Cosa nota è che il tifo, specie quello nostrano, pertenga alla sfera del mistero. Un qualcosa che sgorga da luoghi sconosciuti alla ragione e si incanala ovunque gli sia possibile scorrere – poco importa che si tratti di stadi, arene eleganti o sperduti campetti parrocchiali.
È quasi un tratto culturale, e alle volte si ha come l’impressione che essere italiani significhi in un certo senso prendere parte, difendere, osannare, urlare, sbandierare, sfottere, risolvere poi il tutto con un cornetto inzuppato nel cappuccino al bar. Distendere il giornale a gesti ampi, dire tutto e il suo contrario se serve, parlare anche di ciò che non si conosce troppo bene, ma con convinzione: una ritualità buona tanto per la cronaca politica, quanto per quella di sport.
Quasi sempre il calcio, spesso i motori, magari il basket o il tennis, nei periodi di racchette grasse… Eppure vi sono delle vie sotterranee, delle vene meno battute, dove quest’anima partigianesca e viscerale procede, minore nella portata ma non nell’impeto: quella degli sport di nicchia, di cui l’hockey è un ragguardevole esempio.
La straordinaria tifoseria di Forte dei Marmi
Questa disciplina, infatti, che pure in Italia non sta vivendo la sua età dell’oro, continua a testimoniare l’esistenza di comunità appassionate e accese: quelle degli altopiani e delle valli alpine, dei piccoli centri, la provincia della provincia, delle città toccate solo a margine dalle altisonanti narrazioni nazionali e quasi mai rappresentate in prima pagina da una delle competizioni più seguite.
Pensiamo ad esempio alla versione su ghiaccio. Nonostante le difficoltà legate a infrastrutture modeste e a una minore copertura mediatica rispetto ad altri paesi europei – vedasi ad esempio le vicine Lugano e Ambrì – il movimento hockeistico italiano è vivo, in continua evoluzione e non manca di un seguito che, seppur piccolo, si dimostra spesso tenace e agguerrito.
Talvolta estremo, nel pieno della Weltanschauung ultrà del Bel Paese, da cui ha ricavato stili, linguaggio, modalità d’azione, come dimostrano peraltro i non rari incidenti tra tifosi, i DASPO che sovente piovono da una questura all’altra, o qualche “spesa proletaria” all’autogrill, balzata recentemente agli onori delle cronache . . .
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