Altri Sport
26 Aprile 2021

Il nemico invisibile di Valentino Rossi

L'inesorabile declino di un mito.

Valentino Rossi ha lanciato la sfida, l’ultima della sua leggendaria carriera. L’avversario da battere stavolta si chiama ‘tempo’. Secondo Albert Einstein, d’altronde, il tempo è soltanto un’illusione: «Quando un uomo siede un’ora in compagnia di una bella ragazza, sembra sia passato un minuto. Ma fatelo sedere su una stufa per un minuto e gli sembrerà più lungo di qualsiasi ora». La relatività del tempo porta all’illusione. Valentino è un illuso del tempo: le 42 primavere alle spalle e i 26 anni di motomondiale sono anch’essi confinati nella sfera della relatività, più forti dello scandire delle lancette.

Il dominio del tempo ha però trovato riscontro nella realtà dopo le prime tre gare della stagione 2021. Valentino esiliato in una terra a lui sconosciuta: sgomita nelle retrovie, risale a fatica, cade, rotola sull’asfalto. Torna ai box affranto, quasi fosse un novellino ai primi capitomboli.

Valentino Rossi e il nemico invisibile. Finora anche invincibile. Dopo il passaggio nel Team Petronas, Vale è piombato in una crisi tecnica senza precedenti.

La sua Yamaha M1 – seppur dotata di materiali e aggiornamenti ufficiali – fatica a trovare competitività, anche se l’ultimo gp di Portimao aveva lasciato piccoli segnali di ripresa: Valentino, partito dalla diciassettesima casella in griglia, era risalito fino all’undicesimo posto prima di scivolare a terra. Al netto delle cadute di Rins e Zarco, il Dottore si sarebbe avviato verso una top ten di per sé anonima ma utile per la fiducia del team. Al contrario, il compagno di squadra Franco Morbidelli – ancora in sella ad una M1 non ufficiale – ha strappato un onorevole quarto posto. Morbido sembra aver superato la tempesta, Valentino non ancora.

Valentino Rossi e Franco Morbidelli, affiancati da Francesco Bagnaia, in quel di Doha nel 2019 (Ph by Mirco Lazzari gp/Getty Images)

Riavvolgendo il nastro, le prime tre gare del ’21 hanno certificato il declino di Rossi. Il quarto posto in qualifica in Qatar (in scia del poleman Bagnaia) aveva fatto riscattare la scintilla dopo un inverno carico di aspettative. La corsa aveva però smorzato gli entusiasmi, restituendo la reale dimensione di Valentino rinchiusa tra le sbarre dell’anonimato. Finiva dodicesimo, lamentando problemi di gomme. Il successivo Gran Premio di Doha (sulla stessa pista del debutto) confermava il trend: ventunesimo in qualifica, sedicesimo in gara).

Con la M1 Petronas il feeling non è scattato. E per uno che con la moto ne fa una questione d’amore, non è poco.

Oltre al danno aggiungiamoci la beffa. Il team ufficiale di Yamaha, che Vale ha lasciato dopo quindici stagioni, naviga a vele spiegate. Tre vittorie su tre, due con Fabio Quartararo e una con Maverick Viñales. E pensare che lo scorso anno la casa di Iwata si era imposta in una sola gara, piegandosi al dominio della satellite Petronas. Quest’anno, dopo lo scambio di sedili Rossi-Quartararo, la situazione si è capovolta: ora è Petronas a inseguire.

Valentino Rossi in azione con la sua Petronas (Ph Mirco Lazzari gp/Getty Images)

La semina invernale non ha dato il raccolto sperato, ma la questione per Valentino è più profonda: è arrivato o meno il momento di smettere? Il diretto interessato ha tergiversato ancora, mentre da Petronas non arrivano pressioni: si valuterà a metà campionato. Il contratto è in scadenza a fine 2021, e le gare estive delineeranno i programmi futuri.

In molti nel frattempo continuano a porsi la fatidica domanda: «Perchè Rossi continua a correre?».

Il Corriere della Sera ha snocciolato i numeri dell’impero economico di Valentino: il giro d’affari intorno al Dottore frutta 54 milioni di euro all’anno, di cui 6,6 milioni finiscono direttamente nelle tasche di Rossi. Circa l’80% del fatturato della VR46 (società che gestisce gli interessi del pilota) è riconducibile a gadget, abbigliamento tecnico e casual. Prodotti ma anche servizi.

La società di Valentino cura i diritti d’immagine di diversi piloti di MotoGP, oltre alla VR 46 Rider Academy, la ‘scuola’ di motociclismo che ha svezzato – tra gli altri – talenti del calibro di Bagnaia e Morbidelli. «Per Rossi – sottolinea il Corsera – correre oggi è un modo per rappresentare attivamente tutti gli interessi che gli ruotano intorno». La questione va analizzata sotto un duplice punto di vista. L’aspetto economico, d’accordo, ma anche l’intramontabile (e per alcuni inspiegabile) voglia di correre di Valentino:

«Il mio ragionamento – ha confessato in una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport – è molto semplice e mi fa strano che certa gente non lo capisca, forse il mio modo di pensare è diverso. A me piace come mi sento, la sensazione, l’adrenalina che mi dà vincere, andare sul podio o solo fare una bella gara.

Sto bene per qualche giorno. Mi piace quella sensazione lì. So benissimo che alla fine il tempo l’avrà vinta, purtroppo per tutti è così, ma provo con tutte le mie forze a rendergliela il più difficile possibile, ecco. E questo è il solo motivo per cui ancora corro».

Valentino Rossi e Jack Miller Getty
Valentino Rossi e Jack Miller mentre si scambiano alcune impressioni prima della gara, lo scorso marzo (Ph Mirco Lazzari gp/Getty Images)

Lo ha nominato per la prima volta, “il tempo”. Valentino lo ha guardato negli occhi, sfidandolo. Ha accettato persino di vivere la fase del declino, rinnegando l’esempio di Michael Jordan e “The Last Dance”: «Quello che perdi smettendo di fare quel che ti piace di più, è più di quello che guadagni nello smettere quando sei all’apice della carriera». E ancora:

«Non la penso come Jordan, anche se lui è un mito per me. Ovvio, non voglio arrivare dodicesimo o sedicesimo. E se avessi voluto smettere all’apice avrei dovuto farlo qualche anno fa. Ma io ci credo, ci voglio provare».

La pista ha confermato i verdetti delle ultime due stagioni: il 2019 («il peggior anno della mia carriera») e il 2020 (nel quale Valentino si è persino beccato il Covid). Il Dottore fatica sempre di più a tenere il ritmo di almeno una dozzina di ragazzini ribelli e talentuosi. Nell’ultima gara portoghese, ha superato a fatica il fratellino Luca Marini, da quest’anno in MotoGP con una ‘vecchia’ Ducati Avintia griffata VR46. Generazioni a confronto.

I risultati della Yamaha ufficiale aprono un altro scenario. L’assenza di Valentino sembrerebbe aver ‘liberato’ la squadra: già nel 2019, il managing director Lin Jarvis aveva parlato della possibilità del ritiro di Valentino: «La Yamaha è pronta al suo ritiro. Valentino ci mancherà moltissimo ma la vita andrà avanti». Il temporeggiare del Dottore aveva portato Iwata a rompere gli indugi nell’inverno 2020, annunciando la promozione di Quartararo nel Team Factory e la retrocessione di Rossi in Petronas. Valentino era diventato una zavorra in una dirigenza che puntava decisa a un ricambio generazionale. Con buona pace del passato e della riconoscenza.

Quando si ritirerà Valentino Rossi? (Ph Mirco Lazzari gp/Getty Images)

Prematuro stilare bilanci: Valentino proverà a venir su dal pantano. L’impressione è che il 46 dovrà necessariamente modificare il proprio stile di guida per non incappare nei soliti problemi di gomme. La concorrenza è spietata: Marquez è tornato nei ranghi, Quartararo è più maturo di un anno fa; alle loro spalle un manipolo di piloti giovani e audaci. Per Rossi la sfida più infima è però quella contro il tempo: guardingo, spietato, sfuggente. Valentino perderà, ma non vuole sventolare bandiera bianca. Non ancora.

Eppure i piani per il futuro non mancherebbero, a partire dalla gestione in prima persona del suo impero. L’approdo del VR46 Team in MotoGP è soltanto rimandato, e lui sarebbe il team principal della propria creatura. Ma di smettere di correre, almeno per ora, non vuole proprio saperne. Altro che ‘The Last Dance’, quella di Rossi è una danza perpetua: è la musica, però, ad essere cambiata. E Valentino continua a fare orecchie da buon mercante.

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Luca Pulsoni

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