Altri Sport
02 Marzo 2017

Prima che la terra ci divori

La preview dei grandi Master 1000 sul cemento americano: i profili dei protagonisti e dei possibili outsider fra attese, delusioni e prospettive future.

Tira aria di sole e cemento al di là dell’oceano. Di sudore e di hot dog, mentre le palme disegnano qua e là nuvole nel cielo azzurro degli States. Da noi la primavera è invocata come una preghiera, ma in California e in Florida è di stanza per buona parte dell’anno. Ed è proprio in questi due stati dell’unione che si tengono i primi Masters 1000 della stagione: gli ultimi due abbracci grigioblu del cemento prima della soffocante terra rossa di aprile e maggio. Dopo i tornei dello Slam, i Masters 1000 sono gli eventi più importanti per un tennista: i più agguerriti, i più ricchi di premi, i più efficaci termometri per capire lo stato del proprio gioco. Questa volta come non mai, Indian Wells – il primo dei due tornei – sarà la cartina di tornasole che tutti vorranno consultare. La parte nobile della classifica Atp e Wta è presente al completo: nessuna defezione, nessuna assenza ingiustificata. Ognuno proverà a strapparsi il suo pezzetto di gloria da portare quale buon auspicio lungo una stagione che per qualcuno deve ancora iniziare seriamente. Qualcuno come Juan Martin Del Potro, ad esempio. Il gigante di Tandil, dopo il clamoroso ritorno nel 2016 condito da un inaspettato argento olimpico e da una storica Coppa Davis con l’Argentina, è sicuramente uno dei giocatori più attesi; tanto più che è da quella finale vinta con la Gran Bretagna che non lo si vede in una competizione di un certo livello. Il motivo è sempre lo stesso: quel polso così fragile e così maledetto da far tenere sul chi vive lui e buona parte dei tifosi.

Juan Martin Del Potro
Juan Martin Del Potro

Precauzione, si è detto. Sarà; in ogni caso l’hype nei suoi confronti non poteva essere maggiore. Dopo esser risalito dalla posizione numero 1045 fino all’attuale trentaduesima, la domanda che frulla in testa allo spettatore medio è: dove potrà arrivare? Già, dove. Per il momento ha fatto notizia una foto postata sui suoi social assieme alla bellissima Génie Bouchard (attuale n. 46), giovane promessa del tennis canadese in cerca di nuove conferme dopo un anno alquanto travagliato. Lo scatto ritrae i due intenti ad allenarsi insieme in vista dei prossimi appuntamenti sul cemento, ma a giudicare dalle facce di entrambi è lecito ipotizzare che la sessione sia stata piacevole anche da un punto di vista umano, non solo sportivo. Inutile dire che sul web si sono sprecate le ironie sugli ipotetici affaticamenti lasciati da quest’incontro al già convalescente polso di Delpo, ma tant’è. Gli sportivi fremono nell’attesa di una piacevole sorpresa a opera di uno dei due; anche perché il loro habitat naturale è l’attico della top ten, non un monolocale diviso con il Troicki o la Shvedova di turno.

Indian Wells e Miami si giocheranno praticamente uno dopo l’altro: dal 6 al 19 marzo il primo, dal 21 marzo al 2 aprile il secondo e avranno all’incirca gli stessi partecipanti. Due tornei allo specchio insomma, uno per costa: due parti di una stessa puntata. Li unisce infatti la vicinanza temporale e buona parte dei vincitori: l’anno scorso i trionfatori furono Novak Djokovic per l’Atp e Vika Azarenka per il Wta. Due tennisti cui l’anno passato non ha lesinato sorprese. Il serbo, dopo aver dominato in tutto e per tutto fino a giugno Roland Garros compreso, è iniziato a calare sempre di più, perdendo persino la prima posizione ai danni di un Andy Murray elevato a working class hero. La bielorussa, invece, dopo un arrembante rientro da un infortunio a suon di vittorie (a Indian Wells sconfisse Serena in due set), ha ricevuto una visita dalla cicogna e la sua stagione ha subito una lunga, seppur felice, interruzione. La fame di rivincita li unisce, anche se nel caso di Nole può giocare a sfavore la mancanza di obbiettivi da raggiungere: dopo aver completato il Career Grand Slam (ovvero vincere tutti i tornei dello slam almeno una volta), il suo rendimento è calato a vista d’occhio. Perdendo quella componente “robotica” del suo gioco, Djokovic si è mostrato umano, fin troppo. Dal canto suo Murray non dà l’impressione di essere un re tiranno, anzi. Ricollegandosi alla tradizione dei monarchi inglesi, si può dire che il mese scorso, a Melbourne, abbia firmato la sua Magna Charta. Insomma, di trippa ce n’è per tutti, fatevi sotto. A maggior ragione, Indian Wells non porta ancora la firma dello scozzese dunque le possibilità per gli sfidanti non sono poche. Tra questi, Federer è sicuramente il più avvantaggiato. Perché? Perché non ha nulla da dimostrare. Dopo essersi tolto la scimmia del diciottesimo slam e fatto tacere chi lo dava per finito, ora ha tutta la serenità che gli serve per giocare senza pensieri. Giocherà per il gusto di farlo, punto. E nessun altro può godere di tale vantaggio al momento. Si sa, probabilmente i suoi occhi guardano già all’erba di luglio e forse lì la tensione sarà un pochino diversa, ma Indian Wells! Indian Wells è l’equivalente di un dopolavoro coi colleghi. Sia che esca al primo turno, sia che vinca in scioltezza, è certo: sorrisi più smaglianti del suo non se ne troveranno. Nadal è in attesa dell’onda di terra rossa per poterla cavalcare ancora una volta; come Roger, il suo cuore batte altrove. Ma Rafa non gioca tanto per. Gioca per vincere, sempre e comunque: quel quinto set in Australia lo tiene sveglio la notte e un secondo errore difficilmente potrà essere tollerato.

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C’è però chi è messo peggio, come le promesse incompiute Raonic e Nishikori. Quest’ultimo poi si è lasciato sfuggire una dichiarazione dal sapore beffardo: “Penso che mi sto avvicinando al loro livello”. Il loro ovviamente è riferito ai due finalisti degli Australian Open. Ci si preserva dal far battute perché conoscendo il personaggio si ha la certezza che quella non fosse una spacconata, ma soltanto un insensato bushido. Per il canadese di origini montenegrine invece questo è l’ennesimo ultimo anno per dimostrare finalmente chi è. 26 anni non sono pochi per un tennista e la desolazione della bacheca di Raonic fa riflettere. Non avendo il ghigno dell’underdog come Wawrinka, non può permettersi di vincere il primo Slam a 30 anni. Milos era la promessa del tennis mondiale, il prescelto della sua generazione. Le aspettative su di lui sono tutto sommato ancora alte, forse troppo. Certo, se va avanti di questo passo, la scena gli sarà presto rubata dai vari Thiem, Goffin e Zverev, le cui fiches sono ancora molte. Paradossalmente quella finale di Wimbledon 2016 che avrebbe dovuto accostarlo ai grandi, lo ha avvicinato al fantasma di Tomas Berdich. Sul fronte femminile la situazione non è da meno interessante. Serena è tornata là dove le si confà e dietro di lei si presenta il solito valzer di tenniste che salgono e scendono a seconda dell’umore e del torneo. Radwanska, Pliskova e Kerber saranno le sue principali avversarie, ma non scordiamo Venus, rediviva più che mai dopo lo splendido Australian Open. Come già accennato, Genie e Vika non faranno da spettatrici: il carniere è vuoto e chiede scalpi a gran voce. Indian Wells e Miami daranno parecchie risposte alle mille e più domande dei tifosi. Due test importanti prima che la terra divori tutto quanto. Per allora la primavera sarà arrivata anche qui: chissà quali novità avrà portato.

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