Tra noia, fughe e volate ad alta velocità, il Giro d'Italia convalida la sanguinosa occupazione israeliana nelle terre palestinesi.
Immaginare un inizio di Giro d’Italia così brutto era difficile, ma viste le premesse lo sforzo non è stato così grande. La propaganda messa in atto da Israele, per volere del prepotente Netanyahu e per mezzo di soldi a palate che hanno ricoperto la Corsa Rosa, ha necessariamente sollevato un discreto polverone – per usare un eufemismo – che va avanti dallo scorso autunno, periodo dell’annuncio ufficiale della partenza da queste zone.
Le menzogne degli addetti ai lavori, su tutti alcuni giornalisti Rai che non hanno fatto altro che esaltare le meraviglie di “un popolo che ama andare in bicicletta, che usa la bicicletta, tanti giovani sulle due ruote che sembra di stare in California!” – il tutto mentre a pochi chilometri si spara sulla gente che manifesta – rafforzano l’idea di quanto ci sia stato di sbagliato nella partenza da Gerusalemme Ovest e di come l’accusa di ”sport washing” avesse basi solide. Gli israeliani, che dopo aver costruito con il sangue edifici e check point, ora cercano di costruirsi un’immagine pulita usando lo sport come mezzo di persuasione, hanno pagato fior di quattrini per dare al mondo immagini televisive mirate su monumenti e luoghi di interesse turistico, cancellando ogni traccia del mondo palestinese, legittimando la propria presunta grandezza, reprimendo con le armi la voce di chi quelle terre le abita da secoli.
Confezionato lo stucchevole pacchetto Giro-Israele, tappiamoci il naso e parliamo della corsa. I primi tre giorni di gara sono stati un noiosissimo prologo allo sbarco in Sicilia. Una vacanza nella meravigliosa Gerusalemme, poi verso Tel Aviv e infine attraversando il deserto del Negev (per la verità con immagini da mozzare il fiato, deserto, tende di beduini e un messaggio al mondo intero dato da un paio di tette al vento, splendide per natura) fino a Eilat, tappe noiose, senza alcuno spunto tecnico e tenute vive solo dai funambolici sprinter e dalla follia di un gruppo che si lancia negli ultimi 10 chilometri a 60 km/h (con vento a favore nella giornata di domenica si sono raggiunte velocità maggiori) per mettere nella migliore posizione possibile i propri capitani e velocisti.
Lo spunto più interessante arriva dalla ricognizione della prima tappa: provando il percorso della breve cronometro inaugurale, Chris Froome chiude troppo una curva e va a terra. Nulla di compromesso, qualche botta, qualche secondo di troppo perso nella crono vera e propria vinta da Tom Dumoulin, ma la possibilità nei giorni seguenti di pedalare tranquillo e recuperare regalando anche spesso e volentieri qualche sorriso alle telecamere e in gruppo (a proposito di ripulirsi l’immagine).
Dopo l’avvio in rosa di Dumoulin i due giorni successivi danno all’Italia l’importante doppio successo firmato da Elia Viviani e sul quale si sono sprecati i vari ”Telaviviani” ”Elia il profeta in terra santa” “Eilat? Elia!”. Il velocista della – sin qui in stagione – mattatrice Quick Step ha dimostrato ancora una volta di essere insieme a Vincenzo Nibali, in attesa di Moscon e Ganna e del recupero di Trentin, il ciclista italiano più forte di queste ultime stagioni, anche se al suo cospetto non è che proprio ci sia il gotha dello sprint mondiale. L’irlandese Sam Bennett nella volata di domenica ha provato anche a fermare il veronese agendo in modo scorretto, mentre il bresciano Jakub Mareczko sabato ha provato d’astuzia venendo però fagocitato da un affamato Viviani, sul traguardo. Con loro si piazza anche un buon Sacha Modolo che di sicuro su arrivi più complessi potrà diventare anche il favorito per vincere una tappa. Un caparbio Rohan Dennis si prende la Maglia Rosa grazie agli abbuoni, mentre Barbin e il canadese Boivin se le danno a suon di fughe per i primi punti della classifica dei Gran Premi della Montagna.
Da domani si risale l’Italia partendo dalla Sicilia, cambieranno gli scenari e le strade e con la tappa di Caltagirone prima e l’arrivo sull’Etna poi, si inizierà subito agonisticamente parlando, a fare sul serio, senza però dimenticare quello che succede a Gaza.
immagine di copertina da https://twitter.com/India_Israel