La vicenda Platini-Qatar viene da lontano, e coinvolge molti altri attori in un sistema marcio fin nel midollo.
“La corruzione comincia con un piatto di pasta.” Con questa frase di Indro Montanelli possiamo riassumere la famosa cena-incontro segreta tenutasi all’Eliseo il 23 ottobre del 2010, svelata nel 2013 dalla rivista francese France Football e dal mensile So Foot. Seduti a quel tavolo c’erano Nicolas Sarkozy, presidente della Repubblica francese, il suo braccio destro Claude Guènt, Michel Platini, numero uno della Uefa e Tamin bin Hamad al-Thani, principe ereditario del Qatar: l’obiettivo era tutelare interessi economici, nazionali e sportivi, in una rete intricata di condizioni ed obiettivi che potesse accontentare tutti.
Parliamo certamente dell’assegnazione deiMondiali di calcio del 2022 al Qatar, fino a quel momento considerata una remota ipotesi, e dell’acquisizione da parte della famiglia al-Thani del Paris Saint Germain (concretizzatasi neanche un anno dopo); poi secondo France Football venne anche affrontato il tema di una maggiore partecipazione azionaria del Qatar nel gruppo editoriale Lagardère (un colosso editoriale, mediatico e commerciale) e di BelN Sports, un nuovo canale televisivo di sport che avrebbe dovuto sfidare l’egemonia di Canal +.
Ma gli interessi, naturalmente, non erano solo sportivi e commerciali, anzi puntavano a sbocchi politici-economici tra Sarkozy e la famiglia al-Thani (nel 2010 ad esempio Sarkozy donò la Légion d’honneur ad al-Thani, che di lì a breve avrebbe acquistato una flotta di 24 jet Dassault Rafale per il valore di 7 miliardi di dollari).
Un rapporto stretto, quello con la famiglia qatariota, evidente fin dal primo giorno d’insediamento del presidente francese, che non a caso ricevette come primo capo di stato nel 2007 proprio Al-Thani; quest’ultimo da parte sua sistemò, sborsando 16 miliardi di euro, le casse della compagnia aerea franco-tedesca Airbus, aprendo la strada agli emiri per gli investimenti nell’economia francese. Per concludere infine il quadro sul presidente francese registriamo l’accusa di questi giorni: corruzione di un alto magistrato, operata tramite il suo legale che era stato incaricato di ottenere informazioni riservate dall’allora giudice. Questo ne fa il primo (ex) presidente della Quinta Repubblica francese ad essere rinviato a giudizio (per corruzione), e ci introduce meglio alla mania di onnipotenza del regista di quella famosa cena d’affari.
Torniamo allora a noi e all’incontro dell’Eliseo nel novembre 2010: qui Michel Platini cambia repentinamente la propria posizione sull’assegnazione del mondiale 2022 agli Stati Uniti, tanto da votare il 2 dicembre del 2010, nove giorni dopo la famosa cena, a favore proprio del Qatar, ipotesi fino ad ottobre completamente accantonata dal numero uno della Uefa. Ecco allora che i fatti di questi giorni hanno riacceso i riflettori su quell’incontro, con il fermo di Michel Platini da parte delle autorità francesi e il successivo rilascio (nella notte) dopo un lungo interrogatorio che ha toccato ogni aspetto del sistema Fifa.
L’indagine però parte dal lontano. Nel 2011 infatti alcuni alti funzionari della Fifa iniziarono a sollevare dei dubbi sulla regolare assegnazione del Mondiale del 2022. Nel 2014 la rivista Sunday Times pubblica infatti una serie di mail e di bonifici che svelerebbero un’opera di corruzione applicata da Bin Hamman: egli, ex presidente dell’AFC (Asian Football Confederation) dal 2002-2011, avrebbe agito da mediatore per conto della famiglia qatariota, versando oltre 5 milioni di dollari ai dirigenti Fifa per sostenere la candidatura del paese arabo ai Mondiali.
Una delle più importanti mail era di Jack Warner, allora vicepresidente della Fifa, che avanzava il dubbio di come il Qatar “avesse comprato” il mondiale in casa proprio con l’intercessione di Bin Hamman. Quest’ultimo poi, inserito nei gangli della Fifa, provò la scalata al potere nel 2011 candidandosi contro Joseph Blatter: a pochi giorni dalle elezioni tuttavia venne accusato di corruzione, e ciò gli costo prima la rinuncia alla candidatura, e successivamente la radiazione a vita dall’ambito sportivo.
Blatter poi meriterebbe un capitolo a parte: la sua gestione opaca è stata più volte messa in discussione, e l’indagine condotta dal Fbi nel 2015 ha portato alla luce un vero e proprio sistema di corruzione interna. Proprio durante uno di questi interrogatori fu lo stesso Blatter, nel 2015, a svelare dei retroscena in merito all’incontro segreto avvenuto a Parigi:
“Nel 2010 abbiamo avuto una discussione in merito all’assegnazione della Coppa del Mondo e prendemmo due decisioni. Per i Mondiali del 2018 eravamo d’accordo che andassero in Russia perché lì non si erano mai svolti; per il 2022 l’intenzione era di tornare negli Stati Uniti.
Così avremmo avuto i Mondiali nelle due più grandi forze politiche del pianeta. E tutto andava secondo programmi, fino a quando Sarkozy si presentò ad un incontro con il principe designato a regnare in Qatar. Dopo un pranzo con Platini, le carte in tavola erano cambiate”.
E diversi scandali hanno effettivamente investito la gestione Blatter: dalle palline truccate di Francia ’98 al Mondiale di Corea e Giappone, ricco di episodi e comportamenti arbitrali definibili “borderline”. Certo anche qui la pioggia di indagini ed interrogatori, che ha portato anche alle dimissioni di Blatter nel 2015, nasce proprio dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra, le due nazioni che dovevano assicurarsi i Mondiali 2018 e 2022: quasi una sorta di vendetta trasversale per il cambio repentino dei programmi dei vertici Fifa (d’altronde qui non si parla di solo sport ma si entra nel campo della geo-politica, o quantomeno di politiche nazionali strategiche). Addirittura il mite Barack Obama, all’epoca Presidente degli Stati Uniti, pubblicamente ammise le proprie perplessità sull’assegnazione del Mondiale del 2022 con un breve commento ricco di amarezza:
“Penso che sia stata una decisione sbagliata”.
Ad ogni modo, se in un primo momento il caso di “corruzione” per l’assegnazione dei Mondiali del Qatar 2022 sembrava essersi chiuso, l’interrogatorio ed il fermo di Michel Platini evidenziano come l’accusa non avesse ancora sparato tutte le sue cartucce. D’altronde lo stesso Blatter, in questi giorni, ha rivelato all’Equipe che è stato proprio Platini l’ago della bilancia per l’assegnazione del Mondiale al Qatar “a causa degli interessi economici nazionali”; come a dire che le Roi, da buon eroe nazionale, ha votato in favore del Paese arabo per salvaguardare la Francia.
“Per me è una grande sorpresa. Platini mi ha chiamato dicendomi che aveva avuto un colloquio all’Eliseo con Nicolas Sarkozy il 23 novembre del 2010, nove giorni prima del voto per l’assegnazione del Mondiale 2022, e, inoltre, che lui e i suoi amici avrebbero potuto votare per il Qatar a causa degli interessi economici nazionali.
Gli ho domandato se Sarkozy lo avesse costretto ma mi ha risposto di no. E’ andata così: i quattro voti portati da Michel hanno fatto pendere la bilancia e gli Stati Uniti sono stati battuti”.
Questo ennesimo scandalo che ha colpito la Fifa si aggiunge al lungo elenco di arresti, perquisizioni ed interrogatori che ha sconvolto il mondo calcistico mondiale negli ultimi anni. Non ultima la notizia del fermo, da parte delle autorità francesi, di Ahmad Ahmad, vicepresidente della Fifa, anch’egli con l’accusa di corruzione e molestie durante il suo mandato alla carica de Confédération Africaine de Football: Ahmad è sospettato infatti di corruzione in merito a un contratto stipulato con il colosso transalpino Tactical Steel per la fornitura di attrezzature sportive. Contratto che sarebbe stato precedentemente chiuso con la Puma, ma che il presidente della Caf avrebbe revocato in favore della società francese a un costo tre volte superiore di quello concordato con l’azienda sportiva tedesca, a fronte di un irrisorio aumento nella quantità di materiale.
In conclusione, inutile nascondersi dietro giri di parole o ricostruzioni: il Mondiale del Qatar fin dal primo momento puzzava di marcio. La prima manifestazione capace di stravolgere il format da sempre utilizzato, sconquassando i calendari dei campionati nazionali affinché si potessero disputare le gare con condizioni climatiche “favorevoli”. Chiunque si era reso conto di come gli interessi economici avessero prevalso sul calcio stesso, e peraltro in modo piuttosto opaco: era semplice buonsenso, ma evidentemente un sistema drogato va anche al di là della logica.
E la FIFA poi: un organismo percepito che più distante non si può dai tifosi di tutto il mondo, con migliaia di critiche arrivate da ogni angolo del globo. Il Mondiale in Qatar è un evento inutile e pieno di contraddizioni agli occhi di chiunque e dal giorno uno, che si è palesata anche in evidenti violazioni di diritti umani e lavorativi, con stadi costruiti nel deserto sfruttando la manovalanza a basso costo degli immigrati del Bangladesh e dello Sri Lanka, costretti ad arrostire sotto al sole cocente della penisola araba per pochi euro al giorno. Stiamo andando a disputare un campionato mondiale in uno dei Paesi con la minor storia calcistica a livello internazionale, costretti ad improvvisare la propria schiera di “sportivi nazionali” regalando la cittadinanza e lauti compensi a chi sposa il progetto qatariota.
Ecco la versione peggiore del nostro calcio, un ibrido senza storia sportiva e retaggi culturali. E come se non bastasse la rappresentazione plastica del fallimento delle élite, anche nel mondo dello sport, che se ne strafottono bellamente dei tifosi e degli appassionati. Ma probabilmente la cosa più desolante non è neanche questa, quanto che debbano intervenire i magistrati per “salvarci” dalla corruzione: certo, loro possono a volte tamponare quella economica e politica, ma se noi da tempo abbiamo accettato la corruzione culturale, per cui è in fondo accettabile un Mondiale in Qatar perché questo è lo spirito del tempo, se noi per primi siamo conniventi, beh, le cose si fanno decisamente più dure.