Con ogni probabilità negli ultimi tempi, se frequentate Instagram, sarà capitato di imbattervi in video pubblicizzati nei quali alcune persone (pseudo scommetitori-influencer) compiono azioni prive di dignità per attirare l’attenzione. Gettarsi vestiti in una piscina, urlare verso la telecamera a più non posso e così via; una volta ottenuti i trenta secondi di notorietà, eccoli che tutti recitano lo stesso copione: “vuoi vincere anche tu? Entra nel mio profilo telegram!”. Stiamo parlando dei tipster, una realtà (ahinoi) in rapida ascesa.
Lo stato vince sempre… e pure i tipster!
La prassi è sempre la stessa: video sponsorizzato in cui si mostrano giocate di pochi euro con vincite importanti e invito a entrare nel canale Telegram, dove vengono proposte queste puntate ad utenti ignari di quello che ci sia dietro. Abbiamo parlato qualche settimana con Luca, un tipster che su Instagram ha molti seguaci e che, rimanendo anonimo, ci ha spiegato cosa si nasconde dietro a questo fenomeno. Dando una rapida occhiata in giro sui social, d’altronde, i numeri iniziano ad essere veramente impressionanti: un mercato alimentato da profili che stanno spuntando fuori come funghi, conseguenza di guadagni (lauti, per i tipster) e della domanda (altissima, da parte degli utenti).
Ma di preciso cos’è un “tipster” e come guadagna? Si tratta di una figura che si colloca a metà tra un pronosticatore e un influencer, e che ha sfruttato l’esplosione delle scommesse sportive sul web per inaugurare un nuovo ‘mestiere’.
A guidare il processo naturalmente i bookmakers, che hanno iniziato a offrire la possibilità di collaborare con le loro agenzie. Le strade percorribili allora, come ci racconta Luca, sono due: l’affiliazione C.P.A (la classica formula “porta un amico”) e l’affiliazione “Revenue Share”. Si tratta di due tipologie nettamente distinte, soprattutto nei guadagni: la prima assicura ai tipster una piccola percentuale in base alle persone che si iscrivono ai vari siti di scommesse (tramite un link) e che successivamente effettuano un deposito; la seconda permette invece di incassare una percentuale sui movimenti della propria rete, formata dalla somma di tutti gli scommettitori “ottenuti” tramite lo stesso metodo precedente.
Anche se a primo impatto non sembra esserci una sostanziale differenza, in realtà la situazione è ben diversa: la Revenue Share permette infatti ai tipster di continuare a guadagnare anche dopo la prima iscrizione. A vita, finchè il bookmakers non chiuderà i battenti.Come ci ha spiegato Luca, infatti, se con il metodo C.P.A l’obiettivo principale del pronosticatore è quello di raggiungere e coinvolgere ogni mese nuovi utenti – utenti che non hanno ancora mai interagito – con quello della Revenue Share l’unico scopo è far giocare il più possibile. E possibilmente, cercando di perdere.
Lui ce lo spiega con un semplice esempio: più “la rete di utenti” perde (quelli iscritti tramite il codice personale di un tipster) più alto sarà il guadagno.
Per incassare, infatti, il netto a fine mese degli iscritti dovrà essere negativo. Questa tipologia di collaborazione tra tipster e bookmaker è privilegiata da chi “consiglia” ai suoi seguaci schedine da piccoli importi: nessuno infatti si arrabierà perdendo una giocata di 3€, ma provate a immaginare quanto può guadagnare ad esempio il tipster X (senza voler fare nomi), che sul suo gruppo Telegram conta decine di migliaia di iscritti, se tutti i suoi utenti giocassero e perdessero 3€ a settimana.
Inoltre tramite la Revenue Share, ci spiega sempre Luca, una volta registrato sul sito lo scommettitore contribuirà a far guadagnare chi gli ha fornito “il link”, seppure senza giocare le scommesse da lui consigliate. Si farà sempre parte della “cerchia”, e ogni giocata persa contribuirà al suo netto mensile.
Nel secondo documento che Luca ci ha fornito, possiamo notare la tabella degli “utili” mensili del tipster garantiti dal bookmaker. Se tutti gli utenti del tipster in questione arrivassero a perdere – e quindi giocare – ben 25.000€, a lui spetterebbe il 50%.
Perdere per vincere
Con questa tipologia di affiliazione, sostanzialmente, le agenzie di scommesse pagano i tipster in base alle perdite mensili della propria rete. Meccanismi e percentuali che variano da sito a sito ma, detta in soldoni: se cento persone si iscrivono all’agenzia di scommesse A tramite il nostro link, e seguendo le nostre giocate a fine mese avranno perso un totale di cento euro a testa, noi avremo generato nella nostra rete una perdita di ben diecimila euro. Soldi che per il bookmakers rappresentano un guadagno, e che saranno suddivisi con i tipster con una percentuale prestabilita tramite contratto, e che può variare intorno al 30-40-50%.
Ma chi seguirebbe mai uno scommettitore che perde per guadagnare all’insaputa di chi lo segue? Questa è stata la prima domanda che abbiamo posto a Luca. E per rispondere al nostro quesito, ecco che entrano in gioco le sponsorizzazioni.
Una delle strategie più diffuse per “conquistare” utenti, infatti, è quella di promuovere dei video in cui si mostrano schedine di pochi euro ma con una vincita particolarmente alta: tecnica molto efficace, capace di attirare un bacino di utenza abbastanza largo. Ecco spiegato il perchè di tutti quei video sponsorizzati che girano sui social, in cui personaggi dall’etica abbastanza discuttibile e dai modi piuttosto fastidiosi fanno di tutto per attirare la nostra attenzione, per poi mostrarci qualche “clamorosa” giocata vinta.
Che il mondo delle scommesse sia subdolo non è di certo una novità: troppe – e davvero tristissime – sono le storie di chi per colpa della ludopatia è finito sul lastrico, ridotto a una dipendenza equiparabile a quella per le droghe. E in questo l’online è stato un genocidio silenzioso, laddove i soldi non sembrano neanche tali e lo scommettere è diventato compulsivo, post-umano, solitario. Disponibile 24 ore su 24. Ma se per combattere il gioco d’azzardo in sé possiamo contare sugli sforzi delle comunità anti gioco, è davvero inaccettabile che esistano persone in grado di poter lucrare sulle perdite altrui.
Ed è ancor più inaccettabile che siano gli stessi “pronosticatori”, quelli che dovrebbero “aiutare” gli utenti a vincere, a poter guadagnare sulle perdite di chi gioca.
A questo punto viene da chiedersi: è normale che tutto questo sia tenuto nascosto? Se tutti i tipster più famosi diventassero all’improvviso trasparenti sui loro guadagni, in quanti continuerebbero a seguirli?Le tantissime persone che ogni week-end puntano i propri soldi sulle loro schedine andrebbero avanti a giocarle, sapendo di farli guadagnare perdendo? Una domanda che, da oggi, speriamo inizino a porsi in molti.