Ritratti
16 Gennaio 2025

Jürgen Sparwasser: quando il calcio scrive la storia

Ritratto (con intervista) ad un'icona del calcio mondiale.

Ci sono storie che si imprimono nei cuori, che superano la cronaca e diventano leggenda. Quella di Jürgen Sparwasser è una di queste. Non è solo la storia di un calciatore che ha segnato un gol immortale, è il racconto di un uomo, di un’epoca e di un paese che lottava per esistere. Una vicenda di sport, ma soprattutto di identità e dignità. Era il 22 giugno 1974 quando il mondo del calcio si è fermato per osservare un evento inedito: Germania Est contro Germania Ovest. Due mondi divisi dal Muro di Berlino, due ideologie che si affrontavano su un campo di gioco. Il protagonista? Jürgen Sparwasser, un nome destinato a risuonare attraverso i decenni.

Eppure, oggi, non tutti sanno chi sia davvero Jürgen Sparwasser, né cosa rappresenti quel gol. Ho avuto l’occasione di sentire la sua storia raccontata direttamente dalla sua viva voce, al Bootleg Pub di Milano, un luogo che ha ospitato e che continua a ospitare leggende dello sport – e non solo – in incontri davvero molto emozionanti che ho spesso avuto il piacere e l’onore di moderare. È stata una serata davvero mistica. Abbiamo conosciuto un uomo di grande sensibilità e finezza di pensiero che ha raccontato, con grande generosità, non solo del calcio di quell’epoca ma anche e soprattutto di quell’epoca e dei risvolti socio-politici che ancora oggi viviamo senza esserne consapevoli.

SPARWASSER
Sparwasser e sua moglie all’evento del Bootleg (Milano), insieme al traduttore tedesco (foto di Rudi Finco)

Raccontare la storia di Jürgen Sparwasser significa anche affrontare un capitolo importante di quella contemporanea, spesso trascurato ma fondamentale per capire il mondo di ieri e di oggi. Quel 22 giugno del 1974 ha rappresentato un momento di rottura e di riflessione, un confronto che ha superato il terreno di gioco per diventare un simbolo di dialogo e contrapposizione tra due mondi opposti.

Sparwasser stesso è conscio di ciò. Nel dialogo con lui, infatti, è emersa una consapevolezza profonda: la sua storia è diventata una leggenda perché è riuscita a rappresentare qualcosa di universale.

La sua vita è un romanzo, come ha detto lui stesso con un sorriso a Giovanni Tosco, autore appunto della sua biografia: Sparwasser, l’eroe che tradì. Un libro volutamente romanzato che ne racconta le gesta e che rende possibile immergersi in un passato che sembra lontano, seppur ancora attuale, soprattutto per le nuove generazioni, ormai molto lontane da quegli anni. Tosco racconta la storia di Sparwasser fino alla sua fuga dalla Germania Est, che non racconterò in questa sede perché non è utile al fine di questo scritto, ma che vi invito a leggere direttamente sul libro di Giovanni, edito da Minerva edizioni. Perché ci sono storie che non appartengono solo ai tifosi, ma a tutti, e vanno conosciute.

Jürgen Sparwasser è nato e cresciuto nella Repubblica Democratica Tedesca, in un tempo in cui il calcio non era solo un gioco, ma un linguaggio universale, una via di fuga dalle difficoltà quotidiane e uno spazio di libertà in un contesto di restrizioni. La sua storia, che affonda le proprie radici in un’infanzia modesta, racconta di un ragazzo che ha saputo trasformare ostacoli in opportunità, vivendo il calcio non come un semplice sport, ma come un atto di resistenza, un sogno.

Cresciuto in una famiglia di lavoratori, Sparwasser ha imparato presto cosa significasse affrontare le difficoltà con creatività e determinazione.

Quando le scarpe diventavano troppo strette, non si poteva comprarne di nuove: si tagliava la punta per adattarle. Questi stratagemmi, necessari per andare avanti, non erano solo soluzioni pratiche, ma semi di una mentalità che, germogliando in lui, lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. La sua infanzia è segnata da gesti di profonda semplicità, ma anche da un sogno che si è acceso quando, all’età di sette anni, ha ricevuto il suo primo pallone di cuoio: «Era il mio tesoro», ha ricordato.

Non era solo un regalo, era un investimento fatto dai genitori, un pegno di fiducia che il giovane Sparwasser aveva compreso fino in fondo. Ogni sera, dopo le interminabili partite in strada, quel pallone veniva unto con il grasso per conservarlo, come se fosse un oggetto sacro. Le strade polverose del suo quartiere sono state il suo primo stadio. Lì, tra compagni di gioco e ginocchia sbucciate, è nata la passione per il calcio. Non c’erano allenatori, né regole precise: solo il puro piacere di giocare.

Sparwasser ricorda con affetto quei giorni: «Eravamo calciatori di strada, e forse proprio per questo siamo diventati calciatori veri». Ogni partita era una lezione, imparavano a gestire il pallone, a superare i propri limiti, a trasformare ogni ostacolo in una nuova possibilità.

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