Intervista al giocatore del mese (ottobre) della Serie BKT.
Salvatore Esposito, centrocampista dello Spezia classe 2000, non è solo un talento che sta dimostrando il suo valore in Serie B (non a caso è stato eletto giocatore del mese), ma è anche un uomo con cui è finalmente stimolante conversare; una persona con una sua visione del mondo, dalle salde e profonde radici. Cresciuto a Castellammare di Stabia, passato prima dal settore giovanile del Brescia e poi da quello dell’Inter, Salvatore Esposito viene ceduto nel 2018 (prima a titolo temporaneo, poi definitivo) alla S.P.A.L., che lo gira in prestito a Ravenna e Chievo prima di riaccoglierlo nel 2020.
Nel 2022 diventa capitano del club ferrarese ma l’anno dopo, a gennaio 2023, viene ceduto in prestito con obbligo di riscatto allo Spezia, dove si conferma come uno degli elementi più importanti della rosa. Eppure, non è solo il calcio a riassumere e definire Salvatore. «Credo che avere fede sia molto importante. Non si tratta solo di una questione religiosa, attenzione. Non solo nel calcio ma in generale si tende a credere sempre meno in qualcosa», ci dice. Parole che lasciano piacevolmente spiazzati, abituati come siamo al modello dei nuovi calciatori tanta immagine e poca sostanza.
Eppure, certe cose rimangono: delle coordinate culturali e spirituali, se così vogliamo chiamarle; un legame identitario, che ha spinto la famiglia Esposito ad inaugurare un campetto a Castellammare per le giovani generazioni, offrendo loro un’alternativa ad altre e meno edificanti attività di strada – o alla social-solitudine contemporanea; e un sogno, quello di vestire la maglia della Nazionale, più importante di qualsiasi altra cosa. Anche qui, un desiderio non così banale, nell’epoca del crepuscolo di tutti gli idoli (compresa la maglia azzurra).
Nell’ultima partita di campionato tu e tuo fratello Francesco Pio avete segnato due gol decisivi contro la Juve Stabia, squadra della vostra città. Che sensazioni ha scaturito in voi quella partita?
Abbiamo vissuto un mix di emozioni contrastanti, perché tutti conoscono l’amore che abbiamo verso la nostra città e verso la Juve Stabia. Nonostante tutto è stata una bellissima giornata di sport per me e Pio ed anche per tutta la famiglia. È una storia che ci porteremo sicuramente dentro di noi per sempre.
Sempre a Castellammare avete inaugurato, a vostre spese, un campetto di calcio per i ragazzi. Quando e come vi è venuto in mente? E perché lo avete fatto?
Questo era assolutamente un atto dovuto da parte mia e dei miei fratelli, perché noi siamo praticamente nati e cresciuti in quel campetto, e ci sembrava giusto restituirlo ai bambini, ai ragazzi di oggi. Abbiamo voluto donare una struttura sportiva adeguata affinché ci siano tutti gli strumenti per scegliere la strada giusta. Oggi si sentono troppe brutte notizie di giovani che scelgono la strada peggiore, soprattutto nella nostra città. Con questa azione cerchiamo di contribuire a mostrare che esistono alternative. Vogliamo dare ai giovani la possibilità di inseguire un sogno, nulla di più. Adesso sta ai ragazzi, alla gente del nostro quartiere, prendersene cura e mantenerlo, affinché possa essere uno strumento utile e non cada invece in rovina.
Ci ha colpito molto una tua intervista nella quale parlavi della fede e dichiaravi: “nello sport è sempre più difficile trovare ragazzi che vanno in chiesa o – forse ancor più significativo – che credono in qualcosa in generale”. Quanto ti ha aiutato la fede nella tua crescita e nella tua carriera? E in generale, ci spieghi perché, secondo te, il credere in qualcosa aiuti anche nella maturazione sportiva?
Io credo che avere fede sia molto importante. Non si tratta solo di una questione religiosa, attenzione. Noto che non solo nel calcio, ma in generale, si tende a credere sempre meno in qualcosa. Si cavalca la moda del momento, ma non c’è una vera e propria passione o vocazione. Vedo tanti ragazzi così: si cerca solo di seguire ciò che è di tendenza, la corrente. A me dispiace, è brutto da dire, ma sento tante blasfemie e bestemmie in campo, e credo che tutto questo dipenda dall’educazione ricevuta dai genitori.
Personalmente sono cresciuto in una famiglia molto credente, e questo mi ha certamente influenzato. Tuttavia, ho scelto io di portare avanti questa mia fede. Credere, avere fede, è una questione soggettiva. Però penso che, in generale, una persona debba credere in qualcosa, debba curare il proprio animo. Al di là del calcio, anche nella vita, credo possa essere di grande aiuto, soprattutto nei momenti bui che si possono attraversare.
Hai detto che il tuo sogno è vestire la maglia della Nazionale, sogno una volta comune a milioni di ragazzi e migliaia di giovani calciatori. Oggi credi che la maglia azzurra sia ancora un traguardo tanto ambito? O anche questo idolo è un po’ tramontato?
No, per me questa è una follia assoluta. Non voglio sembrare un patriota, però per me la maglia azzurra è la maglia più importante che esista. Credo che debba essere così per qualsiasi ragazzo che pratica questo sport. Davanti alla Nazionale non esistono soldi, non esiste niente. La Nazionale è la Nazionale: rappresenti il tuo Paese, la tua Nazione. Io ho avuto la fortuna di vestire la maglia azzurra in tutte le categorie giovanili, dall’Under 16 fino alla prima squadra. Non c’è stata emozione più bella di questa. Per me è una follia pensare ad altro, o ai soldi, invece che alla propria Nazionale.
La tua è una famiglia calcistica: i tuoi fratelli, Sebastiano e Francesco Pio, ma anche tuo padre e tuo cognato. Non è un po’ pesante alla lunga? E quando vi ritroverete a Natale, parlerete di calcio o di altro?
Non è pesante, perché noi abbiamo praticamente mangiato pane e pallone: è la nostra unica passione, si può dire. Quindi, diciamo che è la normalità, la naturalezza, non ci è mai pesato. Tuttavia, quando siamo tutti insieme, parliamo davvero pochissimo o niente di calcio, perché, vedendoci poco, ci concentriamo a parlare delle nostre vite e degli aspetti familiari. Di calcio, alla fine, parliamo poco. O almeno ci proviamo.
Zero sconfitte in campionato e una corsa aperta al vertice della Serie B. Tu sei stato il migliore giocatore del mese per la Serie Bkt. Questo Spezia può arrivare fino in fondo? Punti di forza e, magari, aspetti da migliorare?
Io credo che il punto di forza più importante di questa squadra sia il fatto che è un gruppo, prima di ogni altra cosa. L’essere così ben amalgamati fa sì che ci sia un’unità molto forte, sia con lo staff tecnico sia con la città e la tifoseria. L’unità di intenti è ciò che ti permette di fare percorsi come quello che stiamo vivendo noi. Siamo sicuramente partiti affrontando gara dopo gara, senza fare voli pindarici, perché la Serie B è molto insidiosa. Nel momento in cui inizi a pensare a qualcosa di più grande, rischi di ritrovarti a lottare nei bassifondi della classifica. E noi non dobbiamo cadere in questo errore. Il nostro obiettivo è la salvezza. Credo che, se continuiamo così, possiamo raggiungerla il prima possibile.
Per te De Rossi è stato un riferimento, come allenatore (alla S.P.A.L) ma anche come calciatore, visto il ruolo. Com’è stato il tuo rapporto con lui?
Con De Rossi ho tuttora un rapporto bellissimo. Con lui si è creato un grande feeling sia a livello personale che professionale. Per me è un allenatore straordinario. Mi ha aiutato a comprendere tante cose e sono certo che, se gli sarà data la piazza giusta, dimostrerà tutto il suo potenziale. Daniele ha qualità che lo distinguono da tanti, ma le più importanti sono quelle morali. È una persona davvero fantastica, dotata di grande umiltà e sempre pronta ad aiutare chiunque. Non ha mai fatto pesare il suo personaggio alla squadra, nemmeno quando era a Ferrara. È stata una sorpresa per tutti. L’ho sentito anche oggi, e sono felice che segua le mie partite e mi scriva. È davvero qualcosa che mi rimarrà dentro per sempre.
Segui altri sport oltre il calcio? E hai altri interessi al di fuori del rettangolo verde?
In realtà mi piace la musica, e mi piace molto Geolier. Come artista, è sicuramente un punto di riferimento, non solo per me ma anche per tanti ragazzi napoletani. Apprezzo anche il fatto che faccia tanto per la nostra città e per la sua comunità. Di questo gli sono grato, ma soprattutto lo considero un talento incredibile. Sta davvero facendo qualcosa di straordinario. Non ho particolari passioni per altri sport. Amo il calcio e vivo di calcio. Ma, se proprio devo dirne uno, recentemente mi sto appassionando al tennis. Questo grazie a Sinner. Lo sto seguendo con particolare interesse, prima di allora non mi aveva mai attirato questo sport.
Ringraziamo Salvatore Esposito, lo Spezia Calcio e la Serie BKT per la realizzazione di questa intervista