“Figli, siate valorosi e forti nella legge, perché in questa sarete glorificati. Ecco qui vostro fratello Simone, che io so uomo saggio: ascoltatelo sempre, egli sarà vostro padre. Giuda Maccabeo, forte guerriero dalla sua gioventù, sarà capo del vostro esercito e condurrà la battaglia contro i pagani. Voi, dunque, radunate intorno a voi quanti praticano la legge e vendicate il vostro popolo; rendete il meritato castigo ai pagani e applicatevi all’ordinamento della legge”. (Primo Libro dei Maccabei)
Con queste parole, Mattatia (Matisyahu ben Yochanan HaCohen), sacerdote della prima classe sacerdotale ebraica e padre dei Maccabei e dei loro successori, si rivolse alla propria stirpe invocando una reazione contro i giudei ellenizzati e il re seleucida Antioco IV nel 166 a.C. Nell’invocazione di Mattatia è insito lo spirito stesso dell’ultima grande affermazione politica della civiltà ebraica prima della conquista romana. Un’affermazione dal cuore profondo della Giudea, ostile tanto ai tentativi ellenizzanti dei sovrani siriani (culminanti nella trasformazione del Tempio di Gerusalemme in tempio dedicato a Zeus), quanto a quella parte di popolazione ebraica rea di aver tradito le fondamenta stessa dell’identità del Popolo Eletto.
Morendo mentre pronunciava simili parole, secondo la tradizione, Mattatia lasciò che suo figlio Giuda, detto poi il Maccabeo, scatenasse una spietata guerriglia contro l’impero seleucide. Nel termine stesso “Maccabeo”, che deriva dall’aramaico Makkaba cioè “martello”, è dunque insito lo spirito combattivo e indomito dell’anima ebraica, la sua insofferenza nel lasciarsi facilmente assorbire o assimilare da culture o imperi reputati avversi.
Il sacrilegio di Antioco, William Bromley (1815)
La guerriglia dei Maccabei fu soltanto la prima di una lunga serie di rivolte, scaturite sempre da quella Giudea profonda, violenta, non intenzionata a scendere a compromessi né a lasciarsi sopraffare facilmente, che fu poi definitivamente schiacciata dai Romani. Per riemergere intatta, nel nome e nelle intenzioni, nella rinnovata statualità sionista d’Israele; animata ancora, e oggi sempre più, dalla stessa carica aggressiva e militante.
Maccabi è termine che indica coraggio, desiderio di ottenere il successo e la vittoria a ogni costo. Nel mondo sionista e israeliano contemporaneo il “Movimento Maccabi”, specialmente in ambito sportivo, rappresenta molto più che un semplice marchio commerciale, un brand o un appellativo utile soltanto per esaltare la grandezza della propria squadra di calcio o pallacanestro. In gioco vi è storicamente l’identità stessa del sionismo militante.
Il “Movimento Maccabi” viene fondato nel 1895 a Costanza nell’Impero Austro-Ungarico da Emanuel Löwy e Max Nordau, traendo il suo nome proprio dai fratelli Maccabei, simbolo di resistenza e autodeterminazione ebraica.
Costanza fu scelta come sede fondativa poiché rappresentava un importante centro culturale ebraico, strategico per la diffusione delle idee sioniste e dell’emancipazione fisica e morale del popolo ebraico in un’epoca di crescente antisemitismo. Il suo scopo iniziale era promuovere un modello di ebreo forte e sano, legando sport e identità culturale, in linea con la visione di Max Nordau sul “Muskeljudentum” (ebraismo muscolare), che mirava a contrastare gli stereotipi sull’indebolimento fisico degli ebrei.
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