Mark J. Williams vince contro John Higgins una delle finali mondiali di snooker più belle degli ultimi anni, sancendo il ritorno del grande campione gallese.
Nunc demum redit animus. Finalmente tornammo a respirare. In un frangente sportivo che sembrava cristallizzato a 15 anni fa, due giganti della disciplina si scontrano in finale mondiale, tutto come ad inizio anni 2000: solo alcuni evidenti segni del tempo che attanaglia i due giocatori ci ricordano l’incedere incalzante dei giorni che trascorrono. Finalmente si torna a respirare, dopo quattro edizioni del mondiale che non avevano proprio entusiasmato i tifosi, anche per la mancanza ad alto livello di un grande campione della disciplina, che proprio quest’anno è riuscito finalmente a ritornare ai livelli che gli competono vincendo questo torneo, uno dei più importanti. E come un finale troppo scontato e troppo bello per essere vero, proprio nell’anno che doveva essere quello del ritiro e dell’anonimato sportivo, uno drago gallese riemerge e come nel più tradizionale racconto druidico si consegna al mito, varcando il sacro confine che divide la Storia dalla Leggenda.
Mark J. Williams, “The Welsh Potting Machine” stravince il mondiale 2017-2018 di snooker, dominato sia sul piano psicologico (che è stato negli ultimi anni il suo tallone d’achille) che del gioco. Per capire l’entità di questo trionfo sportivo bisogna capire chi è MarkWilliams, di come un istrionico burlone e fenomenale trascinatore di tifosi diviene icona fulgida, e perché sotto sotto a tutti noi piace questa irriverenza così naturale e senza filtro in antitesti al rigido e british snooker. Nato in Galles nel 1975 proprio come O’Sullivan e Higgins, figlio di un minatore, ad 8 anni comincia a giocare ed a frequentare l’accademia di snooker, e sotto la guida del suo idolo Reardon diventa pro nel 1992 a 17 anni. La sua cariera si dividerà in tre tronconi: dal 2000 al 2003 l’apogeo, 2 titoli mondiali, 15 tornei full ranking, nessuno gli può stare dietro a livello di gioco e costanza. Inarrivabile. Gioca veloce ma senza essere caotico, fluttua intorno al tavolo, ma ha una peculiarità: non è un gran centurione, ovvero un giocatore che ha serie di 100 punti o più; appena ha vinto il frame smette e non si danna l’animo per costruire serie lunghe. Prende tutto come un gioco e fa divertire gli spettatori con un comportamento finto-serio, molto ironico, a tratti comico.
Poi il giocattolo si rompe, tanti soldi, molta fama e poco interesse nell’allenarsi: vuole riprendersi dal tempo investito a giocare, ad allenarsi, a viaggiare, dall’infanzia mai avuta. Non si riconferma come nr.1 al mondo, scivola nel ranking, ma soprattutto non vince un full ranking per quasi 7 anni, fino alla stagione 2010-2011 quando vince il German Master, ed arriva in semifinale del mondiale, ma è comunque una parentesi breve e poco duratura. Sembra il canto del cigno, perde posizioni nel ranking ed alterna qualche discreto risultato ad ecatombi sportive come l’eliminazione al primo turno dal mondiale del 2015 e la mancata qualificazione alla fase finale del mondiale del 2017. Vuole smettere, non ha più passione, è eroso da uno sport stressante e feroce, che negli ultimi anni sta inseguendo i social ed il nuovo pubblico asiatico. Ci sono molti più soldi di prima, ma all’umile Willo (soprannome per gli amici) non interessa. Non vuole perdere se stesso, figlio di un minatore del Galles. Non vuole rinunciare al pub con gli amici per palcoscenici dorati di lidi lontani. La sua vita è la semplicità contadina e la famiglia, moglie e 3 figli. Ormai ha già sciolto i contratti di sponsorizzazione e non vuole rinnovare la licenza pro.
Una carrellata di colpi che lo hanno portato alla finale al Crucible: dai colpi a occhi chiusi a quelli senza guardare la biglia bianca…
Ma qualcosa cambia, parla con la moglie, si affida a dei mental coach e ad un nuovo allenatore. Capisce che il problema è solo nella sua testa e non è tecnico o altro. Cambia approcio, gioca come se fosse in pensione, per divertirsi ma soprattutto per divertire: con questa leggerezza comincia la stagione 2017-2018 in cui il tutto assume una dimensione leggendaria. Vince 2 titoli full ranking e si qualifica al mondiale. La sua prima dichiarazione è fattuale: “Non so quanti altri mondiali disputerò, per me è già una finale essere qui”, per poi aggiungere una stoccata in perfetto stile Williams:
“Se vinco il mondiale vado in conferenza stampa nudo”
La magia prende forma e si concretizza: se i primi due incontri sono sfide impegnative ma assolutamente alla portata di Willo, dai quarti di finale si entra in una atmosfera surreale a Sheffield, la città dell’ acciaio e dello snooker. Prima annichilisce Carter, il carnefice di O’Sullivan al secondo turno; poi contro Hawkins in un match che vede il gallese sotto per tutto il match fino al 15 pari, dove si invola da solo verso il 17-15 che gli spalanca le porte del Paradiso. La finale è strana e difficile, un po’ come la sua vita, e chi poteva incontrare in finale se non il terzo gemello della classe 1972, John Higgins? Già quattro volte campione del mondo, e finalista l’anno scorso, l’osso più duro. Si parte subito 4-0 Williams, e si termina la prima sessione 5-3 per lui. Il vantaggio rimane +2 fino al 15-15; poi si va al 17-15 sempre per il gallese, ma poi sbaglia l’imbucata della vittoria, ed il re si scopre nudo per la prima volta. Higgins vince il frame e si va 17-16, tutti danno per spacciato Willo; tutti si ricordano la sua incostanza ed il famoso “braccino” che viene nei momenti importanti, si aspettano il crollo.
Ecco che giocatore è Mark Williams: due “plant” – due combinazioni dove si colpisce una biglia che a sua volta ne spingerà un’altra in buca – nello stesso frame, in finale mondiale.
Ma è un giocatore diverso ora, Williams, che sa che cosa sono le cose importanti nella vita, e di certo imbucare una biglia in più o in meno per lui non fa differenza. La differenza è potere andare dalla sua famiglia felice e contento: più di una volta incrocia lo sguardo della moglie e dei figli, e forse per la prima volta negli ultimi anni sa che la felicità la può raggiungere ancora tramite lo snooker, come tanti anni fa. Si alza dalla sua poltrona, e mette a segno la sua serie conclusiva: in perfetto stile Williams quando raggiunge i punti necessari per la vittoria sbaglia apposta una biglia facile per potere cominciare a festeggiare e si concede a fan, familgia e ad un sentito applauso del suo avversario ed amico John Higgins. Il Crucible è suo.
Dopo tanti anni Williams dimostra due cose: la prima e la più importante è che è felice tramite lo snooker: ancora una volta ha rivoltato la sua esistenza ed emozionato milioni di persone non solo per il gioco – stellare e impeccabile come ai tempi migliori – ma anche per come riesce a rendere umana e divertente, quasi semplice, una disciplina spesso neutra e dura. E la seconda è che è un uomo di parola: Mark J. Williams, in conferenza stampa, nudo ci è andato veramente.
Far respirare l'immagine sportiva è un dono che pochi hanno, ed è difficile farlo risplendere. Maurizio Cavalli è uno di quelli che ci riesce, grazie a una profonda conoscenza dello sport costruita attorno a una passione sconfinata. Tra NBA e biliardo, attraverso 40 anni di cultura italiana.