Si plachi l’entusiasmo per il calciatore, si plachi la turcofilia (governativa) che comporta.
La Roma torna alla vittoria casalinga contro il Benevento – che mancava dal successo thrilling col Cagliari del 16 dicembre, partita che aveva preconizzato le difficoltà che di lì in poi avrebbero incontrato i giallorossi – con un punteggio bugiardo che racconta metà della storia. La Roma era andata subito sotto e dopo uno scialbo primo tempo – casuale e poco ricercato il gol del pareggio di Fazio – è riuscita a piegare i sanniti solo perché il loro organico quest’anno avrebbe affrontato i suoi problemi anche in Serie B. Una squadra totalmente inadeguata al palcoscenico ove è costretta ad andare in scena, a differenza dei suoi tifosi, accorsi in più di duemila all’Olimpico al fine di onorare al meglio questa storica annata di A. All’interno del rettangolo verde, la serata dell’Olimpico ha avuto un protagonista assoluto: Cengiz Ünder.
Mattatore, man of the match, deus ex machina, uno e trino: il turco Cengiz Ünder che, con una doppietta ed un assist, è passato nell’arco di quindici giorni da essere scommessa esotica di Monchi (e soprannominato Cencio, che in romanesco ha un’accezione oltremodo spregiativa) a prospetto di sicuro interesse per il campionato. Il ragazzo, che indubbiamente ha talento, è il figlio illegittimo di Arya Stark e Paulo Dybala. Joking apart, il giovane ventenne ha dimostrato, nelle ultime due gare, di avere una certa determinazione da accompagnare ai numeri in repertorio e, dopo un fisiologico periodo di adattamento, sembra essere pronto per accumulare minutaggio ed esperienza nel suo primo anno in una top lega. Però, però, non al punto di giustificare l’ennesimo mutamento d’umore della piazza calcistica più bipolare al mondo. Il sorpasso sui cugini, l’Inter a un punto hanno rigenerato abnormemente l’ambiente che ora si sollazza col turchetto di Sindirgi. Un eterno di ritorno di attentati giornalistici alla naturale crescita di un giovane atleta. Il difetto congenito di una società che non ha mai imparato a trattenere gli entusiasmi che puntuali ribollono ad ogni occasione. La questione è che noi tifosi siamo scagionati da un decennio a digiuno di trofei; dirigenti, manager, giornalisti e presunti tali dovrebbero assumere l’ufficio in maniera più professionale.
Il contorno mediatico legato al campo, passi pure, siamo abituati, a sconcertare è invece l’onda di indiretto supporto al regime di Erdoğan che l’entusiasmo si sta portando dietro.Il fatto è noto: Cengiz festeggia una rete mimando il gesto del soldato (supra), il ministro dello sport turco Osman Aşkın Bak gli fa i complimenti twittando “Non c’è bisogno di spiegare”, una forma di appropriazione culturale e politica del gesto. L’ambasciatore turco a Roma ha pubblicamente reso noto che andrà allo stadio d’ora in avanti. In patria è ovviamente scoppiata la passione per il n. 17 ex İstanbul Başakşehir, dai più considerato club fantoccio del presidente turco. Il ragazzo dal canto suo è indotto da un impulsivo nazionalismo a supportare le forze armate, che dal 20 gennaio scorso hanno ripreso l’offensiva contro l’enclave curda di Afrin. Nell’ottica di un disegno di perpetua destabilizzazione dell’area da parte del reis che preferisce rioffendere i curdi del YPG (fiancheggiatori del PKK) per lucrare in patria che conservare lo status di liberazione dai jihadisti. Alle spese della Siria, e dei curdi iracheni, e con il rischio di vedere ad Afrin una seconda Kobane (per un dettagliato excursus si rimanda qui). Se si aggiunge la visita del Lupo Grigio a Roma di dieci giorni fa, stiamo assistendo ad un nuovo capitolo della presa di potere turca in Medioriente. E la Roma società annuisce in silenzio, senza porsi troppe domande perché l’Ündermania potrebbe presto staccarle dividendi extracalcistici: la crescente popolarità del calciatore in patria dovrebbe finalmente convincere il managament della Turkish Airlines a chiudere l’accordo per il main sponsor. Con buona pace di tutti.