Un ricordo della Seleçao durante Francia 98.
Un sogno erotico deve rimanere tale. Sei parole sagge dentro una frase netta. Definitiva. Scolpita tra risate, ricordi e buon vino dentro una profumata notte di primavera tra colline che respirano appennino centro italifcano. “Lo vorrei come titolo di un mio scritto”, disse, e indubbiamente la lettura sarà tagliente come la lama di un Lucio Fontana nella tela di un dipinto e attraente come una bellezza sudamericana. Sudamerica, sì. Perché, trasportato il concetto al nobile gioco del football e viaggiando con la mente a periodi ben più spensierati, esiste una storia che narra quelle sei parole di cui sopra. Chimera inarrivabile eppur così vicina. Conquista mancata dopo averla tanto rincorsa. Desiderata. Bramata. Per fato, superbia o sfortuna non è dato saperlo. O meglio dire, che ognuno di noi si ritrovi dentro uno dei motivi sopra elencati e lo usi per rimembrare la sconfitta della nazionale brasiliana ai mitici mondiali di Francia ‘98.
🗼 Parigi o Ipanema senza distinzione 🗼
Nel bel mezzo dell’ultimo decennio del secolo scorso, la Seleçao è il miglior team del pianeta. Ripresasi in fretta dalla batosta delle Notti Magiche (per gli altri) dell’estate ‘90, ha sconfessato il difensivismo di Sebastiao Lazaroni e abbracciato una nuova generazione di giocolieri che riporta la mente al Brasile di Telè Santana degli anni Ottanta. Bello e perdente, vedi alla voce Paolo Rossi, ma questa volta è diverso. Negli Stati Uniti, i verdeoro vincono, senza nemmeno brillare, il Mondiale ai calci di rigore contro gli azzurri di Sacchi. Fatta salva la coppia davanti, l’undici titolare non rispecchia la tradizione del calcio votato al palleggio e al divertimento. Eppure, proprio dalla coppia di bomber, Romario e Bebeto, dal rientrante Leonardo Araujo e da un “Fenomeno” seduto in panchina ancora per poco, i tetracampeão esplodono dinnanzi al mondo.
La missione è chiara. Replicare il titolo in Francia. Non una vittoria, quanto un trionfo. Un kolossal di estetica, sorrisi, giocate da spedire nell’enciclopedia del pallone. La sfera che si muove come fosse una ballerina. I tocchi sono note di Antonio Carlos Jobim che si perdono tra la sabbia di Barra de Tijuca. I dribbling sinuosi come i disegni che intarsiano la passeggiata di Copacabana. I gol ritmati dalla torcida come se fossimo dentro al Sambodromo del Carnevale. Voltare pagina, dopo la coppa di Pasadena. Grazie a Parreira, ct giramondo spesso di base tra le dune arabe, dentro una leggenda. Il regista del Mundial 1958, quello della Natività dell’unico vero Dio di questo sport, Sua Maestà O’Rey. Il commissario tecnico del “Brasile dei cinque numeri dieci” che nel Messico del ‘70 lasciò sbalordito il mondo intero, Italia di Valcareggi compresa. Mario Jorge Lobo Zagallo, che ha raggiunto l’eternità all’alba del 2024, amante del bel gioco con sguardo da duro, impone la sua dottrina dal primo giorno.
👑 Con un nuovo Re alla conquista del mondo 👑
Due parole che profumano leggenda. Futebol Bailado. Per metterle in pratica, stravolge la rosa “americana” e attua una strategia bulimica, per la quale i campioni in carica partecipano a qualsiasi torneo si svolga nell’universo mondo comandato dal connazionale João Havelange.
Copa America, ci mancherebbe, due volte la Gold Cup, la Confederations del ‘97, il Torneo di Francia, l’Umbro Cup in Inghilterra, passando per le Olimpiadi di Atlanta.
In Georgia, Zagallo mette in mostra l’uomo che lo porterà a vincere tutto da qui ai prossimi dieci anni, ne è certo. Luiz Nazario da Lima, per tutti Ronaldo, è “il calcio” di quel periodo che un po’ tutti rimpiangiamo. Passato dall’essere futura stella ad affermato campione con la stessa velocità con cui fa secca la difesa del Compostela la notte del 12 ottobre 1996, simboleggia il concetto stesso di “Joga Bonito” che una serie di spot a firma Nike innalzeranno a icona nel decennio a venire.
Gioca nel Barcelona targato Bobby Robson, lo vuole mezzo mondo, lo prenderà l’Inter di Moratti e diverrà talmente famoso da sostituire il Cristo Redentore che veglia sul cielo di Rio in una celebre pubblicità della Pirelli. Attorno a lui, danzano, in un tourbillon di alternative da far perdere la testa, i vari Bebeto, Romario, Denilson, Djalminha, Leonardo, Zè Roberto, Paulo Sergio e O’Animal Edmundo. Dietro, Carlo Dunga e Cesar Sampaio sono due mastini pronti a tutto, anche a far gol in caso di emergenza. In difesa, Cafu brilla a destra, mentre a sinistra, tanto per restare in tema di iconografie, Roberto Carlos ha appena stravolto le leggi della fisica, rendendo indelebile, una noiosa amichevole in terra francese nel giugno del 1997. In porta Taffarel, ma con una squadra così basterebbe anche la riserva Carlos Germano . . .