Kaliningrad, un luogo sospeso tra passato occidentale e presente russo.
Si racconta che Immanuel Kant fosse solito passeggiare sempre alla stessa ora nella sua nativa e amata Königsberg. Capoluogo e città più importante della Prussia orientale, all’estremo confine del Regno di Prussia, Königsberg incarnò nel corso dei decenni e dei secoli lo spirito stesso dei tedeschi dell’est.
La sua straordinaria posizione strategica e di confine tra la nascente Germania e il mondo russo e slavo, con uno sguardo al Baltico, divenne immediatamente chiara ai sovietici alla fine della seconda guerra mondiale. Al contempo, la storia di Königsberg è tra le più traumatiche esperienze di annichilimento culturale e azzeramento del patrimonio identitario che il Novecento ricordi.
Particolare della tomba di Kant a Kaliningrad (FotoStrasse)
Guardando alle immagini e alle fotografie del capoluogo prussiano prima della guerra e dopo l’occupazione sovietica, si evince la scientifica demolizione del passato e della stessa identità prussiano-tedesca. L’assimilazione forzata e violenta (con annessa espulsione dei milioni di tedeschi orientali dalla Prussia), al canone russo-sovietico, di stampo architettonico socialista.
Dalle macerie di Königsberg è nata l’attuale Kaliningrad. Unico lembo di terra direttamente proiettato verso occidente preservato dalla Russia dopo la dissoluzione del suo impero sovietico. Russificato fino al midollo.
Kaliningrad è diventata anzi il simbolo stesso della massima espansione dei russi in Europa. Nonché, oggi, la massima proiezione militare della Federazione nel suo estero vicino minacciato dalla pericolosa espansione della Nato europea a trazione polacca, inglese e scandinava.
L’ex capoluogo prussiano ha visto negli ultimi anni il Baltico tramutarsi in un lago della Nato, dopo l’adesione di Finlandia e Svezia all’alleanza, a seguito dell’invasione da parte di Mosca dell’Ucraina. A ciò si aggiunge la progressiva militarizzazione polacca, con annesse politiche discriminatorie da parte delle repubbliche baltiche nei confronti dei russi residenti.
Eppure, Kaliningrad esiste ancora. Materialmente e spiritualmente. Un buco nero nello schieramento anti-russo.
Svuotata di qualsiasi nostalgia prussiana, di cui non rimane né simbolo, né ricordo, la città è una fortezza vera e propria. La flotta russa del Baltico ha sede proprio a Kaliningrad. L’oblast’ vive, dall’inizio della guerra in Ucraina, una condizione di isolamento e di pressione da parte dei vicini.
Nel loro essere politicamente connessi con la Russia, desiderosi di connettersi con la madrepatria, magari attraverso il delicato corridoio che la separa dalla Bielorussia, gli abitanti di Kaliningrad possono per il momento spezzare l’assedio grazie allo sport e al calcio in particolare.
Intimamente collegato con quel Baltico che fu già prussiano e prima ancora teutonico, il Baltika Kaliningrad è la massima espressione di tale straordinaria posizione.
Nato nel 1954, con uno stadio nuovo di zecca (l’Arena Baltika) grazie agli ingenti investimenti della Federazione, in vista del canto del cigno del rapporto tra calcio “euro-occidentale” e russo, ovvero il Mondiale del 2018, il Baltika vive da tempo in una dimensione di sospensione temporale e spaziale . . .
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