Il solito nauseante spot della Serie A.
È tutto francamente patetico, lasciatecelo dire. A partire dalla Lega Serie A che rispolvera la campagna contro la pirateria (tra l’altro con la stessa grafica del 2019, almeno un po’ di fantasia commerciale). Lo scrivevamo allora e lo scriviamo ancora, repetita iuvant. Si tratta di una campagna grottesca, oggi ancor di più: nell’anno in cui per vedere il pallone serviranno tre abbonamenti a tre piattaforme diverse, e nei giorni in cui quella “principale”, almeno per la Serie A – parliamo di DAZN ovviamente – dopo aver alzato i prezzi e ristretto le condizioni di utilizzo ha dato prova della sua inaffidabilità, evidenziando i soliti problemi e mandando su tutte le furie centinaia di migliaia di clienti. Ora naturalmente è partito il tiro al colosso (d’argilla): i politici strumentalizzano il tema per la campagna elettorale, i presidenti lamentano disagi inammissibili, la Lega Serie A valuta azioni legali.
Troppo facile così, prendersela con DAZN e con il suo (dis)servizio di streaming senza ricordarsi di chi le ha dato in mano la pistola fumante e di chi le ha consentito di utilizzarla. A partire dall’Assemblea di Lega Serie A, dai presidenti.
In questo contesto è ripartita, spudorata, la campagna di sensibilizzazione della Lega con il suo fantastico hashtag: #stopiracy. E immancabile lo slogan: LA PIRATERIA UCCIDE IL CALCIO. E allora l’assist per fare quello che voi chiamereste populismo, “benaltrismo” ce lo fornite su un piatto d’argento: il calcio non lo uccidono i pirati digitali, bensì dei dirigenti strutturalmente incapaci di riformarlo, che assistono inermi tanto al cedimento della sua base (le categorie minori) quanto al crollo della sua élite (una Nazionale fuori dai Mondiali per almeno otto anni e un campionato diventato periferia d’Europa); il calcio lo uccide una Lega che per prostrarsi agli sponsor e alle televisioni inaugura uno spezzatino con 10 partite in 10 orari diversi, fregandosene bellamente dei tifosi e delle loro esigenze; il calcio lo uccide una giustizia sportiva inflessibile con gli umili e distratta con i potenti.
E ancora il calcio lo uccidono dei prezzi al botteghino astronomici, per cui è addirittura l’UEFA a dover intervenire per imporre un tetto massimo (almeno per le trasferte); il calcio lo uccide una classe arbitrale imbarazzante, che trasforma questo sport in una via di mezzo tra un balletto e una barzelletta; e il calcio lo uccidono i presidenti dei club che, per un paio di milioncini in più in saccoccia, vendono i diritti della Serie A a DAZN parlando di “incoraggiamento allo sviluppo digitale del nostro Paese”, senza pensare minimamente allo stato delle infrastrutture digitali italiane. Potremmo continuare all’infinito, anche puntando il dito contro chi, ancor più dell’Assemblea di Lega Serie A, avrebbe dovuto esercitare una funzione di controllo, vigilare sulla capacità di DAZN di garantire un servizio all’altezza, tutelare i “consumatori”.
Fa impressione allora vedere lo scenario della suddetta campagna contro la pirateria, in cui un povero bambino siede in un impianto dismesso, oscuro, invaso dalle erbacce cattive: un pallone sporco accanto, uno spicchio di cielo tetro sopra e l’espressione sconsolata, persa nel vuoto; ecco la fotografia di uno stadio ormai abbandonato dopo il passaggio dei pirati, neanche fosse il relitto di una nave. Beh, è esattamente lo scenario post-apocalittico in cui i nostri dirigenti stanno trasformando il calcio italiano. E allora fate una bella cosa: indagateci per apologia del pezzotto, per incitamento alla pirateria. Perché in queste condizioni (di utilizzo, per citare DAZN) e soprattutto in questa ipocrisia dilagante, diventare pirati è legittima offesa.