del colore della pelle va comunque risolto, e nell’Australia di quegli anni non è questione di poco conto.


Tempo al tempo


1964. Il direttore del VAETS si è convinto a ospitare Evonne a Sydney. L’anno prima la bambina ha passato qualche settimana a casa sua durante le vacanze scolastiche e ha disputato tornei con avversarie molto quotate. Disinvolta, umile, mai aggressiva, anche troppo elegante. Edwards non ha dubbi: punterà sull’aborigena. Anche l’esperimento domestico è andato benone. La convivenza tra Evonne e le figlie degli Edwards è filata liscia mentre la lontananza dai genitori Ken e Melinda non ha avuto ripercussioni sulla bambina.



Vic Edwards non è solo l’allenatore. È una sorta di padre che, oltre ad allenarla, le consente di proseguire gli studi. Senza di lui non sarebbe possibile. Nell’antica Roma c’erano i liberti, nell’ Australia del XX secolo un garante bianco risolve tanto. Lui la protegge spesso da attacchi razzisti, le paga la retta al Willoughby Girls High School. A 16 anni Evonne è forte, sicuramente la più forte del Nuovo Galles del Sud. Si adatta a tutte le superfici, è velocissima, ha riflessi felini, maturità tattica fuori dal comune. Non è ancora al livello delle anziane ma – Edwards ne è sicuro – in pochi anni se la giocherà con tutte le migliori.


Here I am


Tra il 1968 e il 1969 la Goolagong vince cinque tornei australiani, incluso il campionato statale del Nuovo Galles del Sud. Per Edwards, ora lei è pronta per il grande salto. Il 1970 inizia al meglio: il manager/patrigno le ha comunicato che a giugno parteciperà al torneo di Wimbledon e che, dal mese di marzo, prenderà parte a una serie di tornei di preparazione. Lo sbarco nel Regno Unito promette bene: vince il torneo di Southport, poi quello di Cumberland.

A pochi giorni dall’inizio del torneo di Wimbledon viene invitata con Mr. Edwards a un party indetto dall’organizzazione del torneo. Qui Evonne incontra Roger Cawley, un tennista inglese di qualche anno più grande. I due iniziano una relazione che sconvolge le dinamiche di rapporto tra la ragazza e l’allenatore. Edwards si sente tradito e non fa nulla per nasconderlo. Il sorteggio è benevolo: 6-1 6-2 con la francese Odile de Roubin. Al secondo turno Evonne deve giocare sul Centre Court di Wimbledon. Le capita un’avversaria scomoda, l’americana Peaches Bartkowitz.

Mentre esce dagli spogliatoi del Centrale la diciannovenne di Barellan dà un’occhiata alla folla stipata sulle tribune. S’intimorisce a tal punto che sceglie di non alzare più lo sguardo dal gioco per tutta la durata del match. Finisce 6-4 6-0 per l’americana del Michigan. Ma Evonne mostra una sorprendente capacità di metabolizzare le difficoltà: vince un torneo a Monaco di Baviera, poi si aggiudica gli Open del Queensland, a Brisbane. Verso la fine dell’anno arriva la convocazione per rappresentare l’Australia nella Fed Cup, l’equivalente al femminile della Coppa Davis.


Paese che vai, razzismo che trovi


Agli Australian Open è testa di serie numero due. Gli sponsor vogliono che l’edizione 1971 si tenga a Sydney e non a Melbourne, nella prima metà di marzo. Evonne si sbarazza di tutte le avversarie e solo a causa dei crampi non riesce a battere in finale Margaret Court. Ma si rifà vincendo il doppio dei campionati australiani in coppia proprio con la Court, campionessa nota anche per le una serie di posizioni pro-apartheid in Sud Africa.

Evonne Goolagong
Foto Rob Mieremet / Anefo tramite Wikipedia

E proprio per via della partecipazione a un torneo che si tiene a Johannesburg in aprile Evonne rimane coinvolta in una rovente polemica, accettando di giocare come bianca onoraria nel Paese che sembra fare della segregazione razziale la principale ragion d’essere. Gioca ugualmente, mal consigliata da Vic Edwards, perdendo la finale del singolare e vincendo in doppio con la Court l’Open del Sud Africa. Poi partecipa al Roland Garros come testa di serie numero tre e vince senza concedere nemmeno un set alle avversarie. Tra le sue vittime c’è anche l’italiana Lea Pericoli. In finale la Goolagong si sbarazza della connazionale Helen Gourlay.


Wimbledon


Evonne sprizza gioia, è in gran forma e sa che rivedrà Roger. I primi tre turni sono quasi una formalità. Poi elimina anche la connazionale Lesley Hunt. Nei quarti incontra un’avversaria tosta, l’americana, Nancy Richey, vincitrice degli Australian Open e del Roland Garros. Se la deve vedere in semifinale con Billie Jean King, la tennista che gioca indossando gli occhiali da vista, conosciuta a livello extra tennistico per essersi sempre battuta a favore dei diritti di donne e omosessuali. Match perfetto. Poi la finale contro una Margaret Court, in fase calante, è l’ennesimo capolavoro. A 19 anni Evonne Goolagong vince così il più prestigioso torneo al mondo.

Pochi mesi dopo riceve il riconoscimento di Australiana dell’anno. È la prima volta in assoluto che un aborigeno riceve tale onorificenza. Nel frattempo, il rapporto tra Evonne e l’allenatore-patrigno Vic Edwards è finito. Lei sposa Roger Cawley. Dopo la vittoria a Wimbledon nel 1971 la tennista australiana si aggiudica oltre 25 tornei internazionali ma perde sei finali su otto nei tornei del Grande Slam. Nel 1973 vince gli Internazionali d’Italia battendo l’astro nascente, l’americana Chris Evert. A ottobre sconfigge nuovamente Billie Jean King nelle semifinali dei Virginia Slims di Los Angeles. Al termine del match la King afferma:

«È stato come giocare contro una pantera. Ha una mobilità fuori dal comune e gioca con un senso dell’estetica unico. Certe volte mi sono soffermata a osservarla estasiata, da fondo campo, quasi dimenticandomi che anche io dovessi colpire la palla».


Cambiamenti


Mentre Evonne Goolagong è negli Stati Uniti, dopo un secolo e mezzo di quasi-apartheid l’Australia ha abbracciato il multiculturalismo e avviato riforme che prevedono il riconoscimento e il rispetto delle diversità etniche e culturali. E mentre l’Australia pian piano cambia, o almeno ci prova, nel 1977 Evonne Goolagong Cawley ha una figlia, Kelly. Dopo aver vinto gli Hilton Head Classics di Charlotte negli USA, al secondo mese di gravidanza la tennista si prende una pausa. Dalla ripresa delle attività nel novembre del 1977 ha vinto di nuovo: 13 tornei e gli Australian Open, per la quarta volta consecutiva. Ma qualcosa è cambiato.

È una madre: sente la differenza nella testa, nei riflessi, le avversarie lo sanno. Qualcuna ci è già passata. Dopo la nascita del secondo figlio non ha vinto più nulla di importante.

Si vocifera di un imminente ritiro dal tennis. È dagli Australian Open del 1977 che non gioca una finale del Grande Slam. A Wimbledon 1980 suo marito è lì a sostenerla, a consigliarla. Nei primi tre turni le avversarie sono abbordabili. Al quarto trova la diciottenne ceca Hana Mandlikova. Evonne perde il primo set, poi riesce a trovare un equilibrio tra difesa e attacco, la giusta alternanza tra rovesci in top-spin e liftati e si aggiudica i due set successivi. Nei quarti di finale trova la connazionale Wendy Turnbull e vince facile. Dall’altra parte del tabellone Chris Evert è una macchina da guerra. Ma il giorno della finale Evonne sa cosa fare con Chris Evert e sciorina tutto il suo repertorio migliore. Il risultato finale è 6-1 7-6 per l’australiana di Barellan.


E poi…


A 32 anni, Evonne Goolagong si ritira. In carriera ha disputato 26 finali di tornei del Grande Slam, vincendo 7 titoli da singolarista, 5 nel doppio e uno nel doppio misto. Non si è mai aggiudicata gli US Open. In totale ha fatto suoi 72 titoli da singolarista, 45 nel doppio e 3 nel doppio misto. È stata introdotta nella Hall of Fame del tennis nel 1988. Nel 2002 ha guidato la nazionale australiana come capitano non giocatore. L’anno successivo è nominata sportiva oceanica dell’anno dal CIO. Nel 2018, a 66 anni, ha ricevuto l’Ordine di Australia. Nel 1991, anno della morte della madre, torna a vivere in Australia, dopo aver passato quasi venti anni tra South Carolina e Florida.

Dal 1997 è ambasciatrice dello sport per gli Aborigeni e gli Isolani dello Stretto di Torres. Ha istituito la Evonne Goolagong Foundation per diffondere il tennis nelle comunità aborigene con il fine di promuovere istruzione e buona salute. Vic Edwards si è ritirato dalla scena dopo la rottura con Evonne. È stato uno dei maggiori promotori del tennis in Australia lanciando giocatori del calibro di John Newcombe, Fred Stolle, Bob Hewitt e Kim Warwick. È morto nel 1984, a 75 anni. Evonne Goolagong è, tutt’oggi, ancora sposata con Roger Cawley. E anche questi sono successi importanti, non solo l’aver piegato i razzisti con la forza dell’esempio. Senza astio, solo risultati.

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