Papelitos
29 Giugno 2025

Si scrive Jürgen Klopp, si legge paraculo

La denuncia al Mondiale è sacrosanta, ma ipocrita.

Il Mondiale per club non sta riscuotendo molto successo. In pochi ci si appassionano e il fatto che ai quarti arriveranno sette squadre europee e una sudamericana (e solo perché c’era un ottavo di finale senza un’europea) dimostra in maniera lampante che il calcio dei club non è affatto mondiale. Ma se tra i tifosi qualcuno ancora resiste, soprattutto per la sfacciata pubblicità mainstream, tutta retorica e reel fichetti che stracchinano il nostro cervello – gli addetti ai lavori ci si scagliano forte contro. Da Luis Enrique a Marco Tardelli, da Raphinha ad Ancelotti – in moltissimi hanno criticato la nuova competizione Fifa, chi nel merito chi nel metodo, chi con toni aspri chi con giri di parole.



Ultimo ad aggiungersi alla lista dei critici della “follia” che si sta svolgendo negli Stati Uniti è Jürgen Klopp. Il tedesco oggi è coordinatore delle attività calcistiche della Red Bull; un ruolo particolare, non di facile inquadramento, strapagato (1 milione di euro al mese), all’interno di un’azienda del tutto insolita nel panorama mondiale, fondata da un austriaco, Dietrich Mateschitz, e da un thailandese, Chaleo Yoovidhya, leader mondiale degli energy drink e operativa nel settore sportivo in maniera massiccia. Anche per quest’ultimo ruolo Kloppo, checché ne dica lui stesso, di normale ha davvero poco.

Mai banale, spesso originale, cosa rara nel mondo calcistico, negli anni ne ha sfornate di ogni. Contro il tiki-taka di Guardiola: “Se da bambino avessi visto una gara del Barcellona, mi sarei dato al tennis”; sul suo stile di gioco: “Il mio è un calcio heavy metal!”; su chi domandava a lui pareri a proposito del Covid: “Non voglio che su questioni serie venga considerata importante l’opinione di un allenatore di calcio”; a favore delle donne come direttrici di gara anche nel calcio maschile: “Era ora che ci arbitrasse una donna!”. Poi, obiettivamente, anche molta retorica ben dosata, un’aria da pop-star, e, gli va dato atto, mai gelosie nei confronti dei colleghi – come quando, lasciando il Liverpool, intonò un coro per il suo successore sulle note dello stesso coro che Anfield Road gli aveva tributato. Una scena molto nobile.



Fin qui, tutto bene. Anzi meglio – perché le dichiarazioni di Klopp sul Mondiale per club sarebbero da incorniciare. Svela il segreto di Pulcinella (ma ha comunque il merito di farlo) quando dice che “ci sono persone che non hanno mai avuto nulla a che fare col calcio che ora stanno partorendo idee sul calcio”; ha ragione quando dice che “i giocatori non hanno più tempo per recuperare, né fisicamente né mentalmente” e che, probabilmente, la prossima stagione i giocatori “subiranno infortuni mai visti prima”; è condivisibile quando ammette che “non si può andare avanti così”, e anche se esagera definendo “disumana” la condizione dei calciatori (non si tratta di qualunquismo – ma di opportunità, nell’estate del 2025, di dire una fregnaccia del genere), fa poi scacco matto quando definisce il Mondiale per club “la peggiore idea mai sperimentata nel calcio”. Tutto, o quasi, molto bello: quando un personaggio così influente si scaglia contro i poteri forti – è sempre un piacere.

Tuttavia c’è qualcosa che stona.

L’ex allenatore tedesco difende, o almeno ci prova, i valori di un calcio che è scomparso – un calcio di passione che andava al di là dei soldi, per farla breve senza dilungarmi nella lista passatista, amara e d’amore, sul calcio di una volta. Eppure, stavolta, lieber freund Jürgenda che pulpito viene la predica! La Red Bull rappresenta la quintessenza del calcio moderno, anzi ha segnato un salto di qualità in questo senso e si può ben parlare di un calcio postmoderno: multiproprietà (nel gruppo ci sono Lipsia, Salisburgo, New York, Bragantino e altre squadre minori sparse per il mondo), nomi delle squadre acquisite cambiati, colori sociali e stemmi identici per tutte le società, poco rispetto per i tradizionali approcci dei club, ancor meno per le tifoserie – e così via.

Ma se questo non bastasse a far storcere almeno il naso leggendo le dichiarazioni di Klopp – c’è un particolare che, evidentemente, i media tedeschi non hanno voluto ricordare al loro mito: il Fußballclub Red Bull Salzburg, squadra di punta del gruppo, al Mondiale per club c’è andato – incassando, tra l’altro, almeno una quindicina di milioni di Euro solo di fee per tre prestazioni abbastanza inguardabili nel girone, concluso al terzo posto, dietro Real Madrid e Al Hilal ma davanti all temibile Pachuca. Ma allora? Di che cosa parla Klopp? Con chi ce l’ha? Sembra l’automobilista che si lamenta del traffico mentre, al volante, percorre la solita strada di tutti i giorni.

Eppure la narrazione kloppiana prendeva spesso le mosse da tutto quel coacervo abbastanza insulso di ampollosità pseudo-psicologiche motivazionali – del tipo (sono altre frasi sue, alla rinfusa): il successo non è mai permanente, bisogna continuare a lavorare sodo; non importa quanti soldi hai, se non hai passione, non andrai lontano; i giocatori devono divertirsi mentre giocano, altrimenti qualcosa non va; disciplina e dedizione sono fondamentali per il successo; i sogni si realizzano solo se si ha il coraggio di perseguirli; a volte la vittoria non è la cosa più importante, ma il modo in cui si gioca la partita. Tutte queste cose, onestamente un po’ noiosette ma che fanno parte della retorica calcistica, lasciavano intendere comunque un personaggio cosciente della propria posizione.

Al contrario, le parole sul Mondiale per club, dato il suo ruolo di Head of Global Soccer della Red Bull, sono un cortocircuito che lascia basiti. Possibile che Klopp sia passato talmente tanto dal lato oscuro della forza (calcistica) che o non capisce l’incoerenza tra le sue dichiarazioni e la sua posizione o la nemesi è già completata e il suo ruolo di bastian contrario è stato inglobato, fagocitato e, ora, è utilizzato da quello che una volta era il suo nemico e che oggi, invece, lo stipendia lautamente ogni 27 del mese? Lascio comunque aperto lo spazio per il dubbio in forza della stima e dell’innamoramento che, a dispetto del tradimento, provo ancora per il personaggio. Eppure, sapendo bene che l’intelligenza corre sempre il rischio di rivolgersi al negativo e diventare solo furbizia, propendo purtroppo per la seconda ipotesi: ahinoi! – calcisticamente, Jürgen Klopp è diventato un ‘utile idiota’. [1]


[1] https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/utile-idiota/30495

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