Altri Sport
08 Settembre 2025

Grandi come il mondo

L'Italvolley femminile è campione mondiale.

Fino alle 14.30 del 6 settembre 2025 c’era un solo aggettivo per definire la Nazionale italiana di volley femminile: “ingiocabile”. Questa squadra nell’ultimo anno sembrava davvero perfetta in ogni fondamentale: in difesa l’eterna Monica De Gennaro; a muro le fortissime centrali, la capitana Anna Danesi e Sara Fahr: in attacco la certezza Paola Egonu (l’opposto che potevamo permetterci di sostituire con Kate Antropova); e poi, ovviamente, Myriam Sylla, semplicemente onnipresente. Tutto questo aveva portato l’Italia a ben 34 vittorie consecutive.

A metà di questa striscia positiva, l’11 agosto 2024, le Azzurre si erano laureate campionesse olimpiche dopo un percorso nettissimo che aveva visto la sua degna conclusione in una finale nella quale era sembrato che stessero letteralmente passeggiando sugli Stati Uniti ai quali metaforicamente non avevamo mai permesso di entrare in campo: 3 a 0 finale (parziali di 18-25, 20-25, 17-25 che non descrivono appieno lo strapotere italiano) e Lubian, Cambi, Spirito, De Gennaro, Orro, Bosetti, Danesi, Sylla, Egonu, Fahr, Omoruyi, Antropova e Giovannini regalavano alla pallavolo italiana il primo oro olimpico. Destino ha voluto che sempre contro gli USA, a Berlino nel 2002, l’Italvolley vincesse anche il primo mondiale in rosa.

Incredibilmente, mai prima di allora la nostra Nazionale aveva conquistato la corona olimpica, nemmeno con la fu “generazione dei fenomeni”, la Squadra del secolo.

Tra quelle squadre e questa un punto in comune: il commissario tecnico Julio Velasco. Forse proprio da lui bisogna partire per poter comprendere questa Nazionale. Se l’Italia è una Nazione i cui allenatori sono corteggiati in ogni parte del mondo, c’è comunque un solo Julio Velasco: quando arrivò alla guida della squadra maschile a fine anni ‘80 spazzò via quegli alibi che per decenni avevano bloccato la crescita del nostro movimento impedendo di vincere. Solo un “filosofo” come lui poteva riuscirci.

Il suo approdo sulla panchina della Nazionale femminile nel 2024 seguiva le esperienze di Marco Bonitta e Davide Mazzanti. Il primo era il c.t. dell’oro mondiale del 2002 che, però, al ritorno sulla panchina azzurra non ripeté le vittorie di inizio millennio: la squadra non era altrettanto forte e, infatti, il bottino fu magrissimo con nessuna medaglia e prestazioni negative tra il 2014-2016 (addirittura a Rio 2016 l’Italia vince una sola partita per chiudere all’8° posto). Quel biennio chiuse un ciclo con l’addio delle ultime reduci di Berlino e l’apparizione di una nuova generazione promettente.

L’esperienza di Davide Mazzanti portò in dote alcune sconfitte cocenti, come l’eliminazione ai quarti alle Olimpiadi di Tokyo 2021, inframmezzate da vittorie importanti e anche un po’ inaspettate, come quella all’Europeo proprio a poche settimane dalla manifestazione olimpica. In entrambi i casi, però, i commissari tecnici avevano salutato la Nazionale non senza polemiche per la gestione del gruppo e le vicissitudini riguardanti il rapporto con alcune tra le atlete più rappresentative (vedi l’addio alla Nazionale di Francesca Piccinini nel 2016 e per fortuna quello rimandato di Paola Egonu nel 2023).



Quando, quindi, il mago Julio si siede sulla panchina dell’Italia ha di fronte una squadra con del materiale tecnico di indiscutibile valore che merita tuttavia di aggiustamenti innanzitutto mentali: è viva la polemica della giocatrice simbolo, la Egonu, con il commissario tecnico che è una delle cause tecniche della sconfitta in semifinale all’Europeo 2023 dove perdiamo contro la Turchia in una partita per lunghissimi tratti dominata.

Velasco regala alle ragazze la serenità di cui avevano bisogno e c’è una sola cosa che rende così gli atleti: vincere. Allora è impossibile non notare Orro sempre sorridente, anche quando le cose non girano; Sylla che esulta, batte i pugni, si arrabbia con sé stessa; Antropova che se non è in campo è un’ultrà in panchina. Le certezze caratteriali di questa squadra imbattibile sono il necessario antefatto per ogni cavalcata vittoriosa.  

Invero, quella azzurra, prima dell’inizio della semifinale mondiale del 6 settembre 2025, sembra una cavalcata nel deserto: dal 2 giugno 2024 in 34 partite vinte consecutivamente solo 12 set sono stati i set persi, con ben 24 vittorie per 3 a 0.

Poi qualcosa cambia il 6 settembre.

Nel corso della competizione iridata appena conclusosi in Thailandia la Nazionale aveva concesso un solo set dominando in lungo e in largo: si era iniziata a diffondere la vulgata che si vincesse per la scarsezza delle avversarie o che tutto estremamente facile. Veniva da chiedersi se, in fondo, questa squadra era in grado di soffrire. Arriva, quindi, la semifinale: c’è il Brasile, la squadra che le Azzurre non sono mai riuscite a sconfiggere ai Mondiali.

E arriva il momento che ci impone di modificare quell’aggettivo iniziale… Perché proprio così ingiocabile l’Italia non sembra. E nemmeno così fortunata: ad un minuto dalla fine del riscaldamento si fa male Fahr e poco dopo tocca a Orro; in più Egonu non sembra la stessa e uno dei nostri punti di forza, il muro, ne prende davvero poche. Invece, il Brasile è praticamente perfetto: difende tantissimo, attacca con precisione e la capitana verdeoro Gabi si trascina dietro un gruppo di ragazze che puntano a tornare la potenza di qualche anno fa.

Perdiamo il 1° parziale 25-22 eppure in quel set ci sono le premesse per la vittoria perché un’Italia “umana” costringe comunque il Brasile a faticare. Dopo aver perso il 2° set, infatti, le sudamericane devono arrivare a 30 punti per vincere il 3° per 30-28. Dal 4° parziale l’Italia ricomincia a macinare gioco e cambia l’inerzia della partita: recuperiamo e al tie-break rivediamo la nostra Nazionale perché, mentre adesso è Gabi a ritornare umana, Egonu scarica in campo tutto quello che si è riservata fino a quel momento, avendo ceduto il posto per buona parte della partita alla eccellente Antropova.

Alla fine della partite le ragazze più che felici, sono esauste. E non di meno gli Italiani che le hanno seguite. La semifinale vinta 3-2 contro il Brasile è partita da annali della pallavolo.

Tra noi e l’oro resta solo la Turchia e quella semifinale europea del 2023 da vendicare. Se la partita precedente è un’altalena di emozioni, la successiva visivamente è un elettrocardiogramma. Neanche in finale siamo ingiocabili: il nostro muro, in particolare, non riesce a bloccare né le centrali turche né, soprattutto, l’opposta Vargas. Anche questa gara è difficilissima da leggere: simile per il risultato eppure così diversa per andamento da quella col Brasile; vinciamo il 1° set giocando alla pari con le avversarie; perdiamo il 2° malissimo per 25-13; il 3° è soffertamente nostro grazie all’ace finale di Egonu per il 26-24 e il 4° è sostanzialmente molto simile al 2°.

Proprio quando sembra che non ci sia la possibilità di svoltare cambia il vento. La Turchia è una squadra iper-emozionale: difficilissima da fermare quando è calda ma capace di demoralizzarsi se smontata pezzo dopo pezzo. Anche noi abbiamo sbagliato tanto in questa finale ma l’abbiamo fatto quando tutto era recuperabile; le ragazze in rosso, invece, concentrano gli errori decisivi al tie-break.

Prima in battuta e, poi, soprattutto, quando le Azzurre iniziano a prendere le contromisure in difesa e a muro su Vargas; soprattutto però l’Italia inizia nel 5° set a fare una serie di muri-punto come mai era riuscita precedentemente, approfittando di una buona rotazione: al posto giusto, nel momento giusto. Il tie-break è l’epilogo per noi d’oro della finale del Mondiale 2025, esattamente come era stato nel 2002: a succedere alle varie Piccinini, Lo Bianco, Togut, Leggeri e Cardullo ci sono Cambi, De Gennaro, Fersino, Orro, Sartori, Danesi, Nervini, Sylla, Egonu, Fahr, Omoruyi, Giovannini, Antropova e Akrari.

E le vittorie consecutive sono 36. Per ora.

Nelle ultime due partite se non è stata ingiocabile, questa squadra è stata però indomabile vincendo di testa prima ancora che di tecnica: tranquilla, matura, presente a sé stessa, capace di leggere i momenti difficili e farne tesoro, preparata a trovare alternative valide.

Non è dato sapere se quella che abbiamo di fronte sia un’altra “generazione di fenomeni” ma sicuramente è il giusto coronamento di un percorso per tutto il movimento pallavolistico femminile italiano (il volley è lo sport di squadra più praticato dalle donne in Italia): un momento di crescita in continuità perché mentre anche la pallavolo si apre a nuove realtà (quella turca ne è un esempio lampante) e le altre nazionali, dopo le Olimpiadi, si rimodellano in vista del prossimo appuntamento a cinque cerchi, le nostre Azzurre sono una certezza e aggiungono il titolo mondiale al successo olimpico.

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