Bar Sport, Episodio II. Manifestazioni di giubilo ed entusiasmo della grande narrazione sportiva! Sotto l'albero di Natale potremmo avere ancora un campionato aperto!
Bar sport, Episodio II. Quattordicesima giornata alle spalle, salta una riga nel copione già scritto. Manifestazioni di giubilo ed entusiasmo della grande narrazione sportiva! Sotto l’albero di Natale potremmo avere ancora un campionato aperto!
Clamoroso a Marassi. Questo Genoa in casa è semplicemente meraviglioso. Intensità inglese, garra sudamericana e tattica italiana, il tutto nelle mani di Ivan Jurić, degno erede di Gasperini. La Juventus chiaramente non arrivava a questa partita con un gioco brillante, né soprattutto con una solidità paragonabile a quella delle ultime stagioni. Che poi chissenefrega del gioco, la Vecchia Signora per vincere non deve esprimere un bel calcio, deve al contrario essere estremamente solida – quasi al punto di soffocare l’avversario – e soprattutto cinica e cattiva, grazie alla proverbiale mentalità che si porta dietro da anni. A proposito di anni era dal 2004 che i bianconeri non incassavano tre gol nel primo tempo (Juve-Lecce 1-3 al doppio fischio arbitrale, conclusasi per 3-4). Ma soprattutto, da quando erano risaliti dagli inferi e avevano poi stabilmente occupato la vetta della classifica, dominando campionati su campionati, mai erano andati vicini a prendere un’imbarcata simile. Molte mancanze ma tantissimi meriti all’organizzazione dei rossoblù, e grandi applausi anche ai singoli: da Laxalt, che ancora starà scattando sulla fascia, a Rincon, che ha dominato il centrocampo da vero guerrigliero socialista, al Cholito, o meglio Gio Simeone come preferisce essere chiamato. Una storia emozionante quest’ultima, con il padre che sull’onnipervasivo mondo dei social network gli dedica un pensiero commovente.
Giallorossi vincenti e imbarazzanti. Quasi dimenticavo, la Juventus non potrà mai e poi mai perdere questo campionato. L’unica indiziata a fargli le scarpe, infatti, al momento sarebbe la Roma (sempre che non vogliamo credere al Leicester tricolore 2.0, dunque Milan o Atalanta campioni d’Italia). I giallorossi hanno fornito una prova nel complesso semplicemente imbarazzante, ma nulla di cui stupirsi: contro il Viktoria Plzen era andata in modo simile e si erano intravisti gli stessi inquietanti segnali. Poi certo, se l’avversario non sa stoppare il pallone, finisce che vinci 4-1 ma non è questo il punto. Quei segnali inquietanti e sinistri si sono rivisti con il Pescara, in una partita che sarebbe potuta e dovuta finire 7-8 a 0. Gli uomini guidati da Massimo Oddo per la prima volta hanno messo a segno due reti in Serie A, e senza la vittoria a tavolino con il Sassuolo – in una partita anch’essa persa sul campo – avrebbero ben 4 punti in 14 giornate. Dati su cui riflettere. Certo quello che conta, come si dice, è vincere: ma con questo discorso ci si accontenterebbe di un 1-0 contro il Pizzighettone. In ogni caso adesso c’è il derby, e la capitale è già in fermento. Che poi, per la Roma, è l’unica speranza: o trova le motivazioni e imprime una heideggeriana svolta al proprio cammino, oppure è destinata in un attimo a ritrovarsi quarta e senza ambizioni, ma soprattutto con evidenti segnali di crisi.
Milan operaio che pensa da grande. Chi l’avrebbe mai detto che il Milan, dopo quattordici giornate, si sarebbe ritrovato al secondo posto? Nessuno, neanche il Massimo Boldi di “Tifosi”. Invece Montella è stato bravissimo e lungimirante a fare l’Ancelotti di turno, e dunque ad adattarsi alle caratteristiche dei suoi giocatori. I miei giocatori non sanno giocare a pallone? Bene, allora non posso pensare a un gioco incentrato su tecnica e possesso palla. Non fa una piega. Il prossimo turno poi, in casa con il Crotone, è sicuramente favorevole, e i rossoneri possono approfittare del fatto che le altre squadre in testa alla classifica si scorneranno tra di loro (derby di Roma e Juventus contro Atalanta). Certo mancherà Jack – il miglior giocatore della squadra – ma il Milan ha dimostrato di saper sopperire a mancanze importanti in tutti i reparti, di essere una squadra mentalmente matura e perseguire un’idea di gioco precisa ed efficace. Poi certamente fino a che giochi contro Empoli e Crotone diventa tutto molto più facile. Importante anche il fatto che sia sceso in campo con sette italiani su undici, a differenza di Roma (zero su undici), Napoli (due su undici), Lazio (due su undici), Inter (due su undici + Ranocchia per caso) e Fiorentina (due su undici). Una speranza e una prospettiva per il Milan (forse) pre-cinese.
I ragazzi terribili di Gasp. Beh a proposito di cose belle! Che dire? L’Atalanta gioca in modo meraviglioso. Come il Genoa in casa, che ha mantenuto lo stile Gasperini, però lo fa anche in trasferta. Otto vittorie e un pareggio nelle ultime nove, un rullino di marcia al limite del surreale. A Bergamo si respira aria di festa: sindaco, vescovo, donne borghesi di mezza età, amanti di altri sport e animali, l’entusiasmo ha contagiato tutti. E la storica Curva Nord – cuore e zoccolo duro del tifo atalantino – Domenica stessa ha chiamato a rapporto tutta la città, accogliendo i giocatori come novelli eroi della contemporaneità di ritorno dalla battaglia vittoriosi. «IMPORTANTE CONDIVIDERE E PASSARE PAROLA! Stasera alle 20.00 TUTTI in Porta Nuova a festeggiare questi ragazzi che stanno facendo qualcosa di davvero stupendo. Sempre con i piedi per terra ma con grande CONSAPEVOLEZZA che possiamo continuare a sognare! PASSIAMO PAROLA!». Ad ogni modo se lo meritano di cuore, prossimo turno andranno allo Juventus Stadium e nessuno ci può garantire che la Signora Vecchia, e stanca, non venga assalita dai ragazzi terribili di Gasp. È vero che forse tornerà l’eletto nelle file bianconere, però mai porre freni all’entusiasmo: con ogni probabilità sarà una partita tirata, soprattutto nel primo tempo (una di quelle che la Juve generalmente porta a casa), ma sicuramente l’Atalanta venderà carissima la pelle giocandosela fino in fondo. Con tanta corsa, e con le armi in pugno.
Azzurri e biancoazzurri. Per Napoli e Lazio vale esattamente ciò che si è detto all’Episodio I del Bar dello Sport. Sindrome dei gunners per gli azzurri: ennesima partita non chiusa che si complica. Il Napoli o domina e vince bene – segnando più gol e continuando ad attaccare – oppure subisce la sorte infelice e si scaglia contro il destino beffardo, riassumendo in un’imprecazione anni di storia di una città che ha potuto vincere solo con il più forte di tutti. Tanti complimenti invece per la Lazio: si può aggiungere che, rispetto ai cugini, la Lazio arriverà alla stracittadina più carica e con meno da perdere. Resta un derby e da perdere c’è sempre l’onore, ma calcisticamente parlando nessuno si sarebbe aspettato dalla squadra di Inzaghi un secondo o un terzo posto, mentre per l’undici di Spalletti era l’obiettivo minimo stagionale. Vedremo chi avrà ragione, con l’immenso rammarico di dover assistere a un altro derby senza le curve. Anzi che ancora non hanno cambiato il nome dello stadio in Teatro Olimpico, è già qualcosa.
Cuore granata. Non poteva mancare un accenno ai ragazzi di Mihajlovic. Quando il serbo giunse a Torino, messo a guida di una squadra rinforzata dal presidentissimo Cairo, tutto lasciava presupporre a un Toro in lotta per l’Europa. Ma una cosa è la teoria e un’altra è la pratica. Con grande rispetto per Ventura, un maestro di calcio e un uomo ancora integro – malgrado cinquant’anni passati in questo mondo – Mihajlovic sembra aver ridestato il nobile orgoglio granata. E a proposito di derby, non è un caso che l’attuale allenatore della nazionale abbia impiegato cinque anni per vincerne uno, perdendo praticamente tutti gli altri. Non mi stupirebbe se da questo punto di vista Mihajlovic, contro gli odiatissimi cugini bianconeri, facesse tirare fuori ai propri giocatori diciamo quel cuore che non sempre nelle ultime stagioni hanno sufficientemente dimostrato. Aspettando riprove (l’11 dicembre), i tifosi possono godersi una squadra con giocatori forti e un carattere altrettanto forte. D’altronde le proprie radici fanno giri immensi, ma poi ritornano.
La gara alla meno peggio. La lotta per non retrocedere quest’anno mi ricorda le elezioni politiche: vince chi è meno peggio. Montanellianamente dobbiamo tutti tirarci il naso al solo pensiero che una tra Empoli, Palermo, Pescara e Crotone rimarrà in Serie A. Se poi ci aggiungiamo che alcune squadre ai loro minimi storici, come l’Udinese, ad oggi nemmeno rischiano nulla, abbiamo una prospettiva veramente desolante. Torno a ripetere, campionato a diciotto squadre necessità improrogabile, non ricordo a memoria una lotta per la salvezza così deprimente. L’Empoli ha fatto sette gol in quattordici partite, di cui quattro nello stesso incontro con il Pescara (quello dei quattro punti in quattordici giornate). Il Palermo fa schifo, e se deve fare schifo mettesse in campo undici italiani invece di undici stranieri venuti da campionati che esistono solo su internet (viva il populismo). Il Crotone forse è la meno peggio, almeno ci mette grinta e cuore. Peccato che non si salverà mai.
Purtroppo si è fatto tardi, ed è giunta l’ora di iniziare la settimana. Ci vediamo la prossima volta al Bar dello Sport, se vorrete!