Tifo
05 Marzo 2025

La violenza inaudita delle torcidas brasiliane

Un problema serio, e insieme una semplificazione di un fenomeno complesso.

Sabato 1° febbraio 2025, Recife è tornata al centro della cronaca brasiliana per l’ennesima esplosione di violenza tra tifoserie organizzate, le torcidas. Alcuni componenti delle frange più radicali del tifo, l’Inferno Coral del Santa Cruz e la Torcida Jovem dello Sport, si sono affrontati in scontri brutali che hanno trasformato la città in un campo di battaglia, provocando decine di feriti e il ricovero in ospedale di almeno quattro persone. L’episodio ha riacceso i riflettori sulla fragilità delle misure di sicurezza adottate in Brasile, dimostrando ancora una volta come la violenza nel calcio resti un problema lontano dall’essere risolto.

Il Clássico das Multidões di Recife, uno dei derby più accesi del Nord-Est del Brasile, era stato vietato ai tifosi ospiti per cinque volte negli ultimi anni, nel tentativo di evitare gli scontri. Nonostante i divieti, nel 2017 e nel 2019 la violenza è esplosa nelle strade, nei quartieri periferici e nei punti di ritrovo delle tifoserie. Questa volta, gli scontri avvenuti nel pre-partita si sono concentrati nel quartiere Madalena, con scene di scioccante brutalità. Alcuni video diffusi sui social mostrano atti di violenza estrema, incluso un caso di aggressione sessuale con una spranga di ferro ai danni di un tifoso a terra privo di sensi. Le immagini hanno fatto il giro del Paese, scatenando indignazione e riaprendo il dibattito sulla sicurezza e sulla necessità di misure più efficaci per contenere la violenza.

“Non ho mai visto nulla di simile nella mia vita e non riesco ancora a credere che non ci sia stato neanche un morto”, commenta incredula sui social una tifosa rimasta intrappolata nella guerriglia urbana. “Ancora più scioccante – racconta – è stato sentire il fischio d’inizio e le squadre scendere in campo come se nulla fosse mai accaduto”.

Nei giorni successivi, il Dipartimento di Difesa dello Stato di Pernambuco ha arrestato 14 persone, alcune delle quali con precedenti penali. La presenza dei tifosi negli stadi era stata inizialmente vietata dal governo per le cinque partite successive di entrambi i club, sia nel campionato pernambucano che nella Coppa del Nord-Est. Tuttavia, lo Sport Recife ha contestato il provvedimento, sostenendo in una nota che decisioni di questo tipo penalizzano solo i veri tifosi e l’intero sistema calcistico. Due giorni dopo, infatti, il tribunale ha annullato la misura, stabilendo che i club avranno tempo fino al primo marzo per adottare il riconoscimento facciale dei tifosi.



Il Brasile è tristemente noto per l’elevato numero di episodi di violenza legati al calcio. Nel corso degli anni, derby e match decisivi sono spesso degenerati in tragedia. Nel 2006, il pre-partita tra Corinthians e Palmeiras si è concluso con un morto e diversi feriti. Nel 2012, la retrocessione del Palmeiras ha scatenato scontri con la polizia, provocando sette vittime, mentre nel 2013, durante Atlético Paranaense-Vasco da Gama, la violenza ha raggiunto gli spalti, lasciando diversi tifosi in fin di vita. Nel novembre 2023, i disordini provocati durante Brasile-Argentina al Maracanã sono stati così gravi da ritardare l’inizio della gara. Mentre lo scorso ottobre, lungo l’autostrada Rodovia Fernão Dias, un gruppo di tifosi del Palmeiras ha attaccato un autobus di sostenitori del Cruzeiro, incendiandolo. Il bilancio è stato pesante, con un morto e dodici feriti.

I fatti di Recife, dunque, sono solo l’ultimo episodio di una lunga serie che al momento non sembra volgere al termine. In un Paese dove il calcio conta più di ogni altra cosa, frenare la violenza diventa una priorità.Il calcio è un’espressione culturale e popolare che mobilita gli animi e genera occasioni di socializzazione tra i cittadini. La violenza è inaccettabile e danneggia l’immagine dello sport, spaventa le famiglie, le allontana dagli stadi e mette a rischio la sicurezza di tutte le persone coinvolte”, ha dichiarato il Ministero dello Sport in una nota, promettendo indagini rigorose per individuare tutti i responsabili dei disordini.

Secondo il Relatório Violências no Futebol Brasileiro 2023, pubblicato dall’Observatório da Violência no Futebol, nel solo 2023 si sono registrati 158 episodi di violenza legati al calcio, con 30 decessi. L’epicentro degli scontri è Rio de Janeiro, che da sola ha contato il 27,5% degli incidenti a livello nazionale, confermandosi la città più colpita dal fenomeno. Tra le 30 vittime del 2023, infatti, 7 si sono registrate a Rio de Janeiro. Ciò si spiega in parte con l’elevato numero di club professionisti che vengono a giocare in città, la rivalità tra i club storici di Rio e un profilo molto repressivo delle forze dell’ordine.

In 5 casi la causa del decesso è stata un’arma da fuoco.

Le rivalità spesso non si limitano all’agonismo sportivo, ma si trasformano in una guerriglia urbana alimentata da tensioni sociali e storiche, che affondano le proprie radici ben oltre il calcio. Per alcuni componenti delle torcidas più radicali, il calcio non è solo una passione, ma un mezzo per affermare il proprio dominio sul territorio. In alcuni casi, questi gruppi hanno legami con il narcotraffico e le milizie locali, che li sfruttano per consolidare il controllo del territorio. Anche l’aumento della sorveglianza negli stadi non è bastato: la maggior parte degli scontri avviene lontano dagli impianti, lungo i percorsi dei tifosi o nei luoghi di ritrovo delle tifoserie.


Le misure del governo


Il Brasile ha introdotto nel corso degli anni diverse misure di sicurezza, con risultati spesso controversi. Una delle strategie più discusse è stata la torcida única, con l’obiettivo di ridurre gli scontri diretti tra opposte fazioni, adottata in Stati come São Paulo e Paraná. Secondo questa regola, l’accesso agli stadi è consentito solo ai tifosi della squadra che gioca in casa. Così, la violenza si è spostata fuori degli impianti. E infatti, delle 38 fatalità, 30 si sono verificate lontano dagli stadi.

Oggetto di un acceso dibattito è stata l’introduzione del riconoscimento facciale, tecnologia pensata per identificare e impedire l’ingresso negli stadi ai tifosi violenti.

Tuttavia, diversi errori hanno portato a casi di “falsi positivi” che hanno acuito le critiche per il potenziale impatto discriminatorio, tendendo a penalizzare le fasce più povere della popolazione, già oggetto di pregiudizi e controlli mirati da parte delle forze dell’ordine. Entro giugno 2025, però, l’utilizzo della biometria sarà obbligatorio in tutti gli stadi con una capienza superiore alle 20.000 persone. Alcuni tra i club più importanti del Paese, come Fluminense, Santos, Palmeiras, Vasco, Flamengo, Botafogo, Atlético, Grêmio e Internacional la utilizzano già e in alcuni casi ha permesso di identificare dei ricercati che tentavano di accedere negli stadi.

Sul fronte legislativo, si è discusso a lungo sulla necessità di rendere le pene più severe, colpendo i singoli responsabili piuttosto che intere torcidas. Attualmente, quando un gruppo organizzato è coinvolto in episodi violenti, l’intera torcida può essere bandita dagli stadi, una punizione collettiva che spesso finisce per colpire anche i tifosi (in maggioranza) non coinvolti negli scontri. Per questo, l’Associação Nacional das Torcidas Organizadas (ANATORG) ha proposto un approccio basato sulla responsabilità individuale: l’identificazione dei responsabili tramite CPF (codice fiscale brasiliano), che consentirebbe di punire direttamente i colpevoli, evitando generalizzazioni e restrizioni indiscriminate.


Il tifo organizzato oltre la violenza


Nonostante i provvedimenti, la violenza legata al calcio in Brasile rimane un problema complesso, radicato in dinamiche sociali, economiche e culturali, che vanno ben oltre le misure adottate negli stadi.

Nell’opinione pubblica e sui media mainstream, le torcidas organizadas sono spesso associate a violenza, scontri e disordini urbani. Ma la realtà è più articolata. Dietro le coreografie spettacolari e il tifo acceso, molte di queste organizzazioni svolgono da sempre un ruolo fondamentale anche sul piano sociale e politico, trasformando il calcio in uno strumento di lotta, identità e resistenza collettiva.



Le torcidas più attive si sono spesso schierate in difesa dei diritti civili. Tra il 2019 e il 2022 hanno partecipato alle proteste contro il governo di Jair Bolsonaro. Gruppi storici come i Gaviões da Fiel (Corinthians), la Mancha Verde (Palmeiras) e la Força Jovem (Vasco) sono scesi in piazza per difendere la democrazia e contrastare l’autoritarismo, dimostrando che il calcio può essere molto più di una semplice passione sportiva.

Oltre all’impegno politico, molte torçidas si distinguono per attività di solidarietà. In diverse città del Brasile, gruppi di tifosi organizzano la distribuzione di cibo ai senzatetto, come nel caso dei Gaviões da Fiel e della Mancha Verde. Altri portano avanti campagne contro il razzismo e l’omofobia, cercando di rendere il calcio uno spazio più inclusivo. Durante la pandemia di Covid-19, molte tifoserie si sono mobilitate per aiutare le comunità più colpite, raccogliendo donazioni e distribuendo beni di prima necessità.

Nel 2024, proprio la città di Recife ha ospitato il Fórum Global Paz no Futebol, evento dedicato alla lotta contro la violenza negli stadi. Durante il convegno, il sociologo Manuel Moraes ha ribadito un concetto chiave: non è il calcio a essere violento, ma la società. L’educazione, secondo Moraes, è la vera chiave per combattere la violenza. I veri tifosi non sono i responsabili degli scontri, ma spesso i clássicos vengono sfruttati da criminali per sfogare la propria aggressività. La soluzione non può quindi essere solo repressiva, ma deve partire dalla formazione e dalla diffusione della cultura sportiva, coinvolgendo scuole e comunità locali.

La violenza legata al calcio in Brasile resta un problema serio, ma pretendere di risolvere la questione solo con l’introduzione di misure repressive rischia di essere una soluzione miope. Il cambiamento passa soprattutto attraverso il dialogo, l’educazione e la valorizzazione degli aspetti positivi delle torcidas. Vederle unicamente come un problema significa ignorare il loro potenziale aggregativo e il loro impatto sociale. Più che criminalizzarle in blocco, la vera sfida è distinguere chi usa il calcio per fare del bene da chi lo sfrutta per fomentare la violenza.

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