L'allenatore del Maiorca è contrastiano e selvaggio.
Javier Aguirre, 63 anni, attuale allenatore del Maiorca (ed ex tecnico di Nazionali come Messico, Egitto, Giappone, oltre che di club come Atletico Madrid, Saragoza, Espanyol etc.) prima della partita con il Barcellona ha rilasciato un’intervista a ‘El Paìs’ che è un manifesto contrastiano e “selvaggio”.
«Il vecchio calcio, il calcio nel quale in Inghilterra non si esoneravano gli allenatori, è finito. È finito anche il fatto che l’Inghilterra appartenga agli inglesi. Ci sono proprietari dagli Stati Uniti, dall’Asia. Il calcio moderno è diventato ciò che la gente vuole. A Maiorca abbiamo una zona per i tifosi dove si beve e si mangia ai piedi del campo. Guarda gli stadi. Guarda gli orari delle partite. Il calcio di venerdì sera? Prima era impensabile».
E alla domanda dell’intervistatore se gli piaccia questo tipo di calcio, ha risposto: «Devo adattarmi. Se voglio sopravvivere, devo avere uno staff che usa il GPS e mi invia informazioni con migliaia di dati. Devo guardare 87 video da diverse angolazioni e con diverse azioni. A volte, un assistente mi dà informazioni in cui mi dice che un calciatore non può giocare perché nelle metriche il suo livello di grasso è un po’ più alto. Poi vado a parlare con lui e mi dice: – Mister, sono al mio peso ideale. Non la deluderò.
Ne stavo discutendo oggi a pranzo. Volevano incorporare nei metodi un sistema usato in Formula 1. Allora ho detto: siamo 11 contro 11, c’è l’arbitro e ci sono quattro 80enni che vivono in Scozia nell’International Board. Le regole restano le stesse e non ho mai visto nessuna squadra che gioca in 12 (…) Molti aspetti sono stati automatizzati. Ma i romantici, me compreso, pensano che l’intuizione, il sentimento e l’esperienza, abbiano ancora un valore».
Infine la chiusura sull’essenza del calcio, secondo il messicano Aguirre – il quale ha allenato e vinto anche in patria – maggiormente custodita in America Latina: «Ripeto una frase che mi ha detto un allenatore messicano: tante analisi generano paralisi. Questi non sono scacchi. Non è matematica. Se un ragazzo sbaglia un gol, forse è perché ha passato una brutta serata o perché il portiere avversario lo conosceva dalle giovanili. Lavoriamo con esseri umani che sono imprevedibili. Questa è la bellezza. Non possiamo controllare tutte le variabili».
[Fonte Lo Slalom]